sabato 28 maggio 2011
IL VOTO DEI CATTOLICI
Intervista a Luigi Amicone
Tratto da L'Occidentale il 25 maggio 2011
Copertina con titolo nero su fondo giallo: “Milano vuoi davvero Zapatero?”. “Tempi” esce così in edicola a cinque giorni dai ballottaggi. Dal suo osservatorio milanese, il direttore del settimanale cattolico Luigi Amicone analizza il rischio che intravede se a vincere fosse il candidato di Vendola: l’applicazione nella capitale economica d’Italia del modello fallito in Spagna. Il modello dei ‘diritti, diritti, diritti’. Il ragionamento si allarga anche al ruolo ‘militante’ di parte della Diocesi meneghina in questa campagna elettorale e agli “effetti” sull’elettorato cattolico delle due proposte di governo cittadino.
Amicone, da che parte stanno i cattolici nella sfida di Milano e Napoli?
Non è possibile identificare oggi da che parte stanno i cattolici, in diaspora da molto tempo, da quando non esiste più il partito unico che era la Dc. Qui a Milano si avverte molto la presenza e il manifestarsi ad esempio di don Virginio Colmegna, già ai vertici della Caritas e oggi uomo-simbolo della Casa della Carità, espressione istituzionale della Diocesi che storicamente, da circa vent’anni, ha una certa propensione a sinistra. Qualora si affermasse il candidato vendoliano Pisapia sarebbe la prima volta che questo orientamento verrebbe ‘istituzionalizzato’.
Ma ci sarà pure nel mondo cattolico chi ha idee diverse.
In realtà la chiesa di base che è la chiesa dei movimenti, delle associazioni è molto più variegata. Non svelo un segreto o dico una novità se affermo che in questi giorni l’area di Comunione e Liberazione è quella più mobilitata nelle piazze e tra la gente, tanti giovani impegnati che talvolta si trovano in imbarazzo a confronto con le espressioni più ‘istituzionalizzate’ della Diocesi che ad esempio fanno volantinaggio nelle chiese a sostegno di Pisapia.
Che aria tira a Milano a cinque giorni dai ballottaggi?
Basandosi solo sui programmi elettorali e non sulle emotività, da una parte c’è la proposta della Moratti calibrata sulla libertà, la sussidiarietà, il riconoscimento dei corpi intermedi, la tutela dei principi eticamente sensibili. Dall’altra, c’è il prevalere del contrario, nel profilo politico e personale del candidato vendoliano. Seppur garbato e uomo di stile come è l’avvocato Pisapia, non dimentichiamo le sue proposte sull’eutanasia. Non solo: programma e compagine di governo dimostrano l’ancoraggio anche culturale ad un modello statalista, improntato al vecchio dirigismo, al fatto che solo loro sanno cosa è bene e male per i cittadini. In buona sostanza, un armamentario che credevamo superato dalla storia nel quale stanno insieme il socialismo dei diritti fallito in Spagna e il solidarismo cattolico più intriso di moralismo dove il cristianesimo non è centrale, ma a prevalere è la psicologia, la sociologia, il terzomondismo.
In caso di vittoria, Pisapia porterà a Palazzo Marino una maggioranza molto variegata, dal radicale Cappato a cattolici che la pensano all’opposto. Come è possibile far convergere idee tanto distanti su scelte strategiche per la città e su valori che per i cattolici dovrebbero essere non negoziabili?
E’ un po’ come la quadratura del cerchio, cioè impossibile. Una compagine di governo così non può durare a lungo. A meno che qualcuno rinunci al proprio pensiero, alle proprie convinzioni, come del resto è storicamente accaduto, quando i cattolici si sono resi strumenti altrui, ultime ruote del carro, benedicenti con l’acqua santa in cambio di un potere personale. Questo è il punto: tutti a parole possiamo definirci cattolici ma il vero cattolico è colui che si mette in relazione, segue le indicazioni della Chiesa cattolica.
Nel suo programma il candidato vendoliano annuncia la costituzione del registro delle unioni civili, parla di corretta applicazione della legge 194 e del potenziamento dei consultori. Qual è la rotta che sta tracciando?
