Mons. Giampaolo Crepaldi
[Di seguito il testo dell’intervista di Martina Pastorelli al vescovo
Giampaolo Crepaldi pubblicata ieri 14 dicembre 2023 dal quotidiano “La Verità”,
pagina 5, con il titolo “Il caso ONG? La carità senza verità fa danni”].
L’inchiesta della Procura di Ragusa sul traffico di migranti clandestini di
cui questo giornale sta dando conto in solitaria, ha gettato una luce sinistra
sull’impegno sociale di tanti esponenti ecclesiali e rischia di essere la
goccia che fa traboccare il vaso di una credibilità da tempo in esaurimento:
molte persone sono disorientate e tra i cattolici cresce lo sconforto nel
vedere che, davanti alle sfide del presente, la Chiesa di Roma sembra vivere un
momento di debolezza e una sorta di crisi di identità rispetto al pensiero
mondano.
L’ostinato rifiuto a riconoscere la gravità della situazione da parte dei
chierici coinvolti nello scandalo dei finanziamenti alla Ong di Luca Casarini –
dal presidente della Cei in giù – peggiora le cose, e va ad aggiungersi a una
diffusa perplessità di fronte al misterioso allineamento del Vaticano sui temi
dell’agenda mondialista: ultima in ordine di tempo la teoria del riscaldamento
climatico causato dall’uomo, con la quale si ribalta l’antropocentrismo
cristiano.
Nel silenzio desolante delle gerarchie si staglia una delle sue voci più
autorevoli: quella di monsignor Giampaolo Crepaldi, che prima di essere
nominato da papa Benedetto XVI Vescovo di Trieste (ora è emerito), aveva
guidato il Pontificio consiglio della giustizia e della pace, ed è uno dei più
profondi conoscitori della Dottrina Sociale della Chiesa. Su questa fase
particolarmente difficile, Crepaldi ha accettato di fare chiarezza. Le sue
parole vanno lette attentamente poiché delineano un quadro grave, con la Chiesa
che si adegua alle nuove emergenze create artificialmente, smarrisce la sua
missione salvifica conformandosi e riducendosi ad agenzia etica, dimentica come
debbano coniugarsi verità e carità per essere autentiche, ed è incapace di
discernere sui fini finendo per stringere alleanze improvvide (caso
Mediterranea docet). Il prelato ricorda anche una cosa molto
importante, ovvero che non esiste il positivismo cattolico, il che implica che
non tutto quello che viene insegnato dall’alto coincide con la verità. Infine,
delinea una divisione nella Chiesa che non tocca solo qualche tema specifico ma
l’intero impianto della fede.
Eccellenza, che cosa sta succedendo?
«Credo che le difficoltà del momento derivino in particolare dall’ansia
pastoralista che rischia di venire anteposta alla luce della dottrina. Il
giusto desiderio di esserci, di fare, di incontrare il mondo e di collaborare
rischia di diventare criterio in se stesso, piuttosto che illuminata applicazione
di un criterio dottrinale».
In questa fase di emergenza perenne l’Occidente sembra essere in balia di
un centro di potere sovranazionale che bypassa il volere dei popoli: è a
rischio la democrazia delle nostre società? E quale dovrebbe essere, in questa
situazione, il ruolo della Chiesa?
«Su questo argomento faccio mie le analisi e le conclusioni che
l’Osservatorio cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa ha di
recente espresso nel suo Rapporto annuale dedicato a “Un Deep State planetario,
la politica governata dall’ombra”. Esiste un sistema globale e coordinato che
mette a rischio non solo la democrazia, dato che intende riplasmare una nuova
umanità. La Chiesa, io penso, dovrebbe affrontarlo criticamente».
Questa nuova oligarchia mondiale mira a una società fondata sulla
tecnologia e su una morale ambiguamente umanistica, post-naturale e
post-cristiana. A questa pressione, che vuole la distruzione della natura e
della soprannatura, i cattolici, laici e uomini di Chiesa, si adeguano o
tentano di opporsi?
«In generale prevale l’adeguamento, anche se esistono realtà del mondo cattolico le quali sono contrarie al nuovo globalismo che sradica gli individui dalle società naturali, si oppongono a una unica religione universale delle buone pratiche come già voleva Immanuel Kant e poi illuminismo e massoneria, e sono critiche sulle nuove emergenze costruite artificialmente e le nuove conversioni richieste – e spesso imposte – dal potere politico».
Quali conseguenze comporta il fatto che oggi la Chiesa sembra relegata al
ruolo di agenzia caritatevole mentre la fede pare ridotta a buone pratiche
sociali?
«Comporta il pericolo che essa perda di vista la sua unicità salvifica e
che diventi una delle tante agenzie di etica sociale secondo i desideri del
mondo. Capita così che nella festa dell’Immacolata Concezione, come è successo
lo scorso 8 dicembre, ci si limiti a dire che Maria Immacolata si opporrebbe
oggi al “femminicidio”».
