Robert Sarah è un
famoso e tosto cardinale guineano. Nel 2001, Papa Giovanni Paolo II, a cui fu
molto legato, lo nominò segretario della congregazione per l’Evangelizzazione
dei popoli. Nel 2010, Papa Benedetto XVI, a cui tuttora è molto legato, gli
concesse la porpora. Nel 2014, quattro anni dopo, Papa Francesco lo scelse come
prefetto della congregazione per il Culto divino e la disciplina dei
sacramenti. Sarah è una voce molto importante, molto ascoltata, molto
appassionata.
Negli ultimi tempi, in coincidenza con il pontificato di Papa Francesco, è
diventato uno dei cardinali maggiormente seguiti da quello che potremmo
volgarmente definire come il fronte con minor tasso progressista della chiesa e
da questa settimana Sarah farà parlare molto di sé grazie a un libro
scandaloso, pubblicato con Cantagalli, che da ieri si trova in libreria.
Il libro ha un titolo dai toni
apocalittici, Si fa sera e il giorno ormai volge al declino, e il
contenuto del saggio di Sarah, che lui stesso definisce in alcuni passaggi
scandaloso, “perdonatemi se alcune mie parole vi scandalizzeranno”, rischia,
per la chiesa di oggi, di avere la forza di un uragano. Nel suo saggio, che
arriva a pochi giorni dall’atteso e controverso Sinodo sull’Amazzonia, Sarah,
con uno stile per così dire eminenziale, non critica mai direttamente Papa
Francesco, anzi più volte lo elogia all’interno del libro (viene nominato 55
volte, Papa Benedetto 132) ma segnala fattori di crisi che sfuggono all’agenda
bergogliana.
Al centro del pensiero di Sarah – al netto di critiche molto e troppo
severe alla società liberale, al liberalismo, al capitalismo, al consumismo e
agli eccessi del multiculturalismo – vi è
l’idea che la chiesa non possa sopravvivere senza avere a cuore il futuro
dell’Europa e il destino dell’occidente (“La decadenza dell’occidente è il
risultato dell’abbandono da parte dei cristiani della loro missione”) ma vi è
soprattutto l’idea che “la crisi europea
sia essenzialmente una crisi spirituale, che affonda le sue radici nel rifiuto
della presenza di Dio nella vita pubblica”. Senza Europa, la chiesa non può
andare lontano. Senza Dio, l’Europa non può andare lontano. Sarah ovviamente
non si ferma a questo e come un uragano arriva a scoperchiare diverse verità
della chiesa moderna.
Il cardinale critica la chiesa che ha
trasformato l’ambientalismo in una religione, con i suoi fedeli e i suoi infedeli, e dice di provare “rammarico del
fatto che molti vescovi e molti sacerdoti
trascurino la loro missione essenziale, che consiste nella propria
santificazione e nell’annuncio del Vangelo di Gesù, per impegnarsi invece in
questioni sociopolitiche come l’ambiente, le migrazioni o i senzatetto: è
impegno lodevole occuparsi di questi temi ma se trascurano l’evangelizzazione e
la propria santificazione si agitano invano. La chiesa non è una democrazia
nella quale alla fine è la maggioranza a prendere le decisioni”.
Poi denuncia il “degrado della liturgia
trasformata in spettacolo, la negligenza nelle celebrazioni e nelle
confessioni, la mondanità spirituale ne sono solo i sintomi”, attaccando “i sacerdoti che desiderano che le
proprie azioni siano efficaci, apprezzate e valutate secondo criteri mondani”
(non crediamo, dice Sarah, di poter vivere da cristiani adottando tutti gli
atteggiamenti di un mondo senza Dio: “A
forza di non vivere come si crede si finisce per credere come si vive”).
