DI MARCELLO VENEZIANI
Siete davvero convinti che tutto il malessere
(o il benessere) degli italiani
dipenda dal Cav e
dalle sue comparsate alluvionali in tv?
Ma siete davvero convinti che tutto il malessere (o il benessere) degli italiani dipenda da Berlusconi e dalle sue comparsate alluvionali in tv?
Siete davvero convinti che l'Italia sia trascinata nel baratro dal declino del suo leader, dato per bollito? Vi siete troppo infognati nella vicenda italiana e non riuscite più a vedere gli scenari più grandi di noi e le ragioni profonde e strutturali del presente.
In Spagna crolla il mito di Zapatero e il suo governo, gli Indignados non reagiscono a don Silvio Berluscones e alla sua Derecha (la destra), ma alla Izquierda (la sinistra) e al suo fallimento; in Germania e negli Stati Uniti, in Francia e in Austria, i governi destrorsi e sinistrorsi perdono consensi. La destra estrema avanza quasi ovunque nel nord Europa perché cavalca il malcontento. Ma lo cavalca, non lo inventa: il malcontento è autentico, diffuso e contagioso.
E noi facciamo risalire il malessere italiano a qualche battuta greve o fuori posto, a qualche eccesso di promesse e di tv, a pur deprecabili intemperanze sessuali o barzellette... In realtà, se alziamo un po' gli occhi, ci rendiamo conto che i veri problemi del nostro Paese sono i problemi del nostro tempo.
La percezione della crisi è globale ed epocale, non può essere casereccia o televisiva. Il precariato, il rincaro della benzina, la diffusa sensazione di un impoverimento, la difficile integrazione dei flussi migratori, l'insicurezza sociale, l'incapacità di uscire dalla crisi dei consumi, gli abusi di sesso e di potere (vedi il caso Strauss-Kahn o la tempesta pedofila sulla Chiesa), colpiscono l'Occidente e i suoi santuari religiosi, laici e finanziari. E noi ci crogioliamo nella nostra domestica anomalìa, pensando che tutto dipenda dai prodotti locali e dai vizi del berlusconismo.
Accecati dai bagliori del nulla nostrano, abbiamo perso il senso del nostro tempo e dell'Occidente. Non siamo più capaci di pensare scenari più ampi, ci siamo chiusi in questo provincialismo malato, domina un pensiero corto e malcavato che in realtà non pensa ma si lamenta o elude la verità attraverso l'invettiva e il capro espiatorio.
Ma davvero credete che facendo saltare il tappo del berlusconismo avverrà la liberazione d'Italia e la salvezza degli italiani, fini¬à il degrado morale e civile e riprenderà l'economia, la salute e l'occupazione? Vi indignano le promesse elettorali della Moratti e di Berlusconi, ma sono poca cosa rispetto alle aspettative enormi che state alimentando sul dopo Berlusconi.
Per carità, la critica politica va esercitata con implacabile rigore, fino in fondo. Ci sono problemi specifici nel nostro Paese che vanno affrontati e denunciati. E viceversa, è doveroso paragonare le offerte politiche sul campo, scegliere mali minori o mali necessari, rispetto a mali peggiori e minacce venture. Ma è tempo di sollevare lo sguardo, allungare il pensiero e non ridurre il malessere generale alla faccia di Berlusconi in tv. Il mondo non finisce ad Arcore.
TRATTO DA IL GIORNALE
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