EMILY DICKINSON
Dopo un
grande dolore viene un senso solenne,
stanno
composti i nervi, come tombe,
Il cuore
irrigidito si chiede se proprio lui
soffrì
tanto? Fu ieri o qualche secolo fa?
I piedi
vanno attorno come automi
per
un'arida via
di terra
o d'aria o di qualsiasi cosa,
indifferenti
ormai:
una pace
di quarzo, come un sasso.
Questa è
l'ora di piombo, e chi le sopravvive
la
ricorda come gli assiderati
rammentano
la neve:
prima il
freddo, poi lo stupore,
infìne la
resa
Emily
Dickinson trascorse gran parte della sua vita in un isolamento volontario, tra
tensioni e privazioni, ossessione della morte, desiderio di un Dio assente e
contemplazione della Creazione come manifestazione divina.
I suoi versi,
concepiti nel dolore assumono l’aspetto pesante del piombo o diventano
laceranti come l’attesa e la resa. Dopo un grande dolore, i nervi riposano come
i resti mortali vengono deposti in una tomba. Il prosieguo dei giorni è
monotono, dove anche la pace diventa dura come il quarzo. Per chi sopravvive al
dolore, la vita è un periodo plumbeo, di un’opprimente cupezza. Se ne esce,
prima intirizziti e intorpiditi dal gran freddo della vita, poi increduli e
disorientati, infine l’abbandono e la resa.
Dopo il periodo di piombo, la vita
va avanti. Prima c’è il gelo, poi lo stupore e infine l’abbandono del dolore.
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