Davide Rondoni
Ogni volta che si avvicina il Meeting ci si interroga sul ruolo dei cattolici nella società. E in articoli e analisi (complice la scadenza elettorale) si assiste a un festival dell’ovvio. I cattolici e i valori, i cattolici e la presenza sociale... . Cose giuste per carità, ripetute piùo meno uguali da Riccardi (Sant’Egidio, ex ministro) o Vittadini (presidente Fondazione sussidiarietà che ispira l’interguppo parlamentare che porta al Meeting da Letta a Salvini, da Lupi alla Meloni). Da cristiano anarchico di rito romagnolo provo a deviare.
Oggi le sfide dei cristiani nella società sono tre.
Primo: la
disperazione. C’è un nichilismo enorme, magari coperto da paillettes e narcosocial (o
affogato in droghe e antidepressivi). Lo diceva don Giussani, nato 100 anni fa:
occorre "sostenere la speranza degli uomini". Se i cristiani non sono
realisti, lieti e speranzosi, sono inutili.
Secondo, la
confusione tra natura e identità di marca sessuale generata dalla ideologia
gender, serva del turbocapitalismo e di un postmarxismo sciocco. Se la mia natura è ciò che
voglio io, io sono Dio e Cristo non serve, basta il market delle
identità, stile Amazon. Se non si separa il discorso sulla natura umana dalla
fiera delle identità e non ci si oppone a una riduzione biologica dell’umano,
avremo una società di schiavi atei e ansiosi e già si vede.
Terza sfida,
legata alla seconda. La erotizzazione del discorso sulla identità (da Freud via
‘68 a oggi) ha colto alle spalle una Chiesa un po’ sessuofoba (perché
borghese), ricattabile (vedi pedofilia) e impaurita. Occorre passare dalla
erotizzazione della lettura del fenomeno umano alla lettura affettiva. Don
Giussani, padre di C.L., parlava di conoscenza affettiva, di "passione per
l’umano", non di moralismo.
Al Meeting ci saranno queste sfide. I visitatori (e politici e vescovi)
colgano la originalità di cristiani che non cercano un ’posto’ nella società,
ma vanno liberi, operosi e strani.
TRATTO DA IL RESTO DEL CARLINO
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