Questa
storia particolare [il cristianesimo vissuto], che si racconta anche con
entusiasmo, è realmente universale, conviene realmente a tutti gli uomini e a
ognuno degli uomini? Ha la forza e la dignità culturale per paragonarsi con le
conquiste delle scienze naturali e sociali, che sembrano ridurla a un puro
sentimento soggettivo che si limita all’ambito del privato? Mi sono ricordato,
in merito, della canzone di Chieffo: “Ti diranno che tuo padre era un
personaggio strano, un poeta fallito, un illuso di un cristiano; ti diranno che
tua madre era una sentimentale, che pregava ancora Dio mentre si dovrebbe
urlare”. La storia che abbiamo narrato potrebbe essere - in fondo, in fondo -
nient’altro che poesia, un’illusione che ti consola, una specie di autoconvincimento
emotivo? Se negli anni 70 prevaleva il rifiuto del cristianesimo in nome di una
ribellione sociale e politica, oggi la sfida è diversa, forse più profonda. Non
c’è bisogno di eliminare la fede cristiana; si preferisce negare il suo
carattere universale; basta chiuderla nel ghetto delle opinioni soggettive, dei
sentimenti o delle convinzioni particolari, che si possono professare in
privato, sempre che non abbiano la pretesa di dire la verità circa l’uomo, il
mondo e Dio.
JAVIER PRADES MEETING DI RIMINILEGGI TUTTO
http://it.clonline.org/detail.asp?c=1&p=0&id=554
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