Sul sito della Treccani è finito il micidiale
soprannome che Beppe Grillo affibbiò a Mario
Monti: Rigor
Montis . L’“uomo del rigore” europeo-teutonico applicò
all’Italia le ricette di Bruxelles e fu una
mazzata pazzesca per il Paese.
Crollo del pil a meno 2,5 per cento e
lunga recessione, crollo della produzione industriale, crescita della
disoccupazione ed esplosione del debito pubblico (il rapporto debito/pil dal
119 per cento schizzò al 126,5 per cento) .
La tecnocrazia |
Con questi “successi” alle spalle Monti, pochi giorni
fa, dalla Gruber, attaccava Salvini dicendo che “senza ottenere risultati i
ducetti perdono voti”.
Appena gliene danno l’occasione il senatore a vita
sale in cattedra e – con l’allegra spensieratezza che lo contraddistingue
– annuncia all’Italia catastrofi orrende se non si
darà ascolto alle sue favolose idee, come, per esempio, una bella tassa
patrimoniale per spennare ancora di più i contribuenti. Ma
questa è la sua idea di dieci giorni fa.
Nelle ultime ore, improvvisatosi profeta, ha
preconizzato addirittura la guerra se alle prossime elezioni europee dovessero
vincere i Salvini.
Il tutto per esorcizzare quel leader leghista che –
secondo gli illuminati come Monti – sarebbe colui che
alimenta la paura e che investe
sulla paura.
Questa della guerra (mondiale? Nucleare?) sembrerebbe
solo una battuta mal riuscita. Ma Monti l’ha argomentata davvero come fosse una
cosa seria: se vinceranno i cosiddetti sovranisti “effettivamentecambieranno
le politiche europee e potrà aggregarsi l’unico obiettivo comune
dei paesi sovranisti, che è ridurre di molto i poteri e il ruolo della
Unione europea . Questo è lo Scenario che considero il più sfavorevole
per tutti. Perché supponendo che vadano alla grande ci sarà prima questa riduzione
del ruolo della Unione europeae poi quando questo ruolo sarà stato
eliminato, distrutto e raso al suolo, tornerà la guerra in Europa “. (...)
Anche se arrivassimo fino all’abolizione
del Trattato di Maastricht (magari!) torneremmo alla Comunità economica europea
che abbiamo avuto dal Trattato di Roma (1957) fino – appunto – a Maastricht
(1992), quella Cee che accompagnò il più splendido periodo di prosperità della
nostra storia e che rispettava le sovranità nazionali . (...)
Giovanni Paolo II – che da polacco
ben conosceva gli imperialismi totalitari – nel discorso all’Onu del 5
ottobre 1995 spiegò che il Secondo
conflitto mondiale “venne combattuto proprio a causa di violazioni
dei diritti delle nazioni . Molte di esse hanno tremendamente
sofferto per la sola ragione di essere considerate ‘altre’. Crimini terribili
furono commessi in nome di dottrine infauste, che
predicavano l’‘inferiorità’ di alcune nazioni e culture ”.
Giovanni Paolo II, vero padre dell’Europa
libera, ha sempre propugnato un’Europa del tutto diversa dalla
UE: un’Europa dei popoli dall’Atlantico agli Urali, un’Europa che
riconosce le proprie radici cristiane e umanistiche, perché ha un’identità e
non vuole diventare l’Eurabia o il dominio della tecnocrazia di Bruxelles .
L’Europa di Monti invece è quella
della Bonino (…) , è l’Europa
della tecnocrazia, del migrazionismo di massa e del politicamente corretto,
l’Europa di Maastricht che impoverisce i popoli e ne schiaccia le economie, le
identità e le sovranità .
Dicevo che l’Europa di sovranisti, come sono (da noi)
Lega e Fratelli d’Italia, sembra invece ispirarsi proprio a Giovanni
Paolo II . E’ lui che nel suo storico pellegrinaggio in
Polonia, 1979, affermò che “non si può comprendere
l’uomo fuori da questa comunità che è la nazione” .
Per questo incitò i giovani polacchi ad amare
la cultura e la storia della propria nazione (“Restate
fedeli a questo patrimonio! Conservate e accrescete questo patrimonio,
trasmettetelo alle generazioni future”). E parlando alle vittime
dei lager nazistiaffermò che “la
fedeltà all’identità nazionale possiede anche un valore religioso”.
Nel suo storico discorso all’Onu del 5 ottobre 1995
ricordò che l’Onu era nata proprio
con “l’impegno morale di difendere ogni
nazione e cultura da aggressioni ingiuste e violente”.
Così il Papa mise in guardia
dalla globalizzazione che allora stava sviluppandosi e che,
appiattendo tutto, suscitava nei popoli “un bisogno prorompente di identità e
di sopravvivenza , una sorta di contrappeso alle tendenze omologanti.
E’ un dato che non va sottovalutato, quasi fosse semplice
residuo del passato” .
Oggi le parole “nazione” e “patria” vengono
demonizzate dagli euristi, ma proprio papa Wojtyla in quell’occasione spiegò
che il “termine ‘nazione’ , evoca il
‘nascere’, mentre, additato col termine ‘patria’ (fatherland),
richiama la realtà della stessa famiglia” ed è
“su questo fondamento antropologico che poggiano anche i
‘diritti delle nazioni’ , che altro non sono se non i ‘diritti
umani’ colti a questo specifico livello della vita comunitaria” .
Concluse: “Presupposto degli altri
diritti di una nazione è certamente il suo diritto all’esistenza: nessuno,
dunque – né uno Stato, né un’altra nazione, né un’organizzazione internazionale
– è mai legittimato a ritenere che una singola nazione non sia degna di
esistere”.
Si possono realizzare forme di aggregazione
giuridica tra differenti Stati , ma è necessario – aggiunse – “che ciò
avvenga inun clima di vera libertà ,
garantita dall’esercizio dell’autodeterminazione dei popoli”.
Quello che è accaduto dopo Maastricht, con l’Unione
Europea, va in direzione opposta. E’ di nuovo una tentazione
imperiale,
ma realizzata con la moneta anziché con i
carri armati.
Infatti è costato ai popoli
(specialmente all’Italia) quanto una guerra perduta . Proprio i disastrosi
risultati del governo Monti – che applicò all’Italia le ricette di Bruxelles
– dovrebbero far riflettere.
Antonio Socci
TRATTO IN PARTE DA
Da “Libero”, 12 aprile 2019
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