Questo sbilanciamento su certi temi – penso all’immigrazione – fa incappare
in strumentalizzazioni, come accaduto nella vicenda dei finanziamenti
ecclesiali all’Ong di Luca Casarini, imputato per favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina. Cosa ha pensato nel leggere i commenti
sprezzanti degli indagati verso i suoi confratelli, ai quali veniva chiesto
continuamente danaro?
«Credo che, come suona il titolo dell’enciclica di Benedetto XVI “Caritas
in veritate”, bisogna sempre fare la carità nella verità, oltre che,
naturalmente, il contrario. Ho l’impressione che nella vicenda da lei ricordata
ciò non sia stato fatto in modo adeguato».
Tra i protagonisti delle chat che rivelano i maneggi per ottenere fondi,
c’è il cappellano della Mare Jonio, don Mattia Ferrari (che agli attivisti
suggeriva pure le formule da scrivere: «Voi ci avete detto che noi facciamo
l’opera di Dio? Se volete che questa opera di Dio continui, ci servono i
finanziamenti»), il quale ha finito per coinvolgere – e dunque esporre – non
solo cardinali e vescovi ma persino la figura del Santo Padre. Quanto danno
crea tutto ciò presso i fedeli?
«Nella Chiesa di oggi si è fatta strada l’idea che si possa collaborare con
tutti. Questo però non è vero, perché ad unire le persone in una comune azione
sono i fini e se i fini discordano è bene non collaborare. La valutazione dei
fini, però, richiede criteri dottrinali e non solo pratici».
Alle «Tavole di Assisi» lei ha ricordato le parole di Benedetto XVI:
«Cristo accoglie tutti ma non accoglie tutto»: perché invece oggi la Chiesa
collabora con persone, realtà e associazioni che promuovono pratiche in aperto
contrasto con la dottrina, come aborto od omosessualità? Come mai tante realtà
cattoliche fanno propria l’Agenda Onu per il 2030?
«Come già accennato, se vogliamo andare ancora più a fondo bisognerebbe
esaminare le trasformazioni teologiche avvenute specialmente nel campo della
teologia morale, in particolare il concetto di peccato come “inadeguatezza”,
per cui tutti saremmo sulla buona strada, solo che alcuni sarebbero più avanti
e altri più indietro. Ma nessuno fuori».
Oggi la voce della Chiesa si unisce a quella delle istituzioni che parlano
di cambiamento climatico di origine antropica dando così l’impressione di
avallare drastiche soluzioni, in nome di un’ideologia che vede la persona come
elemento di disturbo per l’ecologia naturale. Che cosa ne pensa?
«Certamente le ideologie dell’ambientalismo e del climatismo ad origine
umana hanno come scopo, perfino da loro non troppo nascosto, di eliminare il
primato dell’uomo derivante dal suo essere ad immagine di Dio. Ci sono anche
correnti teologiche che negano la “gerarchia dell’essere”. Le dottrine
dell’antispecismo o movimenti come Extinction rebellion pretendono la fine del
primato dell’uomo. Simili posizioni non sono compatibili con la dottrina
cattolica».
In una recente intervista a questo giornale il vescovo statunitense Joseph
Strickland ha parlato di un “programma” che verrebbe da alcuni ambienti
vaticani che è in contrasto con il Vangelo e il deposito della fede. Lo pensa
anche lei?
«L’espressione da lei adoperata di “ambienti vaticani” fa riferimento a
singoli uomini di Chiesa che hanno una particolare formazione teologica e
condividono tra loro l’idea di dover far fare alla Chiesa alcuni passi che su
alcuni punti sembrano contrastare con la tradizione e il deposito della fede.
Cosa pensare? Da un lato bisogna ricordare che non esiste un “positivismo
cattolico” per cui tutto quanto viene insegnato dall’alto sia anche
automaticamente vero. Dall’altro che gli uomini si agitano, ma è Dio che li
conduce».
Dentro la Chiesa, sia nella gerarchia che tra i fedeli, si registra una
progressiva radicalizzazione che ne mette sempre più in pericolo l’unità, tanto
che si parla del rischio di uno scisma: le pare concreto?
«La Chiesa è una sola, ma in questo momento le tensioni sono molto forti e
investono tutti i livelli ecclesiali. C’è una forte contrapposizione, che
spesso rasenta l’incomunicabilità, che non riguarda solo qualche tema specifico
ma l’intero quadro della fede cattolica. Questo contrasto era rimasto a lungo sotterraneo,
ora è esploso».
C’è un problema di fede anche tra prelati?
«C’è il problema di come intendere la fede».
Martina Pastorelli
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