venerdì 1 settembre 2023

I CATTOLICI IN POLITICA.

GIOVANNI COMINELLI

 Il percorso di Cl e la necessità di costruire un nuovo “spartito”(con una nota finale del Crocevia)

Se la coincidenza tra il Meeting ciellino di Rimini e la pubblicazione del libro di Marco Ascione “La profezia di CL”, per le edizioni “Solferino” del Corriere della Sera, sia l’effetto di un complotto demo-pluto-massonico dello stesso giornale, ormai diretto da “comunisti”, secondo Antonio Socci, a noi importa veramente poco.

Preso atto del peso che la Fraternità di Comunione e Liberazione ha esercitato nella Chiesa italiana, nella società civile italiana e nella politica lombarda, è più importante vagliare il discorso. Perché, in ogni caso, esso parla del presente/futuro prossimo del Paese, anche se lo fa “sub specie historica”. Per i complotti, a più tardi…

Prodi e Bindi
La tesi di Ascione è la seguente: Julian Carron ha traghettato CL dalla “presenza” alla “scelta religiosa”. “Scelta religiosa” significa che, in materia di fede, i credenti obbediscono ciecamente alla Gerarchia, ma in politica sono autonomi. È lo schema-Maritain. Sono i “cattolici adulti” di Prodi.

“Presenza” significa che l’esperienza della fede e la dottrina di fede non lascia fuori nulla della vita, politica compresa. E quindi il Magistero ha l’ultima e definitiva parola, anche in politica. Nulla di nuovo. È la riproposizione della dialettica tra De Gasperi-Montini da una parte e Gedda-Curia vaticana degli anni post1943. La Lettera che Julian Carron manda a Repubblica il 1° maggio 2012, in cui chiede perdono per i comportamenti degli uomini di potere della Fraternità, leggi Formigoni, segnerebbe il ritorno di CL alla “scelta religiosa”, che don Giussani a suo tempo aveva fortemente combattuto, nel nome, appunto, della “presenza”. La tesi di Ascione non è né filologicamente né storiograficamente fondata.

Quando fu fondato Movimento Popolare, il 29 maggio 1975 furono don Giussani e lo stesso Formigoni a chiarire, “al fine di evitare gravi equivoci sulla natura ecclesiale del nostro movimento”, che “non esistono candidati di CL, né nelle liste DC, né in alcuna altra lista. Esistono nella lista DC dei candidati che liberamente condividono l’esperienza di CL”. Donde il Giussani del 1977: “Noi di Cl si vorrebbe tutto tranne che diventare un particolare movimento politico, tanto meno un partito”. Donde il Giussani del 1987: “C’è fra tutti noi in quanto Cl, e i nostri amici impegnati nel Movimento popolare e nella Dc, un’irrevocabile distanza critica”.


Il fatto era che CL-MP si sentiva molto di più che “un partito/movimento cattolico”; si viveva come il braccio politico diretto della Gerarchia in campo civile e, quando necessario, anche politico. Lo si vide con chiarezza in occasione del referendum del 1974 sul divorzio. Non il modello De Gasperi-Montini, ma il modello Gedda-Curia. D’altronde, il partito cattolico c’era già. La Balena bianca poteva anche ospitare qualche Giona tra le sue grandi viscere. La Dc pluralista degli anni ’70/’80 era la placenta ideale di questo “ospite inquietante”, che si era legato nei giochi interni ad uno spregiudicatissimo Andreotti – grazie a don Tantardini a Roma – ma che era dotato di una cultura teologica solida e, soprattutto, che era capace di seguito educativo nelle scuole e nelle Università. Anche Moro era venuto al Palalido il 31 marzo 1973 ad ascoltare i giovani rivoluzionari di CL. Era nuovo sangue normanno per la vecchia DC.

La dissoluzione catastrofica della DC, lo scioglimento di MP nel dicembre del 1993 e l’adesione finale al disegno politico di Berlusconi hanno cambiato radicalmente l’ambiente politico in cui si muoveva CL. Si è trovata in mare aperto. Con qualche vantaggio immediato: in Lombardia Formigoni fu presidente della Regione, dal 1995 al 2013. Ma con un handicap sempre più grave: partecipare al declino del berlusconismo, che era già evidente allo scadere della legislatura 2001-06. Sul finire del 2005, quando Roberto Formigoni era stato eletto per la terza volta come Presidente della Lombardia – non erano mancate pressioni anche dall’interno del mondo ciellino, in particolare della Compagnia delle Opere – la gamba sociale di CL – perché egli prendesse atto del declino del berlusconismo e azzardasse un cammino autonomo. Ma già negli anni ’90 Gianfranco Miglio aveva consigliato Formigoni di costruire in Lombardia qualcosa di analogo alla CSU bavarese – Christliche Soziale Union- autonoma rispetto al sistema politico nazionale, minoritaria a Roma, maggioritaria in


Lombardia. A Roberto mancò il coraggio del rischio. Benché nessuno potesse/possa seriamente prevedere quale esito avrebbe potuto avere una mossa coraggiosa di distacco da Berlusconi. Certo, si deve constatare il fatto che il declino di Berlusconi e quello della CL-politica sono andati in parallelo. Così, quando arrivò per Berlusconi il fatale 12 novembre 2011 – giorno delle dimissioni del suo IV Governo – la CL politica si divise: una parte rimase attaccata indefettibilmente a Berlusconi; una parte scelse Mario Monti e poi Letta e qualcuno, in seguito, persino Renzi. Tutto ciò accadeva ben prima della famosa lettera di Carron. Non c’è stata, dunque, nessun ritorno alla “scelta religiosa” dentro CL, ma una frattura politica della “presenza”. Nessuna metamorfosi di CL.

