Il premier è come la pellicola trasparente: un
contenitore che s’adatta al contenuto
Poiché la Democrazia
cristiana in Italia non muore mai, uno come Giuseppe Conte non poteva farsi
sfuggire l’occasione di dimostrarsi fratello “anche” degli ultimi epigoni della
Balena bianca. Sceso ad Avellino in terra demitiana, il premier ha svolto una
lectio magistralis sul contributo dei cattolici nei lavori dell’Assemblea costituente.
Ad ascoltarlo in platea, raccontava ieri sul Corriere Francesco Verderami, «il
vecchio sinedrio [Dc] seduto in prima fila: De Mita, Bianco, Mancino, Zecchino,
Gargani, Mastella».
Conte ad Avellino |
Applausi, selfie, strette di mano
Il presidente del Consiglio ha fatto la
sua “porca figura”: applausi, strette
di mano, selfie e tanta approvazione da
un mondo che vede nel suo granitico moderatismo, sfuggevole a ogni definizione
assoluta, una garanzia di malleabilità. Insomma, magari non ha grandi idee,
ma proprio il fatto di non averle è un’assicurazione sulla limitazione dei
danni. Qui sta il mistero e la forza di Conte, personaggio che più trasparente non si può, nel senso
che non ha tonalità cromatica ma solo lieve consistenza contenitiva.
Una sorta di Domopac, pellicola ultraresistente a ogni scossone politico
che tutto avvolge e mantiene, l’informe che s’adatta a forme altrui, il
contenitore diafano che si limita a restituire i colori del contenuto
sottostante.
«Mi descrivete ora
grillino, ora democristiano – ha detto – ma io sempre lo stesso
sono, le mie idee sono sempre quelle, le conoscete». Di grazia, quali idee? Sarebbe bello conoscerle, dato che è stato
capace di difendere quelle del sovranista Matteo Salvini e ora quelle degli
europeisti democratici. Inutile cercare un criterio politico in Conte, tutto si
tiene nell’ideologia Domopac.
L’enigma Conte
Eppure. Eppure il
discorso che ha tenuto ad Avellino è un bel discorso in cui il
presidente del Consiglio è stato capace di cogliere in due o tre passaggi
l’originalità del contributo dei politici dc alla redazione della nostra
Costituzione. Gli appunti sul
personalismo cattolico che seppe opporsi alle ideologie marxiste e liberali,
così come il passaggio che è «lo Stato per la persona e non la persona per lo
Stato», non sono osservazioni banali. Erano idee forti e decise per cui i
cattolici battagliarono e diedero forma a una Carta che, nei limiti di
compromessi ragionevoli, rispecchiava i valori in cui essi credevano.
Per quel che riguarda
Conte, invece, resta il dubbio che, al di là di qualche dichiarazione reiterata
sulla sua fede e sulla venerazione di padre Pio, egli identifichi la parola “cattolico” con uno stile di comportamento,
un modus operandi fluido e pacato, un’arte di governo che si prefigge solo la
conciliazione degli opposti. In questa “fluidità” sta il suo enigma:
grillino coi grillini, leghista coi leghisti, piddino coi piddini e, domani,
chissà, berlusconiano tra i berlusconiani.
Un po’ come essere vegani
Non è un caso, dunque,
che sia piaciuto e piaccia così tanto ai cattolici democratici: la pasta è la
stessa. Messa da parte la dottrina sociale, l’impegno dei cattolici si configura
come camera di compensazione dei furori ideologici che allarmano il ceto medio,
tutto a vantaggio di qualche posto garantito dall’establishment progressista.
Niente di più: mai e poi mai culture war, ma nemmeno politiche informate dalla
fede. Da quelle parti, essere cattolici è
un po’ come essere vegani, ognuno nel suo privato fa quel che vuole. Oggi,
poi, l’allure democristiana si porta bene, ché viviamo tempi in cui le idee
forti si portano poco. Opzione Domopac,
appunto: perfetta per chi non ha altro scopo se non prolungare la propria data
di scadenza.
Emanuele Boffi, TEMPI
Nessun commento:
Posta un commento