sabato 18 giugno 2022

EUTANASIA: MORIRE DI POVERTÀ IN CANADA

 «Sono troppo povera per curarmi. Mi resta solo l’eutanasia»

L'incredibile storia di Kat (nome di fantasia), trentenne affetta dalla sindrome di Ehlers-Danlos, alla quale lo Stato ha offerto l'eutanasia al posto delle cure. «Vorrei vivere, ma se non posso curarmi non mi resta che morire»

Kat (nome di fantasia) vive in Canada, nella Columbia Britannica, non ha ancora 40 anni e vuole vivere. Ma poiché non è abbastanza ricca per permettersi le cure di cui ha disperatamente bisogno, e poiché il sistema sanitario non può (o non vuole) coprire le spese, ha deciso di morire con l’eutanasia.

La storia di Kat

La storia della donna affetta dalla sindrome di Ehlers-Danlos (Eds) può apparire sconvolgente, ma non è così rara in Canada dove molte persone sono costrette a morire (con il beneplacito dello Stato) semplicemente perché le cure palliative non sono disponibili per tutti.

Kat ha scoperto dieci anni fa di essere affetta dalla Eds, una condizione genetica ereditaria caratterizzata dall’indebolimento del collagene che causa ipermobilità delle giunture (soggette a frequenti slogature e sublussazioni), pelle fragile e ipersensibile, dolori muscolo-scheletrici diffusi e cronici.

Eutanasia sì, cure mediche no

Da anni la donna assume oppiodi per alleviare il dolore, limitandosi a curare i sintomi che di volta in volta si presentano, ma «a causa della mia situazione finanziaria e della mia disabilità non posso permettermi le cure che aiuterebbero davvero a migliorare la mia qualità della vita», ha dichiarato in un’intervista a Ctv News.

Esasperata dalla sua situazione, continua Kat, «ho pensato: se non posso curarmi, perché non morire? Ho fatto richiesta per il Maid (Medical Assistance in Dying) l’anno scorso e i medici hanno ritenuto che le mie sofferenze fossero sufficienti per avere l’eutanasia, non però per mobilitare le risorse necessarie a curarmi». In effetti, la Fraser Health, uno dei cinque enti che gestisce la sanità nella provincia della British Columbia, ha scritto nei documenti approvando la “buona morte”: «Non ci sono altre cure o interventi adatti ai bisogni del paziente o alle sue disponibilità finanziarie».

Morire di povertà in Canada

Kat, che ha appena sofferto malfunzionamenti agli organi vitali a causa della malattia, in realtà non vuole morire e ha utilizzato l’intervista ai media canadesi nella speranza che il governo, mosso a compassione, le apra la strada per ottenere le cure palliative. Fino ad ora però nessuno si è mosso, fatta eccezione per la Fraser Health che le ha comunicato di scegliere “liberamente” la data per morire.

Il caso di Kat non è isolato in Canada. Sempre più pazienti chiedono infatti l’iniezione letale perché troppo poveri per curarsi. In un provocatorio commento, l’accademico Yuan Yi Zhu ha scritto a maggio sullo Spectator che l’eutanasia in Canada serve di fatto a sopprimere i poveri. Una pratica che non deve dispiacere troppo al governo, che ogni anno in Parlamento snocciola i dati su quanto lo Stato può risparmiare grazie alla “buona morte”.

La legge più permissiva al mondo

Il Canada è forse il paese con la legislazione sull’eutanasia più permissiva al mondo. Nel 2020 sono morte con l’iniezione letale 7.595 persone, un dato impressionante se si considera che la legge sulla “buona morte” è stata approvata solo nel 2016.

Dall’anno scorso, non è più necessario soffrire di una malattia terminale o che porti in un tempo “ragionevolmente prevedibile” al decesso. Basta essere affetti da una patologia che «non può essere alleviata in condizioni ritenute accettabili» soggettivamente. Da marzo, basterà avere un disturbo psicologico per essere uccisi.

«Dov’è la libertà di scelta?»

La storia di Kat presenta un ultimo elemento inquietante. La donna è stata spinta verso l’eutanasia dall’assenza di disponibilità di centri dove ottenere cure palliative. Non solo la provincia della British Columbia non sta facendo nulla per ampliare i propri servizi e rispondere alle esigenze della comunità. Ma nel febbraio dell’anno scorso il governo ha chiuso l’Irene Thomas Hospice, centro che forniva cure palliative, solamente perché la direzione si era rifiutata di fornire ai propri pazienti l’eutanasia.

Come disse in un’intervista a Tempi Angelina Ireland, a capo del consiglio di amministrazione della struttura chiusa dal governo, «perché si vuole chiudere l’unico santuario in cui i pazienti vengono curati e non uccisi? Si può morire nei parchi, sulle montagne, a casa, in ospedale. Noi non offriamo l’eutanasia perché è incompatibile per definizione con le cure palliative, che noi forniamo alla comunità. La “buona morte” ormai è una ideologia. Ma la famosa libertà di scelta dov’è?». È morta anch’essa con l’approvazione dell’eutanasia legale.

LEONE GROTTI da Tempi


Commento: questo è quello che ci aspetta se prevarrà in Italia la folle ideologia eutanasica

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