giovedì 23 giugno 2016

MONS. CREPALDI, MILITANZA E TESTIMONIANZA

Nel suo libro  Fede e politica dei principi non negoziabili, scrive che “nella mente di tanti cristiani” non esiste più il concetto di militanza cattolica. La Rerum Novarum è minata dunque a causa di una certa ritrosia del mondo cattolico a promuovere la dimensione pubblica della fede?
Leone XIII e la militanza cattolica
Il concetto di “militanza” sembra appartenere all’epoca delle ideologie e delle grandi contrapposizioni di paradigmi sociali che abbiamo vissuto ma che ora sono superate. Anche allora, però, i cattolici non combattevano tanto contro le ideologie o contro i paradigmi sociali del tempo quanto contro il male. Si opponevano al male e alla sua istituzionalizzazione politica tramite le leggi e le politiche appunto. Ora, le ideologie possono essere finite, almeno nella forma di macrovisioni della realtà che abbiamo conosciuto in passato, ma il male non è finito. Non è più portato avanti da eserciti di militanti, sotto bandiere e striscioni, con marce, simboli, adunanze oceaniche, stampa organica, gerarchie rigide e così via. Ma è ugualmente portato avanti. Sembra quasi che la fine delle ideologie dispensi i cattolici dall’impegno non tanto contro le ideologie quanto contro il male che in altre forme continua ad essere promosso. E, ciò che conta per il nostro discorso, che continua a venire istituzionalizzato in leggi e politiche.
Qui si inserisce il discorso della dimensione pubblica della fede. Molti la riducono ad una testimonianza personale con la quale i cristiani dovrebbero “animare” la società e la politica.
Vivendo una vita spirituale personale religiosa intensa e autentica, i cattolici indirettamente animerebbero anche gli ambiti sociali della loro presenza, dal lavoro alla scuola, dalla famiglia alla politica. MA QUESTA È UNA CONCEZIONE DEBOLE DELLA DIMENSIONE PUBBLICA DELLA FEDE.
Partendo da qui si capisce che il concetto di militanza sia messo da parte, sgradito perché ritenuto troppo invasivo e prepotente. NON CI SAREBBERO PIÙ MALI DA COMBATTERE MA SOLO BENI DA TESTIMONIARE personalmente.
Bisogna però chiedersi se le esigenze della dimensione pubblica della fede non siano anche altre. Il Concilio non si limita a chiedere ai laici una testimonianza personale di fede vissuta, ma chiede loro anche di ordinare a Dio le cose del mondo. Ordinare a Dio vuol dire ordinare al fine ultimo, perché il senso delle cose deriva loro dal fine cui sono ordinate e ciò vale anche per la società, la quale è ordinata sì all’uomo, ma non come fine ultimo, come tale essa è ordinata a Dio. Ordinare vuol dire mettere in ordine, disporre secondo un ordine. Questo ordine è quello della creazione ed è quello della ricapitolazione di tutte le cose in Cristo. Questo richiede non solo una testimonianza personale per essere “sale”, ma un impegno ad ordinare, anche con le leggi e le politiche, la comunità degli uomini a Dio. La Dottrina sociale della Chiesa è in fondo lo strumento per collaborare alla realizzazione del progetto di Dio nel mondo. In questo senso il concetto di “militanza” non è superato.
Ma ravvede la volontà di rendere vivo e concreto questo concetto?
Come ho già accennato, se partire dal progetto di Dio sull’uomo e sul mondo viene inteso come proselitismo, violenza, occupazione di spazi, lesione della laicità e dei diritti della secolarizzazione, allora l’atteggiamento cambia. Ci si limiterà ad una testimonianza personale in un mondo pluralista, senza più pretese di ordinamento e di militanza. Per alcuni teologi che non si rifanno ai presupposti filosofici e teologici a cui si rifaceva di Leone XIII, il mondo è il luogo in cui Dio si rivela nel cammino della storia dell’umanità a cui anche la Chiesa appartiene. Questa deve, quindi, stare pienamente nel mondo, imparare dal mondo, camminare insieme con tutti sapendo che in questa storia non ci è mai dato di vedere pienamente la verità. Per questo motivo sparisce la stessa necessità espressa da Leone XIII di avere delle associazioni cattoliche a difesa della prospettiva cattolica considerata nella sua completezza e sparisce quindi anche il concetto di “militanza”. A ciò si aggiunge un altro elemento. Siccome ogni persona – si dice – è una realtà molto complessa e nessuna è completamente santa o peccatrice, bianca o nera, buona o cattiva, ci si deve accompagnare con tutti, discernendo nel dialogo le vie da seguire e le cose da fare. Credo che sia per questi due motivi che la militanza oggi viene intesa come atteggiamento settario e quindi inopportuno.
Tratto da ZENIT, 21 giugno 2016; FEDERICO CENCI


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