lunedì 29 giugno 2015

INTEGRISMO O CONCEZIONE UNITARIA DELLA VITA?

UN ARTICOLO DI M. CRIPPA SUL FOGLIO HA SUSCITATO ALCUNE REAZIONI CHIARIFICATRICI. LEGGI L'ARTICOLO SUI LINK


1) Ma quale "integrismo", quello è il problema dei nemici del Family Day


Luigi Amicone, direttore di Tempi, risponde alle critiche di Maurizio Crippa
di Luigi Amicone | 27 Giugno 2015 

Al direttore - E’ vero, l’articolo di Maurizio Crippa non è un articolo su Comunione e liberazione, ma è un articolo sul libro di Massimo Borghesi che suppone di mettere cappello “sul pensiero del Gius e, a quanto pare, marca già male in sede di presentazione quantunque ci dovremo sicuramente ricredere dopo una sua attenta lettura. "Integrismo" è il solo problema che non riguarda la piazza del Family day del 20 giugno e che invece riguarda gli avversari diretti e obliqui di quella piazza. Dedurre automaticamente un fare politico dal messaggio cristiano – un problema che Giuseppe Ruggieri affrontò in un pamphlet edito proprio da Cl non so in quale anno di grazia degli inizi Settanta – è tipico di quelle schiere evangeliche che faranno da cornice al gay pride 2015 e, in modi obliqui, di quei cattolici dei buoni sentimenti e delle buone maniere che, come Eugenio Scalfari, nei loro editoriali in dialogo con Io o con papa Bergoglio, trascinano con la fune il Vangelo sul palco dello spettacolo della correttezza politica.

E’ vero piuttosto che, finchè visse Giussani, Cl è sempre stata marchiata di integrismo. E’ altrettanto vero che spronando la sua gioventù alla battaglia e al paragone cristiano in ogni ambiente e in ogni dimensione, politica compresa, Movimento Poplare compreso, Formigoni compreso, Jaca Book di anni Settanta compresa, non per “integrismo” ma per concezione unitaria della vita umana, Giussani non ha mai avuto preoccupazioni di “teologia politica”, di “mediazioni” e di “distinzioni” che – galeotta fu la citazione di Crippa – ebbero invece intellettuali come Giuseppe Lazzati e cattolicesimo democratico a seguire.

Il quale cattolicesimo tanto “distingueva” e altrettanto “mediava” in “autonomia”, che non ha mai perso l’occasione (clericale) di lanciare i propri professori sul ring della politica, delle magistrature e ai vertici dei grandi (e profittevoli sul piano dei redditi) apparati statali, lato sinistra e gesuiti di Bartolomeo Sorge (però venivano tutti da turni quinquennali di studi disperatissimi improntati alla “scelta religiosa”, “i poveri”, “la critica al potere”, “la promozione umana"). Gli intellettuali fanno sempre questa operazione di “mettere cappello”. Ma con Giussani sarà dura. Come ha intuito un mio caro amico del Foglio, perché "Giussani era un uomo all’attacco". Punto. Attacco di ragione, di senso, di affezione. Era un uomo unito e dell’unità. Avrebbe stretto la mano a Kiko Arguello e gli avrebbe chiesto, "cosa possiamo fare?".

2) Ma il 20 giugno in piazza i veri fondamentalisti non c'erano

Il sociologo cattolico Massimo Introvigne risponde alle critiche di Maurizio Crippa e spiega che "la strada fra la Scilla del fondamentalismo e la Cariddi del laicismo e della scelta religiosa è stretta. Ma non strettissima"

di Massimo Introvigne | 26 Giugno 2015 

Caro Crippa,
Il tuo articolo è la critica più intelligente e articolata che ho letto alla manifestazione di Piazza San Giovanni, a fronte di tante sciocchezze e volgarità. Solleva certamente problemi su cui è bene che i dirigenti delle associazioni cattoliche riflettano. Io l'ho fatto e lo faccio, arrivando però a conclusioni diverse dalle tue.

Come sociologo studio il fondamentalismo da qualche anno, e mi appresto a pubblicare un nuovo volume sul tema in autunno, dove mi occupo anche del fondamentalismo cattolico. Preferisco parlare di fondamentalismo e non di integrismo, etichetta che nasce con fini polemici e che presenta problemi di definizione ancora maggiori del fondamentalismo. Quanto a quest'ultimo, fra tante definizioni mi convince questa, che è anche la più usata in sociologia: si tratta di una prospettiva dove la fede assorbe la ragione, e come conseguenza la religione assorbe la politica, ovvero si pretende di dedurre meccanicamente la politica dalla religione. Spesso, come giustamente scrivi, il fondamentalismo porta con sé il clericalismo – in Iran o in Italia – cioè il far guidare la politica dai preti.

