LEONARDO LUGARESI
Il
punto non è che si voleva chissà quale panegirico di Benedetto XVI (presumo
anzi che Joseph Ratzinger non avrebbe gradito alcuna enfasi sulla sua persona).
Né che le cose dette da papa Francesco nella sua brevissima omelia, peraltro
costruita su quattro citazioni da discorsi del predecessore, diano adito di per
se stesse a qualche obiezione. Sono anzi ineccepibili.
Il punto è che, nella vita umana, le circostanze contano, eccome. Ci sono cose che, in certi momenti, non si possono non fare o non dire. La circostanza di oggi, il funerale di un papa celebrato dal suo successore, era eccezionale ed esigeva un comportamento adeguato.
Il papa, prendendo la parola, non poteva esimersi dal dovere di interpretare il senso dell’attuale momento della vita della chiesa, offrendo autorevolmente ai fedeli una chiave di lettura del pontificato di Benedetto e del proprio, visti nel loro problematico rapporto. Doveva farlo proprio perché esiste – come si fa a non vederla? – una discontinuità tra l’uno e l’altro pontefice che è un problema grave, da un punto di vista cattolico. Occorreva perciò illustrare, se vi sono, le ragioni di una continuità più profonda e nascosta che salda e salva l’istituzione, al di sotto dei contrasti apparenti. Oppure assumersi coraggiosamente la responsabilità della rottura introdotta, rispetto a tutta la tradizione precedente, salvando però la stima per l’operato del defunto e valorizzandolo per quanto possibile.In
ogni caso, oggi Francesco non poteva evitare di affrontare Benedetto
XVI parlando seriamente della sua persona e della sua opera. Poteva
forse non farlo per tutto il resto di questi quasi dieci anni, pensando di
cavarsela con le battute elogiative sul “nonno saggio” e la persona gentile a
cui si vuole tanto bene. Oggi no. Purtroppo, qualunque cosa si pensi
dell’omelia di Francesco (e in generale del suo comportamento in questo
frangente), mi pare indiscutibile che si è trattato di un discorso
assolutamente generico, che sarebbe andato bene per qualsiasi altro defunto,
anzi fruibile quasi senza modifiche per ogni altra occasione. Un “discorso di
circostanza”, ma non un discorso che prendeva sul serio la circostanza. Così però,
nell’ottica della “chiesa di papa Francesco” Benedetto diviene definitivamente
una presenza residuale e scomoda, un problema irrisolto di cui si spera di
essersi sbarazzati. (In realtà, io credo e mi auguro che conterà assai più da
morto che da vivo, nell’esperienza della chiesa).
Posso
immaginare alcuni dei motivi per cui Francesco non era in grado di fare ciò che
oggi avrebbe dovuto fare. Resta però il fatto che quello di oggi è un atto
mancato. Tra il papa morto e il papa vivente, è quest’ultimo che oggi è
sembrato più mancante. E non è un bene per la chiesa.
5
gennaio 2023
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