Le (lunghe) estati di Gianfranco Fini fanno sempre scalpore. Da quando ha
abbandonato quella sua villetta ad Anzio con piccolo giardino, dove si dedicava
alle semplici passioni, la cura delle rose e la posizione della lucertola al
sole, da quando ha smesso di indossare giubbotti firmati da note pompe di
benzina, da quando non frequenta più rudi personaggi del litorale laziale e ha
con caparbietà inseguito un’evoluzione dello stile (più Aurelia, meno Pontina,
più Maldive, meno animaletti sulle cravatte), ad ogni agosto regala al pubblico
qualche nuova soap opera. Come nei ripetuti anni delle stelle marine che è
vietato pescare, o gli avvistamenti nei fondali proibiti di Giannutri, da dove
riemergeva, color mattone, per mostrare agli amici e alla compagna trofei
boccheggianti, come l’indimenticabile estate della passione irrefrenabile, con
i due teli da mare identici, animalier, utili a coprire o a provocare infuocate
effusioni. Sempre in bilico fra estetiche provvisorie, quella delle giacche
larghe e salmonate, quella del braccialetto, quella di Top Gun (giubbotti,
occhiali scuri, scritte sulle magliette, aria minacciosa), quella casual da
barca, con cappellini da baseball girati al contrario per evitare la scottatura
della nuca, slippini neri e flute di prosecco, sembra che l’unica certezza
interiore ed esteriore di Fini sia l’estate.
D’inverno infatti scalpita, si innervosisce, conta i
giorni che lo separano dalle Maldive, ma con cupo senso di colpa, per cui
Elisabetta Tulliani deve rilasciare interviste in cui spiega che loro sono
andati là, mentre l’Italia soffre, solo per festeggiare il traguardo dei
sessant’anni (l’anno prima, sempre là, quello dei cinquantanove) e comunque che
fatica smontare e rimontare l’attrezzatura da sub, sembra di stare alla Camera
invece che in vacanza. Poi Fini torna e per giorni e giorni la sua abbronzatura
intralcia i lavori alla Camera, perché i deputati vengono accecati da tutto
quell’arancione. D’inverno Fini scalpita, in primavera si scontra politicamente
per ingannare l’attesa, in autunno scompare, d’estate finalmente si rilassa,
entra nel suo elemento, assume il colore del cuoio invecchiato, fa penzolare
ciabatte con sincera soddisfazione, anche se non coltiva più le rose come un
tempo e da lucertola si è trasformato in geco, più chic. Adesso, sul nuovo e
più consono litorale, muove passi non da timida ballerina sulle punte, ma da
esercito di occupazione. La scorta è necessaria, ovviamente non dipende da lui
e lo deve seguire dappertutto sul territorio nazionale, forse anche in fondo al
mare durante le immersioni, e ora che tutto è stato chiarito e lo scandalo al
sole non è mai esistito, Fini può godersi questi ultimi pochi mesi di vacanze
con maggior gusto, e aggiungere una nuance più intensa all’incarnato, tornare a
settembre a Roma con la faccia di quello a cui tutti chiedono con invidia (o
spavento): dove sei stato? Ma l’autunno si avvicina, e con esso il blues da
fine film dei fratelli Vanzina, così, nell’improbabile eventualità di venire
rieletto, Fini potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di entrare nel
cast di Beautiful, in qualità di Ridge Forrester (Ronn Moss, coetaneo di Fini,
abbronzato quasi ai suoi livelli, dopo venticinque anni, sta per lasciare per
sempre il cast). La storia dell’umanità ha bisogno di nuovi eroi, e a Los
Angeles è sempre estate.
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