mercoledì 4 maggio 2011

L'ASSO DEL MALE



CHI ERA BIN LADEN

di Carlo Panella
da Il Foglio

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Nato il 10 marzo del 1957 da Hamida, nome di nascita A’alia Ghanem, giovane siriana di Latakia e da Mohammed bin Laden, geniale quanto analfabeta fondatore yemenita del gruppo di costruzione omonimo, Osama bin Laden è sempre vissuto in quella grande “non famiglia” musulmana, dai legami parentali diffusi, tipica dei tradizionalisti islamici danarosi, quale era suo padre. Osama infatti era il diciassettesimo su ben 52 o forse 53 figli, che Mohammed ebbe da una decina e più di mogli che, come Hamida, sposava, poi, avutine due o più figli, ripudiava (in modo da averne sempre non più di quattro contemporaneamente, in rispetto tanto formale, quanto ipocrita della sharia), per poi sposarle – costume molto yemenita – con i suoi collaboratori.

Ad Hamida, dopo il ripudio di poco posteriore alla nascita di Osama, era toccato sposare tal Mohammed al Attas, che del Saudi Bin Laden Group era un dirigente di primo piano e fu questa, in realtà, la figura paterna che Osama ebbe, assieme ai tre fratellastri e alla sorellastra. Dal padre vero, tranne le immense disponibilità di denaro e la collocazione sicura nell’impero di famiglia (una delle più grandi imprese di costruzioni del mondo che ha edificato buona parte di Riad e quasi tutte le opere pubbliche dell’Arabia Saudita), Osama ebbe ben poco, anche perché Mohammed bin Laden morì, potentissimo, nel 1967, quando lui aveva solo dieci anni. I suoi biografi, affascinati – et pour cause – dalle sue imprese, hanno sempre sottovalutato il peso che sulla formazione di Osama bin Laden ha avuto il training nella impresa di costruzione dei suoi due padri, quello naturale e quello d’adozione, e questo ha impedito di dare il giusto valore a un aspetto invece determinante in tutta la esperienza di al Qaida: la eccellente capacità di organizzare strutture molto complesse che acquisisce chi dirige immensi cantieri edili in cui operano migliaia di addetti che vanno impiegati secondo moduli cronologici interdipendenti molto complicati.

E’ questo, oltre alla insuperabile ferocia, il grande apporto che Osama bin Laden ha dato alla evoluzione del terrorismo moderno, ben più di quanto non abbia dato in termini ideologici, politici e ancor meno teologici: il superamento delle tradizionali strutture “conventuali” o per consorterie della tradizione islamica (la grande tradizione degli Ashashin del Vecchio della Montagna di Alamuth), così come delle asfittiche strutture piramidali a cellula del terrorismo occidentale. Osama ha infatti costruito con al Qaida una complessa rete di strutture a “arcipelago”, ognuna indipendente o interdipendente con le altre, senza rapporto gerarchico l’una con l’altra, ma solo “ispirate”, da una eccellente fonte progettuale (Osama e il suo quartier generale) in grado di fornire “format” complessi per sviluppare progetti innovativi di imprese terroristiche a ogni uso e consumo (grazie anche a Internet).

La struttura della complicatissima sequenza di attentati dell’11 settembre 2001, così come l’espansione successiva dei nuclei di al Qaida in tutto il mondo musulmano, dall’Indonesia al Marocco, ha questa indubitabile matrice professionale. Anche perché, secondo Gilles Kepel, in realtà, al Qaida significa solo “Database”, per indicare appunto l’innovativo programma che Osama ha messo a punto per strutturare i rapporti tra le varie cellule.

Ben più debole, s’è detto, la formazione e la stessa struttura culturale e teologica di Osama, che iniziò a Gedda, in un liceo in cui forte era l’influenza di insegnanti egiziani e siriani appartenenti ai Fratelli musulmani che re Faisal dell’Arabia Saudita aveva ospitato in massa nei primi anni Sessanta per offrire un riparo dalle persecuzioni scatenate da Nasser. In particolare, racconterà lo stesso Osama, in quel liceo ebbe una grande influenza su di lui il professore di Educazione fisica siriano che lo affascinò con i suoi racconti sulle best practices del fondamentalismo (inclusa la favola edificante del bimbo che ammazza il padre perché “miscredente”). A quattordici anni, nel 1961, una parentesi occidentale, l’unica, un viaggio prima a Beirut e poi a Oxford assieme a due dei suoi tanti fratelli, documentato da una serie di fotografie in cui appare come uno dei tanti old boy, un po’ imbranati, che i ricchi arabi mandavano in giro per l’oriente e per l’Europa, ma di cui non resta nessuna traccia sulla formazione (tranne dicerie varie, ma mai dimostrate, su alcuni suoi stravizi vuoi con bevande, vuoi con ragazze, che sicuramente sono però stati ben praticati da molti dei suoi fratelli, alcuni dei quali hanno vissuto da perfetti occidentali).

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