Mons. Nicola Bux e il Prof. Massimo Viglione hanno tenuto ad Arezzo nel
settembre scorso un incontro dal titolo: “Tenebre e Speranza. Quale futuro per
la Chiesa in un momento epocale della storia
MONS. NICOLA BUX
Ringrazio il professor Massimo Viglione per la testimonianza che dà di
giudizio cattolico e anche di resistenza, per l’esplicitazione del credo
cattolico, e anche voi. Sono sempre stupito quando incontro dei laici che si
sentono parte in causa della realtà attuale. Questi sono laici fedeli,
cristiani.
Primo punto: Gesù Cristo. Noi dobbiamo avere una certezza, che il Signore ha già
salvato il mondo. Noi non abbiamo da salvare nessuno e nulla; la verità di
questa affermazione è che ogni giorno celebriamo la Santa Messa. E’
un’affermazione tranquilla e allo stesso tempo drammatica che la croce di Gesù
Cristo davvero sconfigge il male ed è quindi capace di fronteggiare l’evolversi
delle diverse stagioni storiche.
Probabilmente per noi che viviamo in questo segmento del tempo, potrebbe
sembrare di vivere in uno dei tempi peggiori e che quindi il passato fosse
migliore, però S. Agostino dice che è insipiente chi afferma che i tempi
antichi erano migliori degli attuali. Il dramma è che siccome l’uomo vive un
periodo determinato, assolutizza il tempo in cui vive, 70-80 anni più o meno. E
quindi il grande vescovo di Ippona mette in guardia da questa insipienza.
Certo, il passato sembra che si riproponga nell’oggi; inevitabilmente ci sono
tante analogie, per esempio Il tempo attuale richiama quello del paganesimo,
tempo in cui il cristianesimo era assolutamente inerme, addirittura
insignificante perché in diaspora, eppure dopo tre secoli, anche di martirio, il
cristianesimo si è affermato grandemente, dimostrando la verità della parola di
Cristo: voi siete il sale della terra, la luce del mondo. Non dobbiamo mai
dimenticare queste parole di nostro Signore perché costituiscono la nostra
certezza, il nostro faro.
Il problema odierno è che oggi gli uomini di Chiesa misconoscono Gesù
Cristo. Se si parla di nuovo umanesimo, se si parla di fratellanza umana, senza
Gesù Cristo, noi siamo in quella che, nella terminologia classica, si chiama apostasia, cioè allontanamento dalla verità.
Ed è tanto più grave perché questo allontanamento lo compiono gli uomini di
Chiesa. Non che si neghi formalmente Gesù Cristo, come nel IV secolo, al tempo
del grande dibattito cristologico, quando si discuteva se Cristo fosse
vero Dio o vero uomo, anche se taluno tenta pure questo. No, il livello
culturale si è abbassato e quindi affrontare un dibattito cristologico sarebbe
inaccessibile ai più. Invece, come diceva il grande cardinale Biffi, Cristo è diventato una scusa per parlare
d’altro. Negli anni ’70 la Conferenza Episcopale Italiana lanciava piani
decennali sulla di “evangelizzazione e sacramenti”, poi sulla “evangelizzazione
e promozione umana”, e così via, nei quali si sosteneva l’urgenza di far
conoscere Gesù. Adesso, di evangelizzazione non se ne parla più; si è tutti
appassionatamente protesi verso una proposta “nuova” che superi le divisioni e
ottenga finalmente quel meraviglioso risultato che, invece, san Paolo descrive
così nella lettera agli Efesini: “Egli infatti è la nostra pace, colui che ha
fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro
di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia” (Ef 2,14).
San Paolo attribuisce questo risultato a Gesù Cristo perché è Lui che ha
abbattuto il muro, ha fatto la pace. Allora il primo punto è Gesù Cristo: è
diventato scomodo. A seminaristi, nel momento in cui venivano mandati in
missione, è stato detto dagli educatori: “Non parlate di Gesù Cristo perché è
divisivo”. Sembrerebbe incredibile, detto poi da sacerdoti che formano altri sacerdoti.
Sì, è divisivo. Eppure Giovanni XXIII, nel discorso di apertura del Concilio
ecumenico disse. “Il problema del mondo sarà sempre lo stesso: essere con
Cristo o essere contro Cristo”.
Certo, non siamo nel periodo delle eresie cristologiche che impegnavano i
grandi pastori e dottori, oggi il livello è tanto più basso … Affermare che
qualcuno è eretico è un azzardo, anche perché sant’Agostino diceva che per
essere eretici bisogna essere grandi uomini(Non fecerunt
haereses, nisi magni homines). Eresia significa scegliere alcuni aspetti
della verità cattolica ed assolutizzarli, e ciò implica una capacità pensante.
Il cardinal Giacomo Biffi se n’era reso conto già 15-20 anni fa.
