SABINO PACIOLLA
Caro mons.
Santoro, ci conosciamo, ma non tanto da poterti chiamare don Filippo, come
fanno i miei e tuoi amici di una vita. Quel minimo di conoscenza personale mi
impedisce però di scrivere in maniera distaccata. Per questo ti scrivo queste
poche parole, ti assicuro con grande dolore e rispetto per la tua paternità,
sulla vicenda occorsa nel comune di
Lizzano, tra don Giuseppe Zito, parroco della Chiesa di San Nicola,
appartenente alla tua diocesi, e la sindaca Antonietta D’Oria.
L’altra sera,
ti confesso, appena letto il tuo comunicato
ufficiale, sono stato preso da un certo turbamento.
Mons. Santoro al Meeting 2017 |
Ti scrivo
pubblicamente perché il tuo comunicato è pubblico, ed ha creato sconcerto in
molti fedeli, a cominciare da me. È giusto dunque che vi sia una adeguata,
franca, e rispettosa riflessione, che tanti stanno già facendo.
Purtroppo, è
una riflessione che viene da lontano, non è nata con il tuo comunicato, e ciò
perché i fatti e le occasioni che vedono
l’intervento “controverso” di sacerdoti o vescovi, si stanno ripetendo nel
tempo. È una
riflessione che deve andare al cuore della fede, al nucleo del cristianesimo,
all’essenza della testimonianza a Cristo.
Vista la
situazione, che di anno in anno si sta facendo sempre più pericolosa per noi
cristiani, anche qui nel “tranquillo” Occidente, mi vengono spesso in mente le
parole di San Pietro:
“Stavano ancora parlando al popolo, quando
sopraggiunsero i sacerdoti, il capitano del tempio e i sadducei, irritati per
il fatto che essi insegnavano al popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione
dai morti. Li arrestarono e li portarono in prigione fino al giorno dopo, dato
che era ormai sera. (…)”
Il giorno dopo, nel sinedrio, davanti al sommo
sacerdote Caifa e ai capi, “Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: «Capi
del popolo e anziani, (…) Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi,
costruttori, è diventata testata d’angolo.
In nessun altro c’è
salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale
è stabilito che possiamo essere salvati».(…) E poi, “Pietro e Giovanni
replicarono: «Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui,
giudicatelo voi stessi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e
ascoltato»” (Atti 4,1-22) E infine “Pietro disse: «Bisogna obbedire a Dio
piuttosto che agli uomini»” (Atti 5,29).
Viviamo in una
società sempre più scristianizzata, che o è indifferente al fatto cristiano o ha in odio Cristo.
Se la proposta
di legge Zan, quella sull’omotransfobia, dovesse essere approvata, la nostra
testimonianza a Cristo si farà più drammatica e dolorosa (è quello che Lui ci
chiede), non potremo più parlare di tutto quello che da Cristo discende. Non
potremo più vivere ciò che la nostra concezione cristiana della vita ci
insegna. Questo a volte pare sfuggire ad alcuni pastori. E l’intervento della sindaca di Lizzano che chiede ai carabinieri di
identificare i fedeli che si sono riuniti in chiesa per pregare, o addirittura
la sua pretesa di decidere cosa i fedeli debbano pregare è la prefigurazione
più chiara del regime prossimo che ci aspetta. Infatti, la sindaca ha
affermato: “Pregare perché un disegno di legge non venga approvato non mi
sembra democratico”. “non mi sembra democratico”….pensate un po’ a quali vette
del pensiero siamo arrivati!
Per questo, le parole del tuo comunicato, almeno a me,
sono apparse lontane, distanti dalle questioni che sono realmente in gioco,
animate da una volontà di “costruire ponti e abbattere muri” che non ha senso e
che non aiuta nessuno. Quelle parole hanno infatti ingiustamente
rimproverato il sacerdote ed i fedeli che hanno avuto la sola “colpa” di
pregare Dio perché faccia in modo che una legge orrenda e liberticida non venga
approvata; d’altra parte, non hanno fatto alcuna obiezione all’operato della
sindaca, il quale, non so se contempli la violazione di qualche norma, di
sicuro è stato inopportuno ed oltre le righe.
