IL VESCOVO DI
CESENA ALLA MESSA DEL PATRONO: "OGNI BIMBO CHE NASCE CI RICORDA CHE DIO
NON SI È STANCATO DELL'UOMO"
“Nella Bibbia la vita nascente è segno
di un dono, una gioia grande e una responsabilità”
Un bambino che nasce
“Si chiamerà Giovanni” (Lc 1, 60), afferma perentoria l’anziana Elisabetta, davanti allo
stupore dei vicini e dei parenti e contrariamente a ogni regola tradizionale. Giovanni è il suo nome! La nascita di un bambino è lo sbocciare della
vita non solo per quella famiglia, ma per il mondo intero.
“Ogni bimbo
che nasce ci ricorda che Dio non si è stancato dell’uomo”, aveva detto un
giorno santa Teresa di Calcutta. Invece “la nostra epoca e la
nostra cultura mostrano una preoccupante tendenza a considerare la nascita di
un figlio come una semplice questione di produzione e di riproduzione biologica
dell’essere umano” (Francesco, Udienza generale 8 giugno
2022).
Il profeta Isaia nella prima lettura (Cfr Is 49, 1-6) ci rimanda, con un
racconto autobiografico, ai primi istanti della sua esistenza: quando ancora
era nel grembo materno. Fin da quel momento egli si è sentito chiamare a una
esistenza grande e bella, impegnativa e intensa: ad essere, cioè, profeta di
Dio. E lo sarà: “Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia
salvezza fino all'estremità della terra" (v.6). “Nella Bibbia la vita
nascente è segno di un dono, una gioia grande e una responsabilità che si
inscrivono in una famiglia e aprono un futuro. I neonati sono immagine
del mistero della vita che si trasmette attraverso l’amore di un uomo e di una
donna, sono immagine della cura di Dio, nei confronti dei genitori. Lungo tutta
la Scrittura la nascita dei bambini è un elemento portante dell’opera di Dio e
delle famiglie umane” (D. Regattieri, Dal Messaggio per san
Giovanni 2022).
Al testo di Isaia ha fatto eco il salmo 138. Anch’esso considerato un inno
alla vita. È il salmista in questo caso che parla di sé: anch’egli ha sentito
la mano di Dio fin dal primo istante della sua esistenza, cioè dal
concepimento: “Tu, Signore, mi ha hai tessuto nel grembo di mia madre,
ricamato nelle profondità della terra” (Cfr Sal 138, 13.15).
Mi chiedo se la madre di Isaia e quella
del salmista avessero abortito non avremmo avuto un profeta di tale statura;
non avremmo avuto il meraviglioso canto del salmista! Il mondo sarebbe stato
più povero! Chissà di quanti e quali personaggi il mondo sarebbe stato privato!
Due anziani ormai al tramonto
Il vangelo pure ci parla di una nascita; stavolta è Giovanni il
protagonista. Bisognerebbe riascoltare il canto che esplode dalla bocca e dal
cuore del papà di questo bambino, il sacerdote Zaccaria, per toccare con mano
come la vita fosse percepita a quel tempo come un dono di Dio. Sempre. Eppure
questa vita nasce in un contesto precario: da due genitori anziani. Come
avrebbero potuto garantire un futuro dignitoso a questo bambino? Come lo
avrebbero educato, loro anziani, ormai al tramonto? Come sarebbero stati in
grado di inserirlo nella società loro che stavano ormai congedandosi dal
mondo. Tutte motivazioni che, oggi, sarebbero sufficienti – purtroppo –
per approdare alla malsana e insana scelta di sopprimere questa vita, di non
permetterle di venire alla luce per risparmiarle – come si dice – un’esistenza
infelice in un mondo difficile.
Invece: ecco due anziani, ormai al
tramonto della vita, che si imbarcano in un’avventura nuova: un nuovo cammino,
una nuova prospettiva; un rimettersi in gioco.
Altro che scarto, gli anziani! Qui l’anziano continua a guidare la storia, a essere
protagonista, ad avere un ruolo, qui egli ha da dire qualcosa di vero e di
buono a un mondo che sembra destinato a morire, a intristire. Le rughe di
questi due anziani si confrontano senza timore e senza vergogna con la pelle
liscia e fresca del loro bambino che portano tra le loro stanche braccia. Ha
detto in questo giorni il papa: “Le rughe sono un simbolo di
esperienza, sono un simbolo di maturità, di aver fatto in cammino … Quello che
interessa è la personalità, è il cuore, che rimane con quella bontà del vino
buono, che tanto più invecchia, tanto più buono è”.
Egli ha così messo sotto accusa il
“mito” dominante della nostra epoca e della nostra cultura: quello dell’eterna
giovinezza, dell’”ossessione – disperata – di
una carne incorruttibile”. La vecchiaia, - ha continuato il papa - oggi
viene disprezzata proprio “perché porta l’evidenza inconfutabile del congedo di
questo mito, che vorrebbe farci ritornare nel grembo della madre, per ritornare
sempre giovani nel corpo … La tecnica si lascia attrarre da questo mito in
tutti i modi: in attesa di sconfiggere la morte, possiamo tenere in vita il
corpo con la medicina e la cosmesi, che rallentano, nascondono, rimuovono la
vecchiaia” (Francesco, Udienza
generale, mercoledì 8 giugno 2022).
Un bambino che nasce da una parte; due
anziani che si congedano da questa terra, dall'altra: insieme, un intreccio
salutare per la vita di questo mondo che se si chiude alla vita è destinato a
intristire.
MONS DOUGLAS REGATTIERI
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