Secondo punto della crisi attuale è la Chiesa, cioè l’idea di Chiesa. Anche qui non sarò originale. Nel 1985 il
cardinale, prefetto della fede, Joseph Ratzinger, dette un’intervista a
Vittorio Messori, diventata celebre, “Rapporto sulla fede”. Lanciò il classico
sasso in piccionaia, denunciando: “E’ in crisi l’idea di Chiesa”. Voleva dire che l’idea di Chiesa, intesa
come “sacramento di salvezza del mondo”, come “l’arca che salva l’umanità
dal diluvio” – sono immagini patristiche – oppure con il Concilio Vaticano II,
come “segno e strumento di salvezza del genere umano”, cominciava ad
offuscarsi. La Chiesa cominciava ad
essere percepita più come una comunità sociale che s’interessa dei bisogni
umani della gente. Come è stato obiettato da qualcuno: “…prima di parlare
di Cristo dobbiamo riempire la pancia!”. Ma come: Gesù Cristo ha detto “Cercate
il cibo che non perisce”! Anzi, è rimasto molto perplesso quando i discepoli
gli hanno detto che c’era tanta gente che l’aveva seguito, perché affamata
dalla Sua parola e ora non sapeva dove procurarsi cibo materiale. Così li ha
licenziati: “Date loro voi stessi da mangiare!”. Come a dire non sono io a
occuparmi dei problemi materiali. Altre volte, dinanzi a chi lo voleva
trascinare in questioni testamentarie, ha osservato: “Chi mi ha fatto giudice
di queste cose?”. Oggi, invece, vi sono
preti che trascinano la Chiesa nelle campagne per la legalità, quando,
notoriamente, la Chiesa, per sua natura, si è preoccupata di evangelizzare chi
viveva nell’illegalità, i malviventi, i briganti. Abbiamo avuto santi che
andavano a cercare i banditi. Non necessariamente grandi santi. Io ne ricordo
uno che da ragazzo nella mia parrocchia veniva sempre proposto: San Gaspare,
che nel periodo napoleonico, andava nelle campagne romane a cercare chi si era
dato alla macchia, per catechizzare e quindi civilizzare. E ancor prima lo ha
fatto San Leone Magno con l’evangelizzazione e la civilizzazione dei barbari.
Già, perché evangelizzare è mettere le premesse solide della civiltà. Oggi invece abbiamo preti che si battono
per la legalità, non in nome del Vangelo, ma della Costituzione italiana,
per arrivare fino alla questione dei migranti. Un tempo, dei migranti, la
Chiesa si interessava per evangelizzarli, per farli diventare cristiani.
Pensiamo a Santa Francesca Saverio Cabrini. Leggevo una lettera di san Pietro
Claver, un gesuita santo che riscattò gli schiavi: Abbiamo cercato di salvare i
loro corpi e subito dopo abbiamo cercato di catechizzarli perché imparassero le
preghiere, il catechismo, perché fossero battezzati e si salvassero le loro
anime. Quindi la Chiesa percepiva l’importanza della missione per salvare le
anime che sono quanto di più prezioso abbiamo. Gesù ha detto “A che serve
all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde l’anima?”. Gli uomini di
Chiesa, sembrano protesi ad una Chiesa “biologica”: ma questa, come ha
osservato un mio collaboratore, precipita verso una “fossa biologica”.
Terzo passaggio. La crisi della liturgia. E’ forse l’aspetto che la gente
percepisce per prima, perché la maggior parte dei cristiani va a messa, non
alle catechesi né alle conferenze, salvo le persone più avvertite. La gente va
a messa e la prima cosa che vede, non è più un culto divino (culto significa un
rapporto coltivato, una relazione curata, nel caso della sacra liturgia, tra
Dio e me). Sin dall’antichità, l’uomo religioso va al tempio per incontrare la
divinità. Perché si costruivano i templi? La parola tempio vuol dire lo spazio
sacro “delimitato”, – dal termine greco temno. Ritagliavano uno
spazio dove potesse abitare la divinità e l’uomo potesse incontrarla. Gli ebrei
hanno fatto la stessa cosa: andavano al grande tempio di Gerusalemme alla
presenza del Signore. Allora la liturgia era l’occasione perfetta per
incontrare Dio e rivolgersi a Lui con tutti i problemi, le pene, le
domande. Che è successo? La liturgia negli
ultimi decenni è diventata sempre più un intrattenimento sociale. In una
cerimonia sociale, tu puoi impedire che tutta la gente partecipi agli atti
previsti? No, perché altrimenti fai brutta figura. E così, nella messa
trasformata in intrattenimento, la Comunione la devono fare tutti. Come si fa
ad impedire, in un funerale, con tanta gente che in chiesa non mette mai piede,
di fare la comunione? Giorno dopo giorno la liturgia ha mutato pelle, è
diventata quest’intrattenimento, questo happening. Si viene per stare bene
insieme per fraternizzare, per abbracciarsi, per baciarsi…. tutti vanno a
prendere l’eucaristia che, invece, dovrebbe essere il sacramento culmine
dell’iniziazione, dell’itinerario di catechizzazione, di catecumenato. Per non
dire che l’eucaristia è anche il culmine dell’itinerario di chi si è
allontanato dalla Chiesa, e quindi dopo un periodo penitenziale, dopo la
confessione riceveva la riconciliazione e infine l’eucarestia. Questo è
scomparso, e la liturgia si è ridotta ad occasione per stare insieme. Non pochi
preti la pensano così. Quindi, c’è un profondo dissenso sulla natura della
liturgia. E questo Ratzinger l’ha rimarcato nei suoi studi. Siamo arrivati alle
prime comunioni dei bambini per cui nelle chiese imbandiscono le tavolate dove
i bambini si siedono come al ristorante, e da sé prendono l’ostia; così, dicono
taluni, capiscono che l’eucaristia è un banchetto …
Quindi è avvenuto l’offuscamento del
sacrificio eucaristico, che è l’essenza del culto, non solo cristiano, ma
umano. Nelle religioni, il sacrificio è l’atto del rapporto con Dio. San Paolo
l’ha detto chiaro nella lettera ai Romani: “Offrite i vostri corpi in
sacrificio spirituale”(12,1). Quindi la messa va concepita come l’atto
sacrificale, il sacrificio della mia vita e, solo secondariamente occasione di
comunione.
