MASSIMO GANDOLFINI (*)
L’assenteismo, l’indifferenza, la rassegnazione, la delusione paralizzante, la resa di fronte al “male” non possono abitare nel cuore di chi crede in quel valore civico che si chiama “responsabilità”.
La vita, la famiglia naturale e
la libertà educativa – i tre pilastri su cui si fondano i diritti umani e,
quindi, la civiltà di un popolo – in questi giorni di scelte
elettorali, hanno due nemici, entrambe molto pericolosi: la cultura radicale di
sinistra da una parte, e l’assenteismo al voto dall’altra.
Ovviamente c’è differenza fra i due: la prima sostiene
attivamente proposte che vanno in direzione opposta rispetto alla difesa della
vita – basti pensare alla “morte volontaria medicalmente assistita” o alla
promozione dell’aborto chimico “fai da te” e alla legalizzazione della cannabis
– la seconda ha il sapore della rassegnata accettazione di fronte a qualsiasi
nefandezza, rifugiandosi nell’alibi del “già non cambia niente!”. In questi
giorni, dopo battute varie sul meteo e calura, la frase più ricorrente è,
purtroppo, “inutile votare, perché già non cambia nulla”. Brutta storia, perché
la vera arma che il cittadino ha in mano, in un paese democratico, è proprio il
voto.
Con il voto – nel segreto della cabina elettorale
(“dove Dio vede, e Stalin no”, ci ammoniva Giovannino Guareschi) – ogni
cittadino ha il potere di scegliere il partito e il candidato (anche se non
direttamente) che rappresentano al meglio i propri valori e principi.
Quelli sui quali vorrebbe vedere costruito il futuro del Paese.
Sarebbe bene che ci ricordassimo quanto sangue e lacrime è costato ai nostri
nonni e padri il diritto/dovere al voto, e dunque quanta pericolosa
superficialità occupa la nostra mente nel momento in cui, magari con
supponenza, vi rinunciamo. Con l’aggiunta che l’esperienza ci insegna che gli
adepti dei partiti della sinistra che – come tutti stiamo osservando anche in
questi giorni – sostengono programmi di “diritti civili” di segno opposto
rispetto ai tre pilastri menzionati in apertura, certamente non diserteranno le
urne.
L’assenteismo,
l’indifferenza, la rassegnazione, la delusione paralizzante, la resa di fronte
al “male” non possono abitare nel cuore di chi crede in quel valore civico che
si chiama “responsabilità”. Si è responsabili per il bene
come per il male, per l’azione colpevole come per la passività rassegnata. E
ancor più se siamo o crediamo di essere cristiani. La Dottrina Sociale della
Chiesa parla molto chiaro: “Quando l’azione politica viene a confrontarsi con
principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso, l’impegno
dei cattolici si fa carico di responsabilità … E’ il caso di leggi civili in
materia di aborto, eutanasia … “(Nota dottrinale sull’impegno e comportamento
dei cattolici nella vita politica, 2002).
Il
cristiano, dunque, ha il dovere anche morale di partecipare alla costruzione
della “polis”. Consapevoli che il Regno dei Cieli appartiene alla
dimensione ultraterrena, in cui avranno pieno compimento il Bene e la Verità,
non per questo possiamo sentirci esenti dal dovere di fare ogni sforzo perché
la giustizia, la libertà e la pace possano realizzarsi nel tempo e nello spazio
in cui si colloca la nostra esistenza.
San Giovanni Paolo II nell’ Enciclica
Sollecitudo Rei Socialis (1987) ha indicato con chiarezza
la via da seguire: partendo dalla conversione del cuore – personale, intima,
spirituale -si deve arrivare a fermare e contrastare le “strutture di peccato”
in cui il male morale, istituzionalizzato, imposto dal potere politico, viene
promosso come un bene e un diritto per lo sviluppo di una società moderna e
“felice”, perché finalmente libera e affrancata da limiti di ogni genere. Chi
cade in questa trappola sono nostri concittadini e fratelli/sorelle che
l’indottrinamento social-mediatico ha di fatto corrotto e confuso nel cuore e
nella mente: “il tragico oscuramento della coscienza collettiva” di cui ha
parlato Giovanni Paolo II (EV.70).
Come nel recente passato l’ubriacatura nazifascista e
comunista ebbero il potere di soggiogare milioni di persone, scardinando le
famiglie e legittimando delitti atroci, oggi – con strumenti e metodi non
cruenti, ma non meno dannosi ed efficaci –
è in atto un progetto di rifondazione di tutto ciò che è umano e naturale, nel
nome di una fluidità morale che impone l’assurdo come verità indiscutibile.
Abbiamo le forze per opporci? Abbiamo grandi capitali o
finanziamenti per garantire il diritto alla vita di ogni bimbo, di ogni malato,
di ogni disabile e per fermare la campagna d’odio contro chi difende valori non
negoziabili? La risposta è fin troppo facile: non ne abbiamo. Ma non siamo
totalmente disarmati.
Abbiamo
la forza morale che abita nei nostri cuori, abbiamo la
forza della verità che abita nelle nostre menti e abbiamo l’arma democratica
del voto, con il quale possiamo tentare di bloccare e magari di convertire il
trend politico in atto. E se in cuor nostro abbiamo lucida consapevolezza che
nessuna forza politica incarna la totalità dei nostri principi, con altrettanta
lucidità è facile individuare chi fa della lotta a quei principi la propria
bandiera di partito e il proprio programma di governo: a queste istanze “non è
mai lecito conformarsi … né dare il suffragio del proprio voto” (AAS 66/1974).Massimo Gandolfini
Non possiamo – e non
dobbiamo – perdere la speranza che, come insegnava S. Agostino, “ha due bellissime figlie: lo sdegno e il
coraggio. Lo sdegno per quanto accade di male accade intorno a noi e il
coraggio per cambiare”.
Oggi, in questi giorni, vuol dire uscire di casa, accettare
qualche scomodità, vincere inerzia e delusione, contrastare ogni rassegnazione
e andare a votare, perché vita, famiglia
e libertà si difendono anche con il voto. L’assenteismo è una pessima
scelta che lascia campo libero a quel “politicamente corretto” che tanti
disastri sta facendo nel nostro Paese.
(*)Presidente dell’Associazione Family DAY.
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