sabato 13 agosto 2022

IN ITALIA IL #PRESIDENZIALISMO C’È GIÀ (E NON È MOLTO DEMOCRATICO).


LEONARDO LUGARESI

In attesa dell’entrata in scena dei magistrati – che in tanti prevediamo e una certa parte politica agogna, e la cui tempistica credo dipenda dal “combinato disposto” (come direbbero lorsignori) delle ferie giudiziarie e della maggior efficacia elettorale presunta – lo spettacolino di questa inutile campagna elettorale si trascina stentatamente, con piccole trovate di corta durata e ancor più scarso impatto sul pubblico.


Quella di ieri è una polemicuzza sul presidenzialismo, innescata da un’improvvida dichiarazione di Berlusconi il quale ha evocato – blasfemo! – le dimissioni di Mattarella come conseguenza politica della riforma costituzionale della presidenza della repubblica auspicata dal centrodestra. Naturalmente non so se Berlusconi l’abbia detto apposta o l’abbia semplicemente “fatta fuori dal vaso”, come si dice dalle mie parti (e come, con l’avanzare dell’età, è sempre più facile che accada, anche fuor di metafora).

 In linea di massima, si dice che negli affari del mondo valga il principio che “se si vuole praticare il vizio, la prima cosa è parlar bene della virtù” (non ricordo chi l’abbia detto: forse La Rochefoucauld?), quindi se uno volesse veramente le dimissioni di Mattarella dovrebbe cominciare col dire che mai e poi mai egli dovrebbe dimettersi: proprio come ha fatto quel santuomo, che, volendo restare al Quirinale per altri sette anni, ha giurato e spergiurato per mesi e mesi in tutte le lingue che mai e poi mai avrebbe accettato una riconferma: non provassero neanche a fargliela una proposta indecente del genere … poi quando gliel’hanno fatta per davvero ha subito accettato, con una faccia che a me pare rivelasse, come direbbe Manzoni, una contentezza in gran parte sincera.

Comunque, tutto questo non ha alcuna importanza. Nel contesto di una campagna elettorale assolutamente surreale, in cui si parla di cose che non esistono e non si discute affatto, anzi si esclude programamticamente di dire alcunché sul problema più urgente e grave che abbiamo, cioè la guerra (la guerra!), nulla è importante. Però per decenza bisognerebbe almeno riconoscere pubblicamente ciò che è evidente a chiunque guardi la realtà del sistema politico vigente in Italia, lo confronti con quello della cosiddetta “prima repubblica“ e conosca il testo della costituzione: da molti anni noi siamo già in un regime politico a forte connotazione presidenzialistica, solo che il processo di cambiamento della costituzione materiale è avvenuto in maniera surrettizia, senza dibattito politico, senza correttivi, contribuendo perciò (insieme ad altri fattori, beninteso) alla limitazione della sovranità popolare, solennemente sancita dall’art. 1 della carta costituzionale come suo principio fondamentalissimo e ormai ridotta a vuoto simulacro.

Che il Quirinale sia il vero centro del potere, nell’attuale sistema costituzionale, è noto a tutti; nessuna persona decente potrebbe negare che il presidente della repubblica svolga ormai da tempo non più soltanto le funzioni di rappresentanza e garanzia che esercitava un tempo, ma contribuisca in modo determinante all’indirizzo del governo del paese, quando non lo determina tout court, come si è visto in almeno un paio di occasioni negli ultimi anni.

Nessuna persona decente, perciò, può negare che, essendo praticamente impossibile un ritorno della presidenza della repubblica entro gli antichi confini, la sua elezione diretta da parte del popolo sovrano e una ridefinizione chiara e formalizzata dei suoi poteri (e, si noti bene, delle sue responsabilità, perché in uno stato di diritto alla determinazione del potere va sempre congiunta quella della responsabilità che ne consegue) non sarebbe affato un attentato, bensì un ripristino della sovranità popolare. Avere una costituzione formale così fortemente caratterizzata dalla centralità del parlamento, per cui in teoria noi saremmo una repubblica iper-parlamentare, e una costituzione materiale in cui, al contrario, il parlamento non decide quasi più nulla e il presidente della repubblica conta moltissimo, è una cosa che certamente fa male alla democrazia.

Ecco, dopo quello della guerra quello della democrazia sarebbe un altro tema imprescindibile di dibattito, in un paese in cui si svolgesse una vera competizione elettorale. (Anzi, forse no: perché se ci fossero vere elezioni in grado di determinare veramente il governo del paese, significherebbe che in quel fortunato paese la democrazia esisterebbe veramente e quindi non sarebbe un problema).

 

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