Comprendiamo – qui vengo al quarto punto che accenno soltanto:
l’uomo – che con la crisi della cristologia, con la crisi
dell’ecclesiologia, cioè dell’idea di Chiesa, con la crisi del culto divino,
della liturgia, entra in crisi l’antropologia, cioè la concezione dell’uomo,
tant’è vero che oggi vediamo cattolici che fanno le battaglie che una volta
erano dei radicali, sostengono l’aborto e l’eutanasia. Un “effetto domino”: è
crollata la concezione dell’uomo. La crisi
morale non è la crisi primaria, ma la conseguenza della crisi ontologica,
dell’essere, che ha inizio dalla dimenticanza dall’essere per eccellenza, che è
Gesù Cristo, e arriva all’essere umano.
Conclusione: Che cosa possiamo fare? Nella misura in cui in
noi si è svegliato il giudizio, il giudizio cattolico, magari non ben
strutturato, a livello istintivo o intuitivo, la percezione di qualcosa che non
va, allora è evidente che dobbiamo
resistere. E’ alla resistenza che siamo chiamati. E siccome non siamo un
esercito regolare, come tutte le resistenze, dobbiamo attrezzarci, cioè
dobbiamo dotarci delle armi opportune, come sta avvenendo oggi grazie ai
social, dotarci di argomenti in grado di confutare certe tesi erronee che
vengono propagandate anche all’interno di ambienti ecclesiastici. E quindi,
figure come quelle del professor Viglione sono significative, perché coagulano
quell’esigenza di strumentazione che tutti noi abbiamo; però, evitando di usare
la carta millimetrata: “quello la pensa esattamente come me, allora vado
d’accordo”. Dobbiamo avere una certa larghezza che è quella che aveva Gesù,
quando qualcuno gli andava a dire: “Alcuni là fuori stanno cacciando i demoni,
non sono dei nostri”. E Gesù risponde: “Chi non è contro di noi, è per noi”. Un
esempio di larghezza, che vada all’essenziale, alla sostanza. Se si è troppo
spigolosi, si finisce per suddividersi ulteriormente.
Dunque, sono grato all’Associazione dei Triari per l’invito, e al professor
Viglione per l’opera che compie. Ciascuno di noi opera dove sta, ma nessuno sta
da solo. E’ un invito a essere uniti, uniti i sacerdoti, uniti i laici nel
promuovere occasioni di raduno fra voi per cercare di formarsi, di attrezzarsi
alla battaglia. Vi lascio con questa frase che il cardinal Caffarra ha detto ad
un nostro raduno dieci giorni prima di morire. In genere nella Sacra Scrittura,
vediamo che il Signore compie le Sue grandi imprese con pochi. Celebre è il
caso di Gedeone, che voleva fare la battaglia con migliaia di persone. E il
Signore: ”No, sono molti, seleziona ulteriormente”, finché Gedeone non arriva a
qualche centinaio. Caffarra osserva: ”… il Signore fa grandi cose, quasi sempre
nel silenzio e con poche persone!…” Di questo dobbiamo essere convinti, perché
le cose fatte senza rumore, ma nel silenzio, sono meditate e razionali. Noi dobbiamo fare affidamento unicamente
sulla forza di Dio.
Ecco perché, mi permetto di dire, il
punto di maggiore resistenza oggi al dilagare dell’anticristianesimo, è la
liturgia celebrata come culto a Dio, celebrata nella forma antica che, come
sapete, sta avendo un costante avanzamento, nonostante l’opposizione, o nella
forma nuova, in maniera corretta, rivolta al Signore; così non potrà non
produrre il suo risultato di conversione, come già sta avvenendo in tanti
giovani.
Dal blog di Sabino Paciolla
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