Nella copertina di Tempi che esce domani, domandiamo ai milanesi se vogliono il modello Zapatero, perché è questa la sensazione che abbiamo se dovesse vincere la sinistra. Se c’è una novità nella sinistra socialdemocratica ed europea negli ultimi dieci anni, è stata indicata da Zapatero con la prospettiva della rivoluzione dei diritti individuali. Dietro l’immagine buonista del premier spagnolo abbiamo visto cosa c’è e come è andata; dietro questo aspetto di zapaterismo moderato di Pisapia che certamente è persona perbene e garantista anche se questo aspetto non è emerso molto in campagna elettorale, c’è la storia e il profilo di un ex parlamentare di Rifondazione Comunista e quella di un radicalismo di sinistra che lo sostiene e che sarà vincolante sulle scelte per la città. Non credo che su questa impostazione riusciranno ad avere come vicesindaco un’esponente del mondo cattolico.
Dunque Milano come Madrid?
Qui l’intento è riprodurre un zapaterismo mite, ma la differenza alla fine la farà la componente rifondarola che punterà tutto su ‘diritti, diritti, diritti’.
Se questo è lo schema come fa la Milano moderata, la Milano degli imprenditori, dell’iniziativa privata a privilegiare un modello del genere?
Sicuramente i milanesi non hanno ancora chiara una consapevolezza di fondo e questo per molte ragioni.
Quali?
Non c’è stata la possibilità di confrontarsi bene e in maniera approfondita sulle due proposte di governo, su quanto fatto in cinque anni. E questo all’inizio anche per colpa del centrodestra, poi c’è stato lo scivolone della Moratti con l’accusa a Pisapia che ha contribuito a perder tempo sulle polemiche anziché concentrarsi sui programmi. Ora è visibile un recupero sui progetti, la gente comincia a rendersi conto che la ‘la lezione’ del primo turno ci stava tutta.
Perché?
I milanesi non hanno avuto modo di entrare nel merito delle cose e hanno legittimamente reagito d’istinto a un clima e a toni sbagliati da parte del centrodestra. Tuttavia c’è stata un’evoluzione, una chiara consapevolezza di tutto il centrodestra, a partire dalla Moratti, che c’era altro da raccontare.
Lei vede una partita ancora aperta?
Sì. Vedo l’impegno di tanti ragazzi nei quartieri, tra la gente, per passare da un clima emotivo, reattivo, negativo, al ragionamento sulle cose. Anche perché sono in ballo questioni strategiche: dall’Expo, alla metropolitana, al piano del governo del territorio. Voglio vedere come si confronterà con tutto questo Pisapia se dovesse vincere. Certo, non getterà tutto alle ortiche ma attuerà una sostanziale revisione condizionata dall’ala radicale della sinistra, quella dei Basilio Rizzo, dei centri sociali dei verdi ecologisti che si sono battuti contro queste trasformazioni.
Scorrendo il programma della sinistra non c’è granchè sulle politiche per la famiglia, semmai si pone l’accento sulle “famiglie plurali” promettendo “parità di diritti e doveri per tutte le comunità affettive e di vita che vogliono essere riconosciute dall’amministrazione”. Cosa ne pensa?
Non solo le cosiddette famiglie plurali, ma nell’entourage di Pisapia c’è chi propone addirittura l’abolizione del concetto di famiglia tradizionale. Torna il modello zapaterista.
Come valuta la scelta delle mani libere dai ballottaggi di Casini e del terzo polo?
La leggo come una mossa legata al futuro politico di Casini che probabilmente pensa di mettersi alla testa di una coalizione di centrosinistra diventando un ‘nuovo Prodi’, nel 2013. In questo scenario, è naturale che adesso debba indicare un’equidistanza dai due schieramenti. Penso, però, che l’elettore dell’Udc se guarda dentro i programmi senza fermarsi ai richiami demagogici, non possa che scegliere la Moratti.
Monsignor Mogavero dice che a Milano non esiste il rischio islamizzazione come invece sostiene il centrodestra. Fatto salvo il principio di libertà di culto fissato dalla costituzione, condivide questa posizione e che effetto può avere sull’elettorato cattolico?
Monsignor Mogavero si distingue spesso per affermazioni molto opinabili dal punto di vista dell’informazione sui fatti. Dire che a Milano non c’è il rischio islamizzazione che cosa significa? Non stiamo parlando di questo, bensì di una presenza molto significativa di islamici in città. Purtroppo, ci sono sacerdoti che sottovalutano il fenomeno sul piano della sfida culturale, religiosa, antropologica. E invece dovrebbero capire che integrazione significa la possibilità di annunciare il Vangelo, non il contrario.
