martedì 30 ottobre 2012

ORA PRO SIRIA


STRAORDINARIA TESTIMONIANZA
DALLA SIRIA
«In Siria i ribelli sono ancora più sanguinari del regime. È scioccante ma nessuno ci crede»

Tempi ottobre 29, 2012

«I ribelli sono presentati come il popolo siriano ma non è così. Bisogna tornare a dare voce alla maggioranza silenziosa del popolo siriano». Intervista a madre Mariam-Agnès de la Croix, superiora del monastero di Qara, Siria.

Riportiamo ampi stralci dell’intervista che madre Mariam-Agnès de la Croix, superiora del monastero di Qara, Siria, ha rilasciato a Ora pro Siria. Coordinatrice del gruppo di supporto del movimento Mussalaha (in arabo «riconciliazione»), movimento popolare interconfessionale e multietnico, ha partecipato il 20 ottobre a Roma a un incontro sulla crisi siriana, promosso da Aiuto alla Chiesa che Soffre, insieme al patriarca Gregorios III Laham.

Quali sono le motivazioni che hanno spinto Lei, una religiosa, ad impegnarsi in questa campagna di informazione sulla Siria?
Ho notato che semplicemente il raccontare i fatti così come li viviamo ha suscitato inquietudine e ha causato reazioni da parte di alcuni per i quali la promozione di posizioni ideologiche passa prima della realtà sul terreno, o di altri per i quali la realtà è a tal punto quella presentata dai media che qualsiasi altra narrazione, anche quella dei testimoni oculari, appare a loro come una menzogna o una cospirazione contro la democrazia. Sapete bene che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Un’ideologia è intrinsecamente perversa quando dimentica la realtà per creare una realtà alternativa plasmata a misura dei propri interessi. Aggirare la realtà con la creazione di una realtà alternativa si chiama “manipolazione delle masse”. Chi ne viene interessato subisce una “alienazione”. Ho sperimentato il dolore di tali situazioni e, naturalmente, sono stata sempre più spinta dalla mia coscienza e dal mio impegno religioso a dare la mia testimonianza pacatamente, sapendo che è, in ultima analisi, per difendere gli innocenti e i piccoli, quelli di cui nessuno parla e che non interessano a nessuno, perché non fanno parte del mercato politico. Sì, ho accettato di dare la mia testimonianza e continuerò a farlo avendo cura di non esprimere giudizi affrettati. Continuo a credere nella buona volontà della comunità internazionale e spero che con una testimonianza credibile i cuori si volgano in favore del Vero e del Bene, e ricevano la forza di lavorare per la giustizia, anche a costo di una perdita di alcuni interessi momentanei. È un’utopia credere che sia lecito che gli interessi delle grandi potenze siano pagati con il sangue degli innocenti. Credo che questa epoca sia finita. Siamo nell’era della globalizzazione e digitale. L’opinione pubblica non si lascia ingannare e non può essere rinchiusa nella propaganda di massa.

