martedì 30 agosto 2022

L’ECLISSI CATTOLICA IN POLITICA

In Italia esiste un mondo cattolico che pensa, che scrive, che produce opere di ogni genere: ma nel discorso pubblico è un mondo pressoché assente. Nella comunicazione è solo il Papa, infatti, che in qualche modo riesce ancora a farsi sentire, i vescovi e la Cei quasi nulla, mentre politicamente i cattolici nel loro insieme dopo la catastrofe del 1992-94 contano zero.

Archivio storico del Partito Popolare 1919
Penso anch’io che per il nostro Paese questo silenzio non sia un fatto positivo, sicché ha fatto bene Andrea Riccardi (Corriere della Sera, 18 agosto) ad auspicare che il mondo cattolico riacquisti una sua forte voce pubblica e — lo si capisce sebbene egli eviti di parlarne esplicitamente — anche politica.

Nel suo intervento non trova però posto una domanda cruciale: qual è la ragione di questa eclissi cattolica? Perché mai in Italia — ma non solo! — questo precipizio nell’irrilevanza pubblica?

Per la brevità necessaria in questa sede mi limito ad una sola risposta: perché ormai l’identità cattolica appare qualcosa di talmente fluido da essere divenuta priva di connotati precisi, indefinibile, e quindi incapace di porsi come una vera protagonista del dibattito. Per esistere bisogna consistere, infatti.

Ma oggi il termine cattolico può consistere in molte cose molto diverse tra di loro: in un adepto di sant’Egidio candidato del Pd come in un innamorato della lezione di don Giussani militante nel centrodestra, in un estimatore del «giusto mezzo» di Montini o in un bergogliano tutto ecologia e periferia.

Anche dal punto di vista diciamo così teologico-religioso ci sono cattolici pronti a scendere in piazza per impedire a una donna di abortire e altri, invece, convinti che dopotutto l’aborto sia una questione da lasciare alla coscienza di ciascuno; quelli per cui ogni guerra è un abominio e quelli per i quali, al contrario, possono esserci anche guerre giuste.

La verità è che sotto l’urto dissolvitore della secolarizzazione, il cattolicesimo non è riuscito nell’impresa — a onor del vero forse impossibile — di trovare una risposta all’altezza della sfida. Di fronte al micidiale combinato disposto di tecno-scienza e individualismo esso è passato da un’opposizione rassegnata ad un’altra, da un accomodamento compromissorio all’altro, da un’illusione benevola all’altra.

Ma in questo modo l’identità cattolica, lungi dal conservarsi, si è frantumata in una costellazione di identità. Innanzi tutto perché è andato in frantumi il principio di autorità in precedenza rappresentato dal magistero papale. Che oggi conta, ma solo nella misura in cui si è (o si finge di essere) in accordo con esso.

Il cattolicesimo è così diventato un fatto eminentemente individuale che ogni fedele — o gruppo di fedeli, i cosiddetti «movimenti» — si «costruisce» e si amministra singolarmente come vuole. A tenerlo in qualche modo insieme sembra ormai essere rimasta solo una cosa: al di là della sempre minore frequenza alla messa la funzione sacerdotale, la figura del sacerdote al cui ruolo viene comunque riconosciuto da tutti i fedeli il carisma di unico mediatore del sacro.

Ma per il resto regna davvero il più grande disordine sotto il cielo. A cavallo del secolo, come ricorda lo stesso Riccardi, il cardinale Ruini, allora presidente della Cei, si illuse che almeno intorno ad alcuni «valori non negoziabili» fosse ancora possibile far valere (e difendere) nell’arena pubblica una qualche identità comune a tutti i cattolici. Ma con nessun successo. Si dimostrò allora che anche l’antico principio in necessariis unitas (restare uniti nelle questioni fondamentali) non funzionava più. Nessuno sembrava più credere, almeno all’apparenza, che ci fossero valori realmente non negoziabili.

Da allora le pronunce della Conferenza episcopale italiana si limitano non a caso ad alcune paginette dedicate all’auspicio dell’ovvio, cercando in tal modo di mantenere in piedi la finzione di un’unica identità cattolica. Che la Chiesa per prima sa bene essere una finzione, sicché proprio per cercare di mantenerla in piedi non può fare altro — come sta facendo in questi giorni in Italia — che raccomandare a se stessa, ancora una volta, il più assoluto silenzio nel dibattito elettorale in corso.

Fino a qualche anno fa a tale silenzio della Chiesa corrispondeva tuttavia la voce dei cattolici. Che per molto tempo è stata una voce ben udibile in grande prevalenza a favore del centrosinistra (come voce: quanto al voto le cose stavano probabilmente in modo diverso).

Dopo la fine della Democrazia cristiana, infatti, esponenti importanti vecchi e nuovi del mondo cattolico, spesso della stessa Dc, si sono schierati sì con il Pd, ma sempre nella sostanza come dei puri vassalli fiancheggiatori. Con la speranza forse di dare un’anima cristiana a una sinistra rinnovata, e che dal naufragio della Prima Repubblica potesse salvarsi la cultura politica comunista e il suo partito, i quali della Prima Repubblica, invece, avevano condiviso in pratica tutto; fino al 1989 anche le tangenti. Commettendo, insomma, l’errore di credere ingenuamente al mito della «diversità» che il Pci aveva costruito di se stesso; e quindi di pensare che una volta eliminato l’ostacolo rappresentato dalla Dc l’arrivo al potere dell’ex Pci e dei suoi uomini avrebbe rappresentato l’inizio di chissà quale rinnovamento del Paese.

L’evidente fallimento di questo disegno ha lasciato i cattolici italiani come si trovano oggi: di fatto politicamente muti, incapaci di una iniziativa autonoma. Per acquistare la quale dovrebbero convincersi ad accettare due condizioni. Innanzi tutto quella di muoversi sul terreno della politica al di fuori di qualunque ispirazione/tutela/patronage da parte della Santa Sede o della Chiesa italiana (entrambe evidentemente disinteressate, impossibilitate o in altre faccende affaccendate); in secondo luogo accettare in modo esplicito di non ambire a rappresentare né un qualche movimento né il tutto — il mitico «mondo cattolico» che implica l’obbligo di stare nella posizione di un ormai inesistente «centro» — ma di essere necessariamente solo una parte, di destra o di sinistra, e magari decidersi a farlo unendosi anche a chi proviene da fedi o culture politiche differenti ma non incompatibili.

La vicenda dei cattolici italiani è stata troppo importante e ricca di risultati, ancora oggi essi annoverano troppe energie, volontà, capacità, perché tutto sia consegnato definitivamente a un passato senza futuro.

ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA

Da il corriere della sera

 

Nessun commento:

Posta un commento