Il cardinale Bagnasco rileva la necessità di una nuova generazione di leader cattolici. Secondo lei qual è il messaggio?
Il suo è un richiamo alle parole pronunciate dal Papa due anni fa. Bagnasco sta seguendo l’auspicio giusto e legittimo del Pontefice affinchè i cattolici si impegnino in politica e non facciano solo i fanalini di coda. Ciò che mi auguro veramente, è che la Chiesa ci liberi presto di certi sacerdoti che predicano che la Chiesa non deve farsi strumentalizzare dalla politica e poi sono loro i primi a farlo.
Perché la Moratti non ha convinto al primo turno?
Letizia Moratti è una persona che ha amministrato bene. Il suo limite è di essere una persona che può apparire un po’ distaccata, poco sorridente, ma il punto non è questo. Non conta il carattere o l’immagine, conta come si amministra una città. La Moratti non ha la responsabilità di guidare una comunità di carismatici bensì di occuparsi di illuminazione, governo del territorio, buche per strada, gas eccetera. E’ stata la Moratti a portare a Milano l’Expo che secondo quanto certificato dalla Bocconi significa 61mila posti di lavoro. A me basta questo.
Che idea si è fatto su Napoli? Ci sono analogie a sinistra con Milano?
Anche qui c’è una situazione paradossale. C’è stato un lungo periodo in cui tutti i giornali borghesi di destra e di sinistra hanno enfatizzato, osannato e celebrato il mitico ‘rinascimento bassoliniano’, poi quella stagione sappiamo tutti come è andata a finire e cosa abbia prodotto. Il paradosso è che oggi l’uomo nuovo di Napoli va al ballottaggio con la sinistra che ha fallito. D’Alema esalta De Magistris, ma è stato lui il grande sponsor di Bassolino.
Se vincesse De Magistris che garanzie avrebbe l’elettorato cattolico sui valori e sui principi di riferimento?
Nessuna e sono convinto che se De Magistris dovesse vincere il suo governo avrebbe vita molto corta, perché è l’espressione di una visione rattrappita del mondo fondata solo sulla legalità. Spero che la saggezza dei napoletani prevalga sulla demagogia.
De Magistris si definisce un moderato, Pisapia idem. A sinistra c’è la rincorsa a chi è più moderato dell’altro. Ma cos’è questo nuovo moderatismo?
Semplicemente uno specchietto per le allodole. Chi è De Magistris lo abbiamo visto da Santoro ad Annozero e soprattutto lo abbiamo visto nelle sue fallimentari inchieste. Pisapia ha un’altra intelligenza, più raffinata e sofisticata, ma le forze che stanno con lui non possono certo dirsi moderate.
Il Pd cancellato al primo turno adesso sostiene l’ex pm e mette i voti riformisti a disposizione di chi ai riformisti vuol togliere la leadership, oggi e nel 2013. Anche su questo come possono sentirsi i cattolici che militano nel centrosinistra?
È la fine del Pd. E l’immagine del dirigente moderato e riformista del Pd Umberto Ranieri davanti a nuovo Masaniello è il simbolo del tramonto di un glorioso partito. I cattolici nel centrosinistra purtroppo sono solo una retroguardia e il loro peso è marginale.
Nel 2008 buona parte dell’elettorato cattolico ha votato per il programma di Berlusconi riconoscendosi nei provvedimenti poi assunti dal governo a sostegno delle famiglie, delle scuole cattoliche, per la difesa della vita e contro la cultura della morte. Tre anni dopo pensa che quel feeling sia n crisi?
In questi tre anni ci sono stati fatti, non suggestioni, che dimostrano come questo governo sia più in sintonia con la dottrina sociale della Chiesa rispetto al governo che lo ha preceduto, quello di Prodi, il cattolico adulto. Non c’è dubbio che rispetto a tutto ciò che è uscito su Berlusconi ci sia un sentimento di imbarazzo tra i cattolici. Va detto però che tutto ciò che è uscito sul premier non avrebbe dovuto esistere in un paese civile dove esistono le garanzie per tutti i cittadini. È chiaro che quando Berlusconi viene ‘sputtanato’ pubblicamente e da altri organi dello Stato su come imposta la sua vita privata, la gente reagisce male. Tuttavia nessuno riflette o non vuole farlo, sul fatto che Berlusconi non ha imposto a nessuno il suo stile di vita. A me questo basta per dire: meglio Berlusconi di tutti i suoi moralizzatori.
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