DICEMBRE 2023
Contro il totalitarismo del potere, il totalitarismo dell’amore.
A pochi giorni dal
Natale, una meditazione di mons. Camisasca sulla radicalità nella sequela di
Cristo.
Quest’anno – forse perché mi trovo
in una stagione nuova, decisiva, della mia vita – l’approssimarsi del Natale mi
porta a considerare la radicalità che Cristo, dolcemente e decisamente, chiede
a chi lo vuole seguire.
Non è una considerazione moralistica: mi è molto chiaro che sbaglierò sino
all’ultimo.
È invece una riflessione che riguarda la strada verso la felicità. Chi vuole
godere di Cristo, non può barattarlo con nessun altro godimento. Il gaudium,
la gioia che è Cristo, riempie di gioia le ore della giornata, ciò che
incontriamo e tocchiamo.
Non si possono servire due padroni, non ci si può voltare a salutare la vita
passata, non conviene lasciare per un istante l’aratro, non si può amare
nessuno (nemmeno il padre o la madre) più di Lui. E allora potremo amare tutto
ciò che merita di essere amato.
Il bambino è stato da subito segno di contraddizione: attirerà i pastori, farà
tremare Erode. Con lui non si tratta di entrare in un partito (il partito di
Gesù), ma di entrare nel dinamismo dell’amore. Ogni amore è totalitario. O
tutto o nulla. Se non ami Gesù con tutto il tuo cuore, se riservi qualcosa per
te, per una ritirata dell’ultimo momento, non puoi entrare nel mistero della
sua predilezione, della sua sete.
Gesù, durante
la sua vita, ha vissuto questa radicalità e ne ha parlato.
Le sue ore erano interamente un amore indiviso per il Padre. Certo, un amore
inclusivo, ma totale. Il suo correre verso Gerusalemme, il suo passare di paese
in paese, di malato in malato, di persona in persona, di folla in folla, non
era frutto dell’ansia, ma del totalitarismo della carità. Quel totalitarismo
che sa godere anche dei tempi inutili, che sa riposare su un prato con gli
amici.
Al totalitarismo dell’amore si oppone il totalitarismo del potere. Erode lo sa
e Gesù deve fuggire. Lo scontro è rimandato.
A Betlemme Dio si presenta come un bambino, affinché ciascuno, se lo vuole,
possa comprendere che Dio vuol essere disponibile, inerme, verso chiunque. La
sua sete di salvezza riguarda ogni uomo. Solo l’inermità dell’Eucaristia sarà
ancora più radicalità dell’inermità del bambino di Betlemme.
L’Eucaristia, oltre che una realtà, è un suggerimento: ci chiama a una posizione
precisa di fronte al mistero dell’Incarnazione. Mistero della fame e della sete
di Cristo.
La sua sete e fame di noi susciti in noi la sete e fame di Lui.
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