Chi infatti ha “brandito la fede come un’arma”? Chi ha
trasformato un momento di preghiera, che di per sé deve unire, in “un motivo di
divisione e di contrapposizione”? Non mi pare che la colpa sia attribuibile al
sacerdote o ai fedeli. Eppure queste affermazioni sono contenute nel tuo
comunicato.
Certo, nel
comunicato vi è anche il richiamo alla dichiarazione della CEI che stigmatizza
il ddl di Zan, ma il tutto è apparso come una delle tante tessere, forse
nemmeno la più importante, di un mosaico il cui disegno ha lasciato molto a
desiderare.
La sensazione che in tanti sentiamo è quella di essere mancanti di guide,
di pastori che si mettano davanti al gregge e, sicuri, lo guidino alla meta,
incuranti delle proteste che lungo la strada si alzeranno. Invece, in questi
tempi, spesso aggressivi e inumani, capita sempre più spesso che tanti, tanti,
pastori stiano in silenzio, per vari motivi che non è qui il caso di
richiamare, e che pochi, pochissimi, facciano sentire la loro voce con
chiarezza dinanzi al Potere. E questa per noi fedeli non è affatto una bella
sensazione. Anzi.
Certo che “la
Chiesa è Madre di tutti i suoi figli, e come tale accoglie e ama tutti senza
distinzione alcuna”, come scrivi nel comunicato, ma la Chiesa è anche Maestra
(Mater et Magistra), e ci testimonia e ci educa al vero bene dell’uomo, che è
Cristo. Ma il nostro cuore, il cuore di ogni uomo, facilmente fugge la Luce per
inseguire le tenebre, quelle che portano divisione e odio. Infatti, è la verità
che unisce, mentre è la menzogna che divide. Per cui, per noi cristiani, il dovere primario sarà sempre quello di
annunciare e testimoniare Cristo, prima ancora della ricerca di “un clima di
solidarietà, di rispetto reciproco e di collaborazione per il bene comune”.
Tutte cose, queste, importanti, importantissime, ma non fondamentali per la
salvezza della nostra anima.
Caro mons.
Santoro, quella che viviamo appare sempre più un’epoca tragica, difficile,
disumana (si veda l’aborto legalizzato o l’utero in affitto), intrisa come non
mai di una domanda di religiosità confusa e ambigua. Un’epoca di apparente tolleranza, in cui molti vogliono affermare
un cristianesimo fatto di «valori», di «aperture», di «dialogo», un cristianesimo in cui pare non esserci
più posto per la persona del Figlio di Dio, il Cristo, crocifisso per noi,
risorto per noi.
Un cristianesimo umanitario ridotto a promozione
sociale, “un nuovo umanesimo”, si dice, così attento a non urtare minimamente
la suscettibilità altrui, tanto da mettere tra parentesi quello che più ci sta
a cuore. Un cristianesimo che corre il serio rischio di sconfinare nel
politicamente corretto, l’arma attuale che il Potere usa per addormentare le
coscienze ed imporre surrettiziamente, ma drammaticamente, il suo astuto
volere.
Questa
intollerante “tolleranza”, così in voga oggi, vuole mettere in prigione coloro
che dissentono da una concezione fluida dell’uomo, una concezione che non
riconosce, anzi odia, il “maschio e femmina Dio li creò”, una concezione che
vuole cancellare la originaria dipendenza dal Padre. È per questo che il
presente tempo urge la testimonianza di noi cristiani alla Verità, contro
qualsiasi “Imperatore”, con qualsiasi volto si presenti.
Allora mi piace
concludere con il testo del Volantone di Pasqua del 1988 di Comunione e
Liberazione, lo ricorderai, quel Volantone che riportava un passo tratto da “Il
dialogo dell’Anticristo”, di Vladimir Solov’ev (di cui in maniera
fulminante parlò il card. Giacomo Biffi), che così
recitava:
L’imperatore si
rivolse ai cristiani dicendo: “Strani uomini… ditemi voi stessi, o cristiani,
abbandonati dalla maggioranza dei vostri capi e fratelli: che cosa avete di più
caro nel cristianesimo?”. Allora si alzò in piedi lo starets Giovanni e rispose
con dolcezza: “Grande sovrano! Quello che abbiamo di più caro nel cristianesimo
è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, poiché noi sappiamo
che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità”.
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