martedì 31 marzo 2020

L’UOMO CHE IMPLORA E QUELLO CHE SA GIA’


L’ACCADIMENTO STRAORDINARIO DI PAPA FRANCESCO

L'evento in questione è la preghiera, con benedizione “Urbi et Orbi” di Papa Francesco venerdì 27 marzo  in piazza San Pietro, davanti al crocifisso miracoloso di San Marcello al Corso e all'i­cona bizantina di Santa Maria Maggiore. 



Il gesto ha prodotto un'impressione dirom­pente, a prescindere dall'osservanza reli­giosa. Gabriele Romagnoli su Repubblica ha scritto: "Neppure il giorno in cui uscì dal conclave per presentarsi al mondo ha mai avuto tanti occhi su di sé, tante anime in af­fidamento, tante persone disponibili, fede o non fede, a sentirlo, non ascoltarlo, sentir­lo". Ci saranno state anche le milionate di persone che sfottevano e bestemmiavano contro il popolo dei beghini che credono nella mano divina che ferma la pandemia, ma da una selezione aneddotica dei com­menti e delle timeline è emersa la sensazio­ne che il Papa, in quel momento, abbia det­to qualcosa anche a chi è lontanissimo dalla fede. Un tweet di Federico Ferrazza, diret­tore di Wired, sembra testimoniarlo: "Sono ateo da circa 28 anni. Ma quella immagine è di una forza incredibile. E fa piangere".

Come mai quella circostanza ha saputo comunicare in modo così potente, tanto da commuovere anche chi non crede? La se­quenza cinematografica, si dirà. L'uomo biancovestito nella piazza deserta, il cielo di Blade Runner, la città eterna che trattie­ne il respiro, la fotografia monumentale, la scenografia di Gian Lorenzo Bernini; e poi l'esibizione dell'iconografia cristiana in tutta la sua fisicità da vicino, anzi da vicinis­simo, con il bacio dei piedi del crocifisso sotto la pioggia, l'ostensione del Santissimo al cospetto del mondo. Non abbiamo scoper­to venerdì scorso che Francesco ha vinto a mani basse la competizione delle immagini, quella a cui forse il suo predecessore non ha mai nemmeno voluto partecipare, e pa­zienza se i critici del Papa regnante lo accu­sano di protagonismo e vanità. Ma la capacità di raggiungere i lontani, di dire loro qual­cosa a cui non si crede ma che un po' fa pian­gere, non si spiega solo con una grande sequenza, e si può ipotizzare che ci sia del­l'altro.




Che cos'è questo altro? E' l'immagine, an­zi l'orientamento, della persona umana che Francesco ha rappresentato agli occhi del­l'Urbe e dell'Orbe: era l'uomo che implora, il mendicante che non ha nulla ed è bisognoso di tutto, l'essere fragile che si rivolge a Co­lui a cui anche le acque e il vento obbediscono, come da lettura evangelica scelta in modo perfetto. Il Papa che si prostra questuante, chie­dendo non solo la fine della pandemia ma la felicità umana tutta intera, illustra l'uomo religioso, non solo quello strettamente cri­stiano, e perciò risuona, o può risuonare, anche nell'intimo di chi non crede al dogma, di chi disprezza il precetto, perché de­scrive un atteggiamento umano che d'im­provviso appare ragionevole. Una specie di arrendevolezza che tuttavia convive con il fervore di chi perora una causa urgente.

Venerdì Francesco ha mostrato la diffe­renza fra l'uomo che domanda e l'uomo che sa già. Fra l'uomo che implora e quello che domina e signoreggia, l'essere che determi­na e si autodetermina, alfa e omega del pro­prio destino. In questo senso, ha compito un gesto religioso, prima ancora che cristiano, ché illustra l'atteggiamento proprio della religiosità.

Ora, il coronavirus è affare da scienziati, e la scienza - Dio la benedica - dà indicazioni straordinarie per mitigare gli effetti della pandemia e darà, nel tempo, un vaccino che ci farà esultare e festeggiare co­me si potrebbe esultare e festeggiare per un mondiale vinto contemporaneamente da tutte le nazionali.
Ma nelle circostanze pre­senti non è che il mondo stia sperimentando primariamente quel grande senso di con­trollo e onnipotenza che la modernità ha messo al centro del suo ideale. Sperimenta piuttosto smarrimento, incertezza, solitu­dine, impotenza, urgenza di un senso di fronte al dolore e alla morte.
Di fronte a tutto questo, l'atteggiamento dell'uomo che implora è parso per un momento ragio­nevole anche a chi non crede al Dio a cui il Papa si rivolge. 

MATTIA FERRARESI ILFOGLIO

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