E ancora accusa “i ferventi sostenitori
della postmodernità”, tra i quali anche i fautori del gender che vogliono
decostruire la famiglia, secondo i quali “i valori tradizionali della civiltà
giudaico-cristiana sarebbero desueti, inutili e pericolosi”. E, con parole che ricordano gli affondi di Ratzinger
a Ratisbona, mette in rilievo i pericoli di un “islamismo fanatico e fondamentalista”, che “promuove una religione
fondata sulla pura obbedienza a una legge estrinseca che non si rivela nella
coscienza, ma si impone attraverso la società politica”, che “vive la
tentazione di una religione che rifiuta di lasciarsi purificare dalla ragione”
e che al contrario del cristianesimo tende a imporre “il proprio credo contro
la ragione, con la forza, con la violenza” mentre “predica un dio che può
ordinare ciò che va contro alla dignità dell’uomo e viola la coscienza e la
libertà”. Al centro dei ragionamenti di Sarah vi è l’idea che la chiesa del
futuro debba resistere alla tentazione
più grande del nostro tempo, la mondanità, il mondo senza Dio, e per questo
il compito degli uomini di fede è combattere faccia a faccia un ateismo viscido
e sfuggente che Sarah definisce fluido.
Ma per capire bene la
profondità della critica del cardinale africano può essere utile attingere ai
contenuti di una lunga intervista rilasciata pochi giorni fa da Sarah al
National Catholic Register, utile a capire meglio in che senso l’obiettivo del saggio è proprio quello di
denunciare i problemi della chiesa di oggi. “Il declino della fede nella Presenza reale di Gesù nell’eucaristia è al
centro dell’attuale crisi della chiesa e del suo declino, specialmente in
occidente. Vescovi, sacerdoti e fedeli laici siamo tutti responsabili della
crisi della fede, della crisi della chiesa, della crisi sacerdotale e della
scristianizzazione dell’occidente”.
Sarah, nel suo
ragionamento, definisce “falsi profeti” tutti “coloro che annunciano ad alta
voce rivoluzioni e cambiamenti radicali” e che nel fare questo “non stanno
cercando il bene del gregge: cercano la popolarità dei media al prezzo della
verità divina” e l'attualità del suo pensiero ha una forza non indifferente se
si pensa proprio ai temi del Sinodo sull’Amazzonia, che si aprirà la prossima
settimana e sul quale il cardinale ha qualcosa in più di un sospetto: “Temo che
alcuni occidentali confischeranno questa assemblea per portare avanti i loro
progetti. Penso in particolare all’ordinazione
degli uomini sposati, alla creazione di ministeri per le donne o alla
giurisdizione dei laici… Approfittare di
un sinodo particolare per introdurre questi progetti ideologici sarebbe una
manipolazione indegna, un inganno disonesto, un insulto a Dio, che guida la
sua chiesa e gli affida il suo piano di salvezza. Inoltre, sono scioccato e
indignato per il fatto che il disagio spirituale dei poveri in Amazzonia venga
usato come pretesto per sostenere progetti tipici del cristianesimo borghese e
mondano”.
Al centro del pensiero
di Sarah vi è la possibilità che il Sinodo sull’Amazzonia si trasformi in un
sinodo per abolire il celibato, “uno dei modi concreti in cui possiamo vivere
questo mistero della croce nelle nostre vite che inscrive la croce nella nostra
carne e per questo è diventato insopportabile per il mondo moderno”. E su
questo punto, nel suo libro, Sarah sembra voler rivolgere un messaggio a tutti
coloro che hanno scelto di affrontare il tema in modo troppo obliquo.
Gesuitico? “Tra le cause delle moltiplicate infedeltà all’impegno del celibato
– ricorda Sarah – Benedetto XVI registra ‘una tendenza, dettata da retta
intenzione ma errata, a evitare approcci penali nei confronti di situazioni
canoniche irregolari’. A mio avviso, questo punto è particolarmente importante. Abbiamo bisogno di ritrovare il senso
della pena. Un sacerdote che commette un errore deve essere punito. Ciò
significa dimostrare carità nei suoi confronti, perché così gli si dà la
possibilità di correggersi. Ma è anche segno di giustizia verso il popolo
cristiano. Un sacerdote che venga meno alla castità deve subire una pena”.
Non sappiamo quante
possibilità ci siano che la linea di Sarah possa conquistare la maggioranza del
prossimo Sinodo (poche, a guardare l’elenco dei partecipanti). Ma se così
dovesse essere per il nuovo presidente del Tribunale di prima istanza del
vaticano, Giuseppe Pignatone, potrebbe esserci più lavoro del previsto.
IL FOGLIO 4 Ottobre 2019
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