In Italia esiste un mondo cattolico che
pensa, che scrive, che produce opere di ogni genere: ma nel discorso pubblico è
un mondo pressoché assente. Nella comunicazione è solo il Papa, infatti, che in
qualche modo riesce ancora a farsi sentire, i vescovi e la Cei quasi nulla,
mentre politicamente i cattolici nel loro insieme dopo la catastrofe del
1992-94 contano zero.
Penso anch’io che per il nostro Paese
questo silenzio non sia un fatto positivo, sicché ha fatto bene Andrea Riccardi
(Corriere della Sera, 18 agosto) ad auspicare che il mondo cattolico riacquisti
una sua forte voce pubblica e — lo si capisce sebbene egli eviti di parlarne
esplicitamente — anche politica.Archivio storico del Partito Popolare 1919
Nel suo intervento non trova però posto una domanda cruciale: qual è la ragione di
questa eclissi cattolica? Perché mai in Italia — ma non solo! — questo
precipizio nell’irrilevanza pubblica?
Per la brevità necessaria in questa sede
mi limito ad una sola risposta: perché
ormai l’identità cattolica appare qualcosa di talmente fluido da essere
divenuta priva di connotati precisi, indefinibile, e quindi incapace di porsi
come una vera protagonista del dibattito. Per esistere bisogna consistere,
infatti.
Ma oggi il termine cattolico può consistere in molte cose molto diverse tra di loro: in un adepto di sant’Egidio candidato del Pd come in un innamorato della lezione di don Giussani militante nel centrodestra, in un estimatore del «giusto mezzo» di Montini o in un bergogliano tutto ecologia e periferia.
Anche dal punto di vista diciamo così
teologico-religioso ci sono cattolici pronti a scendere in piazza per impedire
a una donna di abortire e altri, invece, convinti che dopotutto l’aborto sia
una questione da lasciare alla coscienza di ciascuno; quelli per cui ogni
guerra è un abominio e quelli per i quali, al contrario, possono esserci anche
guerre giuste.
La verità è che sotto l’urto dissolvitore della secolarizzazione, il
cattolicesimo non è riuscito nell’impresa — a onor del vero forse impossibile —
di trovare una risposta all’altezza della sfida. Di fronte al micidiale combinato disposto di tecno-scienza e
individualismo esso è passato da un’opposizione rassegnata ad un’altra, da un
accomodamento compromissorio all’altro, da un’illusione benevola all’altra.
Ma in questo modo l’identità cattolica,
lungi dal conservarsi, si è frantumata in una costellazione di identità. Innanzi tutto perché è andato in frantumi
il principio di autorità in precedenza rappresentato dal magistero papale.
Che oggi conta, ma solo nella misura in cui si è (o si finge di essere) in
accordo con esso.
Il cattolicesimo è così diventato un fatto eminentemente individuale che ogni fedele — o gruppo di fedeli, i cosiddetti «movimenti» — si «costruisce» e si amministra singolarmente come vuole. A tenerlo in qualche modo insieme sembra ormai essere rimasta solo una cosa: al di là della sempre minore frequenza alla messa la funzione sacerdotale, la figura del sacerdote al cui ruolo viene comunque riconosciuto da tutti i fedeli il carisma di unico mediatore del sacro.
Ma per il resto regna davvero il più
grande disordine sotto il cielo. A cavallo del secolo, come ricorda lo stesso
Riccardi, il cardinale Ruini, allora presidente della Cei, si illuse che almeno
intorno ad alcuni «valori non negoziabili» fosse ancora possibile far valere (e
difendere) nell’arena pubblica una qualche identità comune a tutti i cattolici.
Ma con nessun successo. Si dimostrò allora che anche l’antico principio in
necessariis unitas (restare uniti nelle questioni fondamentali) non funzionava
più. Nessuno sembrava più credere, almeno all’apparenza, che ci fossero valori
realmente non negoziabili.
Da allora le pronunce della Conferenza
episcopale italiana si limitano non a caso ad alcune paginette dedicate
all’auspicio dell’ovvio, cercando in tal modo di mantenere in piedi la finzione
di un’unica identità cattolica. Che la Chiesa per prima sa bene essere una
finzione, sicché proprio per cercare di mantenerla in piedi non può fare altro
— come sta facendo in questi giorni in Italia — che raccomandare a se stessa, ancora una volta, il più assoluto
silenzio nel dibattito elettorale in corso.
Fino a qualche anno fa a tale silenzio
della Chiesa corrispondeva tuttavia la voce dei cattolici. Che per molto tempo
è stata una voce ben udibile in grande prevalenza a favore del centrosinistra
(come voce: quanto al voto le cose stavano probabilmente in modo diverso).
Dopo la fine della Democrazia cristiana,
infatti, esponenti importanti vecchi e nuovi del mondo cattolico, spesso della
stessa Dc, si sono schierati sì con il Pd, ma sempre nella sostanza come dei
puri vassalli fiancheggiatori. Con la speranza forse di dare un’anima cristiana
a una sinistra rinnovata, e che dal naufragio della Prima Repubblica potesse salvarsi
la cultura politica comunista e il suo partito, i quali della Prima Repubblica,
invece, avevano condiviso in pratica tutto; fino al 1989 anche le tangenti.
Commettendo, insomma, l’errore di credere ingenuamente al mito della
«diversità» che il Pci aveva costruito di se stesso; e quindi di pensare che
una volta eliminato l’ostacolo rappresentato dalla Dc l’arrivo al potere
dell’ex Pci e dei suoi uomini avrebbe rappresentato l’inizio di chissà quale
rinnovamento del Paese.
L’evidente fallimento di questo disegno ha lasciato i cattolici italiani
come si trovano oggi: di fatto politicamente muti, incapaci di una iniziativa
autonoma. Per acquistare la quale dovrebbero convincersi ad accettare due
condizioni. Innanzi tutto quella di muoversi sul terreno della politica al di
fuori di qualunque ispirazione/tutela/patronage da parte della Santa Sede o
della Chiesa italiana (entrambe evidentemente disinteressate, impossibilitate o
in altre faccende affaccendate); in secondo luogo accettare in modo esplicito
di non ambire a rappresentare né un qualche movimento né il tutto — il mitico
«mondo cattolico» che implica l’obbligo di stare nella posizione di un ormai
inesistente «centro» — ma di essere
necessariamente solo una parte, di destra o di sinistra, e magari decidersi
a farlo unendosi anche a chi proviene da fedi o culture politiche differenti ma
non incompatibili.
La vicenda dei cattolici italiani è stata troppo importante e ricca di risultati, ancora oggi essi annoverano troppe energie, volontà, capacità, perché tutto sia consegnato definitivamente a un passato senza futuro.
ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
Da il corriere della sera
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