Sono d'accordo con te: il fondamentalismo è una tentazione e un errore. C'è anche un errore speculare: il laicismo, che è cosa diversa dalla sana laicità, dove al contrario la ragione assorbe totalmente la fede e ne nega i caratteri specifici, e la politica alza una muraglia cinese nei confronti della religione, richiudendola nelle chiese e nelle sagrestie e negando ai credenti la possibilità di intervenire in quanto credenti nelle grandi questioni politiche e sociali.


Se i credenti si lasciano intimidire dal laicismo, nasce la "scelta religiosa", cioè l'auto-censura per cui si accetta di rimanere rinchiusi nelle sagrestie – o nelle sedi delle associazioni cattoliche – per timore di essere considerati fondamentalisti. Io non appartengo a Comunione e liberazione, ma ricordo come fosse ieri don Giussani esporre questa critica della "scelta religiosa" in una cena a Torino. Naturalmente, si espresse nello stesso senso decine di altre volte.

Eppure il problema che sollevi rimane. Il rischio del fondamentalismo esiste. Il rischio del clericalismo anche, ma non c'entra con piazza San Giovanni, di cui tutto si può dire meno che fosse una manifestazione convocata e guidata da preti e vescovi. Era semmai il contrario: il vero clericale, cioè chi, per dirla con Papa Francesco, era pronto a muoversi solo con l'assenso di "vescovi-pilota" il 20 giugno è rimasto a casa.

Esiste un fondamentalismo cattolico? Sì, oggi esiste, ma per capire come funziona dobbiamo sgombrare il terreno da ogni parallelo troppo stretto con il fondamentalismo protestante. Quest'ultimo pretende di dedurre la politica dalla Bibbia, con i noti problemi che tu segnali quanto agli Stati Uniti. Il nuovo fondamentalismo cattolico non conosce molto la Bibbia, preferisce il Catechismo – quello di San Pio X, però, non quello di San Giovanni Paolo II, anzi nega persino che Giovanni Paolo II sia santo – e vorrebbe dedurre la politica da una nozione ipostatizzata di Tradizione cattolica, che sarebbe grosso modo quanto la Chiesa insegnava appunto all'epoca di San Pio X e comunque prima del Vaticano II.  Ora non è obbligatorio leggere i blog di questo fondamentalismo, che ha al suo centro gli eredi di monsignor Lefebvre ma non si riduce a questi: anzi, è una lettura che sconsiglierei vivamente a chi non li segua per ragioni di studio. Io lo faccio, e il problema è che tutto questo mondo invitava a non andare a Piazza San Giovanni e attaccava - oggi continua a farlo - gli organizzatori con toni spesso violenti e inurbani.

Perché costoro a Piazza San Giovanni non c'erano? Precisamente perché sono fondamentalisti. Vorrebbero dedurre le leggi dal Catechismo di San Pio X. Non erano in piazza perché sapevano che la piazza non sarebbe stata contro le persone omosessuali, ma solo contro leggi giudicate nocive al bene comune. Chi sono io per giudicare gli omosessuali? Ma chi sono io per non giudicare le leggi, venendo meno al mio dovere di cittadino prima ancora che di cristiano?

I fondamentalisti sono dunque stati a casa, così come i clericali e i sostenitori della scelta religiosa. Ma allora in piazza chi c'era? La risposta è semplice. I cattolici normali, fedeli al Papa e al Magistero, che non sono né fondamentalisti né proni al laicismo, che non vogliono confusioni fra religione e politica ma nemmeno separazioni assolute, e trovano nella dottrina sociale della Chiesa la via media della collaborazione nella distinzione e nel rispetto delle rispettive autonomie delle due sfere.

Hanno torto anche il mio collega sociologo Marco Marzano, «sociologo-pilota» di tante interpretazioni del 20 giugno, e Pierluigi Battista. Non ci sono due Chiese, quella che sta con Papa Francesco è quella che è andata, con tanti non cattolici, a Piazza San Giovanni. Sono la stessa Chiesa, dove naturalmente convivono sensibilità diverse. I nemici fondamentalisti di Papa Francesco esistono: ma sono quelli che a Piazza San Giovanni avevano invitato a non andare.

Se per timore di essere chiamati fondamentalisti rinunciamo a fare politica cediamo al laicismo. Se per timore di cedere al laicismo ci lasciamo sedurre da slogan massimalisti che deducono la politica dalla religione torniamo al fondamentalismo. La strada fra la Scilla del fondamentalismo e la Cariddi del laicismo e della scelta religiosa è stretta. Ma non strettissima. Ci sono passate un milione di persone.


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