martedì 17 marzo 2020

CORONAVIRUS, CIÒ CHE CONTA IN TEMPO DI VITA E DI MORTE

di  Ernesto Galli della Loggia 

La verità è che l’attuale epidemia sta rivelando in modo esplosivo ciò che ogni persona non imbevuta di fantasticherie ideologiche ha sempre saputo
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Dove sono andati a finire — mi domando da giorni di fronte allo spettacolo dei tricolori esposti alle finestre, all’inno nazionale intonato da mille voci — dove sono andati a finire, che cosa hanno da dire quelli de «L’identità italiana non esiste»? quelli che si proclamavano orgogliosamente «Contro le radici»? (sono, alla lettera, i titoli di due libri in commercio)? quelli che fino a ieri proponevano di mettere al bando parole come nazione e nazionalità perché secondo loro contenenti «un potenziale violento pronto a giustificare aggressioni civili e guerre»? (come se nel corso della storia gli esseri umani per scannarsi non avessero utilizzato sempre di tutto, da Dio alla libertà, al socialismo).

Dove sono gli intellettuali — in buona parte storici ahimè — che per anni sono andati sostenendo le idee di cui sopra?

La verità è che l’attuale epidemia sta rivelando in modo esplosivo ciò che ogni persona non imbevuta di fantasticherie ideologiche ha sempre saputo. E cioè che quando arrivano i tempi in cui è questione di vita o di morte (mai espressione fu più appropriata) allora conta davvero chi parla la tua stessa lingua e condivide il tuo passato, chi ha familiarità con i tuoi luoghi e ne conosce il sapore e il senso, chi canta le tue stesse canzoni e usa le tue medesime imprecazioni. Che solo da quello puoi aspettarti (e anche esigere, non chiedere, esigere!) un aiuto generoso e immediato. Non si chiama sciovinismo.

Si chiama nazione, collettività nazionale, sentimento di appartenenza ad essa, e insieme allo Stato che quella collettività tanto tempo fa si è data. Cose che possono restare a lungo nascoste ma che vengono poi fuori a un tratto, all’improvviso: quando è necessario trovare un posto letto con un respiratore, schierare un gruppo di soldati sulle strade, o magari mandare semplicemente un aereo a recuperare qualcuno all’altro capo del mondo e né Lufthansa né Ryanair rispondono al telefono.

Tratto dal CORRIERE DELLA SERA 16 marzo ’20

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