Carron ha continuato a ripetere convintamente la dottrina di don Giussani circa la responsabilità individuale di chi si impegna in politica. Non è CL che ha abbandonato, via Carron, la politica – come sostiene Ascione e con lui, lamentandosene, più di un ciellino – è la politica esistente – in primis Berlusconi – che ha abbandonato CL. La lettera di Carron volava più alto rispetto ai cieli bassi della politica italiana. La violazione pubblica da parte di Formigoni dei voti di castità e povertà ai non credenti importava poco, ma agli occhi di Carron e della sua Fraternità, “il peccato” si trasformava in “scandalo”. Con san Paolo, oggi diremmo: πέτρα σκανδάλου, “pietra d’inciampo”. Pietra che si può rimuovere, qualora il peccatore chieda perdono. Donde la richiesta pubblica di perdono, clamorosa tanto quanto clamoroso, per i credenti, lo scandalo. Lutero raccomandava, con evidente paradosso, “pecca fortiter, sed fortius fide!”. Ma se pubblicamente si esibisce solo il peccato, come si fa a rendere attrattiva la fede? Forse sarebbe più produttivo parlare del fallimento (?) della “CL politica” sullo sfondo del fallimento dell’intero sistema politico-partitico italiano in ordine alle sfide interne e globali del Paese, in ordine alla costruzione della mai intravista Seconda repubblica. L’investimento del collateralismo che la CEI, a guida Ruini, e CL, al seguito, hanno praticato verso Berlusconi non pare sia stato fecondo né ai fini della difesa dei valori cristiani, pur ritenuti non negoziabili, né ai fini di un nuovo Paese, quale promesso dal Cavaliere. La CL politica ha pensato illusoriamente di fare da lievito dell’impasto berlusconiano. Ma la farina berlusconiana si è riempita di tarme prima del previsto.

Sorge una contro-obiezione tutt’altro che infondata: c’erano altri sbocchi possibili di impegno politico per la Fraternità di don Giussani? Forse il primo Prodi, 1996-98? Siamo nel regno della contro-storia virtuale. Impossibile oggi con una sinistra-Schlein!

Sicché, ci si può modestamente limitare qui a due considerazioni.

La prima: la caduta verticale del senso religioso, l’eclissi del Sacro e la crisi del Cristianesimo in Italia, così come nelle società occidentali, minaccia le basi della sopravvivenza della Chiesa e dei suoi movimenti. Ratzinger lo aveva previsto fin dal 1969. Carron e successori possono riproporre o reinterpretare creativamente il lascito teologico di don Giussani, ma questo non basta, per ora, ad invertire una deriva storica epocale. Può solo spronare ad alzare la voce nel deserto. Ed è ciò che la Chiesa e i suoi movimenti continuano a fare. Ma il camminare nel deserto “adagio adagio verso una fontana” è doloroso, a volte si vedono solo miraggi.

La seconda: i credenti possono tentare di costruire non un “partito”, ma un “nuovo spartito”. Il documento del cosiddetto Piano B, presentato al Meeting di Rimini e firmato da un gruppo di intellettuali cattolici, va in questa direzione. Ottime idee, alla ricerca di gambe socio-culturali e politiche su cui camminare.

Giovanni Cominelli

Nota a margine del Crocevia:

 Il movimento di CL, anche coi suoi travagli, la sua ricerca di fede e vita in questo mondo, le sue opere, gli eventi che ha saputo generare,anche con i deragliamenti e sbagli di propri aderenti, continua molto più di altri a interrogare una Chiesa che continua a capire con fatica i movimenti,  in questo momento in cui tracima ovunque un vuoto cosmico di idee e ideali. Certo, c'è anche chi spera CL sparisca. Ma a questo penserà Qualcun Altro, se vorrà, a prescindere da complotti veri o presunti o da incoerenze o pulsioni autolesioniste degli stessi ciellini.

Abbiamo tutti da imparare e rimetterci in discussione, ma soprattutto abbiamo da capire - quelli che l'hanno "ricevuto" gratis - il grande dono di don Giussani, che ci è giunto in questa storia umana. La sfida non è regolare conti o appropriarsi di inconsistenti e presuntuosi meriti e ruoli. Ma rivivere e ridirsi le ragioni, di mente e di cuore, fortemente e inevitabilmente personali, per cui si resta vivi e fedeli, certi e umili in un grande cammino, che non ci è stato rubato in alcun modo, nonostante molti "idoli" e relative idolatrie personalistiche vadano e siano andate in frantumi. Per questo il momento è, nonostante tutto, positivo.

E non serve un nuovo Piano B.


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