Nel suo libro Fede e politica dei principi non negoziabili,
scrive che “nella mente di tanti cristiani” non esiste più il concetto di
militanza cattolica. La Rerum Novarum è minata dunque a causa
di una certa ritrosia del mondo cattolico a promuovere la dimensione pubblica
della fede?
Leone XIII e la militanza cattolica |
Il concetto di “militanza” sembra appartenere
all’epoca delle ideologie e delle grandi contrapposizioni di paradigmi sociali
che abbiamo vissuto ma che ora sono superate. Anche allora, però, i cattolici non combattevano
tanto contro le ideologie o contro i paradigmi sociali del tempo quanto contro
il male. Si opponevano al male e alla sua istituzionalizzazione politica tramite
le leggi e le politiche appunto. Ora, le
ideologie possono essere finite, almeno nella forma di macrovisioni della
realtà che abbiamo conosciuto in passato, ma il male non è finito. Non è
più portato avanti da eserciti di militanti, sotto bandiere e striscioni, con
marce, simboli, adunanze oceaniche, stampa organica, gerarchie rigide e così
via. Ma è ugualmente portato avanti. Sembra
quasi che la fine delle ideologie dispensi i cattolici dall’impegno non tanto
contro le ideologie quanto contro il male che in altre forme continua ad essere
promosso. E, ciò che conta per il nostro discorso, che continua a venire
istituzionalizzato in leggi e politiche.
Qui si inserisce il discorso della
dimensione pubblica della fede. Molti
la riducono ad una testimonianza personale con la quale i cristiani dovrebbero
“animare” la società e la politica.
Vivendo una vita spirituale personale religiosa intensa e autentica, i cattolici
indirettamente animerebbero anche gli ambiti sociali della loro
presenza, dal lavoro alla scuola, dalla famiglia alla politica. MA QUESTA È UNA CONCEZIONE DEBOLE DELLA
DIMENSIONE PUBBLICA DELLA FEDE.
Partendo da qui si capisce che il
concetto di militanza sia messo da parte, sgradito perché ritenuto troppo
invasivo e prepotente. NON CI SAREBBERO PIÙ MALI DA
COMBATTERE MA SOLO BENI DA TESTIMONIARE personalmente.
Bisogna però chiedersi se le esigenze della dimensione pubblica della fede
non siano anche altre. Il Concilio non
si limita a chiedere ai laici una testimonianza personale di fede vissuta, ma
chiede loro anche di ordinare a Dio le cose del mondo. Ordinare a Dio vuol
dire ordinare al fine ultimo, perché il senso delle cose deriva loro dal fine
cui sono ordinate e ciò vale anche per la
società, la quale è ordinata sì all’uomo, ma non come fine ultimo, come tale
essa è ordinata a Dio. Ordinare vuol
dire mettere in ordine, disporre secondo un ordine. Questo ordine è quello
della creazione ed è quello della ricapitolazione di tutte le cose in Cristo.
Questo richiede non solo una testimonianza personale per essere “sale”, ma un
impegno ad ordinare, anche con le leggi e le politiche, la comunità degli
uomini a Dio. La Dottrina sociale della Chiesa è in fondo lo strumento per
collaborare alla realizzazione del progetto di Dio nel mondo. In questo senso
il concetto di “militanza” non è superato.
Ma ravvede la volontà di rendere vivo e concreto questo concetto?
Come ho già accennato, se partire dal
progetto di Dio sull’uomo e sul mondo viene inteso come proselitismo, violenza,
occupazione di spazi, lesione della laicità e dei diritti della
secolarizzazione, allora l’atteggiamento cambia. Ci si limiterà ad una testimonianza personale in un mondo pluralista,
senza più pretese di ordinamento e di militanza. Per alcuni teologi che non
si rifanno ai presupposti filosofici e teologici a cui si rifaceva di Leone
XIII, il mondo è il luogo in cui Dio si rivela nel cammino della storia
dell’umanità a cui anche la Chiesa appartiene. Questa deve, quindi, stare
pienamente nel mondo, imparare dal mondo, camminare insieme con tutti sapendo
che in questa storia non ci è mai dato di vedere pienamente la verità. Per questo motivo sparisce la stessa
necessità espressa da Leone XIII di avere delle associazioni cattoliche a
difesa della prospettiva cattolica considerata nella sua completezza e sparisce
quindi anche il concetto di “militanza”. A ciò si aggiunge un altro elemento. Siccome ogni persona – si dice – è
una realtà molto complessa e nessuna è completamente santa o peccatrice, bianca
o nera, buona o cattiva, ci si deve accompagnare con tutti, discernendo nel
dialogo le vie da seguire e le cose da fare. Credo che sia per questi due
motivi che la militanza oggi viene intesa come atteggiamento settario e quindi
inopportuno.
Tratto da ZENIT, 21 giugno 2016; FEDERICO CENCI
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