AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO SUL TEMA “YES TO LIFE!”
Roma, Sala Clementina, Sabato 25 maggio 2019
Saluto i partecipanti al Convegno internazionale “Yes
to Life! Prendersi cura del prezioso dono della vita nella fragilità”,
organizzato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e dalla Fondazione
“Il Cuore in una Goccia”, una delle realtà che nel mondo si adoperano ogni
giorno per accogliere alla nascita bambini in condizioni di estrema fragilità.
Bambini che, in taluni casi, la cultura dello scarto definisce “incompatibili
con la vita”, e così condannati a morte.
l'aborto è come affittare un sicario per risolvere un problema |
Ma nessun essere umano
può essere mai incompatibile con la vita, né per la sua età, né per le sue
condizioni di salute, né per la qualità della sua esistenza. Ogni bambino che
si annuncia nel grembo di una donna è un dono, che cambia la storia di una
famiglia: di un padre e di una madre, dei nonni e dei fratellini. E questo
bimbo ha bisogno di essere accolto, amato e curato. Sempre! Anche quando
piangono, come quello [applausi]. Forse qualcuno potrà
pensare: “Ma, fa rumore…portiamolo via”. No: questa è una musica che tutti noi
dobbiamo ascoltare. E dirò che ha sentito gli applausi e si è accorto che erano
per lui. Bisogna ascoltare sempre, anche quando il bambino ci dà un po’
fastidio; anche in chiesa: che piangano i bambini in chiesa! Lodano Dio. Mai,
mai cacciare via un bambino perché piange. Grazie per la testimonianza.
Quando una donna scopre
di aspettare un bambino, si muove immediatamente in lei un senso di mistero
profondo. Le donne che sono mamme lo sanno. La consapevolezza di una presenza, che
cresce dentro di lei, pervade tutto il suo essere, rendendola non più solo
donna, ma madre. Tra lei e il bambino si instaura fin da subito un intenso
dialogo incrociato, che la scienza chiama cross-talk. Una
relazione reale e intensa tra due esseri umani, che comunicano tra loro fin dai
primi istanti del concepimento per favorire un reciproco adattamento, man mano
che il piccolo cresce e si sviluppa. Questa
capacità comunicativa non è solo della donna, ma soprattutto del bimbo, che
nella sua individualità provvede ad inviare messaggi per rivelare la sua
presenza e i suoi bisogni alla madre. È così che questo nuovo essere umano
diventa subito un figlio, muovendo
la donna con tutto il suo essere a protendersi verso di lui.
Oggi, le moderne
tecniche di diagnosi prenatale sono in grado di scoprire fin dalle prime
settimane la presenza di malformazioni e patologie, che a volte possono mettere
in serio pericolo la vita del bambino e la serenità della donna. Il solo
sospetto della patologia, ma ancor più la certezza della malattia, cambiano il
vissuto della gravidanza, gettando le donne e le coppie in uno sconforto
profondo.(...)
Tali possibilità e conoscenze devono essere messe a
disposizione di tutti per diffondere un approccio scientifico e pastorale di
accompagnamento competente. Per questo, è indispensabile che i
medici abbiano ben chiaro non solo l’obiettivo della guarigione, ma il valore sacro della vita umana, la cui
tutela resta il fine ultimo della pratica medica. La professione medica è
una missione, una vocazione alla vita, ed è importante che i
medici siano consapevoli di essere essi stessi un dono per le
famiglie che vengono loro affidate: medici capaci di entrare in relazione, di
farsi carico delle vite altrui, proattivi di fronte al dolore, capaci di
tranquillizzare, di impegnarsi a trovare sempre soluzioni rispettose della
dignità di ogni vita umana.
(…) Purtroppo
la cultura oggi dominante non promuove questo approccio: a livello sociale
il timore e l’ostilità nei confronti della disabilità inducono spesso alla
scelta dell’aborto, configurandolo come pratica di “prevenzione”. Ma l’insegnamento della Chiesa su questo
punto è chiaro: la vita umana è sacra e inviolabile e l’utilizzo della diagnosi
prenatale per finalità selettive va scoraggiato con forza, perché espressione
di una disumana mentalità eugenetica, che sottrae alle famiglie la possibilità di
accogliere, abbracciare e amare i loro bambini più deboli. Delle volte noi
sentiamo: “Voi cattolici non accettate l’aborto, è il problema della vostra
fede”.
No: è un
problema pre-religioso. La fede non c'entra. Viene dopo, ma non
c'entra: è un problema umano. È un problema pre-religioso. Non carichiamo sulla
fede una cosa che non le compete dall’inizio. È un problema umano. Soltanto due frasi ci aiuteranno a capire bene
questo: due domande. Prima domanda: è lecito eliminare una vita umana per
risolvere un problema? Seconda domanda: è
lecito affittare un sicario per risolvere un problema? A voi la risposta.
Questo è il punto. Non andare sul religioso su una cosa che riguarda l’umano.
Non è lecito. Mai, mai eliminare una
vita umana né affittare un sicario per risolvere un problema.
L’aborto non è mai la
risposta che le donne e le famiglie cercano. Piuttosto sono la paura della malattia e
la solitudine a far esitare i genitori.(...) A me viene in mente una storia che io ho conosciuto nella mia altra
Diocesi. C’era una ragazzina di 15 anni down che è rimasta incinta e i genitori
erano andati dal giudice per chiedere il permesso di abortire. Il giudice, un
uomo retto sul serio, ha studiato la cosa e ha detto: “Voglio interrogare la
bambina”. “Ma è down, non capisce…” “No no, che venga”. È andata la ragazzina
quindicenne, si è seduta lì, ha incominciato a parlare con il giudice e lui le
ha detto: “Ma tu sai cosa ti succede?” “Sì, sono malata…” “Ah, e com’è la tua
malattia?” “mi hanno detto che ho dentro un animale che mi mangia lo stomaco, e
per questo devono fare un intervento” “No… tu non hai un verme che ti mangia lo
stomaco. Tu sai cos’hai lì? Un bambino!” E la ragazza down ha fatto: “Oh, che
bello!”: così. Con questo, il giudice non ha autorizzato l’aborto. La mamma lo
vuole. Sono passati gli anni. È nata una bambina. Ha studiato, è cresciuta, è
diventata avvocato. Quella bambina, dal momento che ha capito la sua storia
perché gliel’hanno raccontata, ogni giorno di compleanno chiamava il giudice
per ringraziarlo per il dono della nascita. Le cose della vita. Il giudice è
morto e adesso lei è diventata promotore di giustizia. Ma guarda che cosa
bella! L’aborto non è mai la risposta che le donne e le famiglie cercano.
Grazie, dunque, a tutti voi che lavorate per questo. E
grazie, in particolare, a voi famiglie, mamme e papà, che avete accolto la vita
fragile – la parola fragilità va sottolineata – perché le mamme, e anche le
donne, sono specialista in fragilità: accogliere la vita fragile; e che ora
siete di sostegno e aiuto per altre famiglie. La vostra testimonianza d’amore è
un dono per il mondo. Vi benedico e vi porto nella mia preghiera. E vi chiedo
per favore di pregare per me.
Grazie!
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