Perché secondo lei, ogni posizione sugli eventi in Siria viene ricondotta a un pro o contro Assad?
Improvvisamente i media hanno mostrato un ritratto in bianco e nero. Da una parte i “manifestanti pacifici”, che, sia detto en-passant-, sono confusi con tutto il popolo siriano mentre non sono la maggioranza, e dall’altra un regime oppressivo assetato di sangue. Questo ritratto binario, manicheo, è un metodo di manipolazione delle masse.
Ricordiamo che i media non sono un pulpito di buona condotta, né una scuola di valori, tanto meno un riferimento morale. Ma la loro attrazione è tale che molte persone recepiscono l’immagine, accompagnata da un discorso semplicistico, come loro Credo perché hanno fame di una Causa. E quale migliore Causa che l’espellere un dittatore rimanendo comodamente seduti nella propria poltrona? Abbiamo sperimentato la censura di un sistema che, mentre assicura la promozione della democrazia e della libertà di opinione, diventa totalitario.
Questo abuso è in contrasto con i diritti umani e sfigura il volto del mondo occidentale. L’impossibilità di formulare un parere diverso da quello che viene offerto come norma da seguire e da pensare. Ho parlato un giorno di “prêt à penser”, “pronti a pensare”. La situazione in Siria è molto complessa ed è per questo che siamo stati costretti a parlare a questo proposito: ci sono gruppi – che sostengono di appartenere all’opposizione – che terrorizzano la popolazione, distruggendo le infrastrutture di Stato, mettendo in pericolo le zone residenziali e saccheggiando il patrimonio culturale. Noi siamo testimoni di questi gruppi che abbiamo nominato nel novembre 2011 “bande armate non identificate”. Oggi tutti hanno riconosciuto questi personaggi. Si tratta di mercenari finanziati da Arabia Saudita e Qatar. Secondo la rivista americana “The Economist” ci sono più di 2000 gruppi che operano in Siria, la maggior parte sono legati ad Al Qaeda, ai Fratelli Musulmani e ai salafiti. Non sono venuti per instaurare la democrazia, ma la legge coranica in nome di Allah. Essi sfruttano la religione per scopi politici. Essi danno un’immagine negativa dell’Islam. È un dovere per noi di parlare e di nominare gli aggressori, chiunque siano quelli che mettono in pericolo la popolazione civile e la vita di innocenti. Oggi gli esperti dicono la rivoluzione è stata deviata favorendo un conflitto settario e confessionale. È un peccato. Ieri il grande oppositore Nabil Fayyad ha scritto in tono drammatico sulla stampa araba: “No, non è la mia rivoluzione”. Cosa dire dopo questo? Pensate che la gerarchia cattolica in Siria e il suo leader siano dei minorati o degli ostaggi che hanno bisogno di uno sponsor o un salvatore che parla per loro? Ecco un bel modo per deviare la voce autorevole di un responsabile. Sua Beatitudine il Patriarca inizia il suo appello per la Riconciliazione con una citazione di san Paolo per mostrare che si tratta di un messaggio spirituale. Sua Santità papa Benedetto XVI in Libano, chiedendo la Riconciliazione come la via di soluzione in Siria, ha chiamato i cristiani ad essere ciascuno nel proprio ambiente un “servo della Riconciliazione”. I nostri pastori non ci chiamano a una posizione di sottomissione ad un regime, ma ad una posizione di fedeltà al messaggio di Cristo che ci insegna ad amare i nostri nemici e a pregare per coloro che ci perseguitano. La riconciliazione è la via perché essa mette fine all’odio e insegna l’amore a colui che si presenta o che io credo essere il mio nemico. È per la paura del regime di Assad? Questa accusa è ridicola. La Chiesa non ha paura di nessuno ed è indipendente da qualsiasi autorità politica. La Chiesa dice, spesso ad alta voce, quello che crede essere la verità e la giustizia. D’altra parte, è vero che oggi la Chiesa riceve minacce e che sono spesso attuate, ma provengono dagli insorti. Per non ripetere gli eventi già noti (come ad esempio l’esodo di 150.000 cristiani a Homs e la zona circostante a causa dell’invasione di queste aree da parte dei ribelli e mercenari stranieri) notiamo che sono i quartieri cristiani che sono più spesso oggetto di attacchi armati: ieri un’autobomba a Bab Touma e l’incendio presso la Chiesa dell’Annunciazione a Midane, la settimana scorsa il bombardando delle aree cristiane di Aleppo ha causato undici morti, poi omicidi e sequestri giornalieri dell’elite cristiana. Nonostante questo i nostri pastori rifiutano di parlare di persecuzione, ma di pressioni per costringere i cristiani ad essere più concilianti con l’opposizione armata. Conosciamo il regime e il suo aspetto dittatoriale. Le sue azioni non ci sorprendono. Ma che una opposizione ufficialmente presentata come promotrice dei diritti umani, della democrazia e della libertà, agisca con violenza ancor più sanguinosa rispetto al regime, questo è ciò che sciocca. L’appello delle Gerarchie della Siria è chiaro. Si esprimono a partire da un piano spirituale e invitano a resistere a un messianismo falso. La teologia della liberazione ha degli aspetti che ogni etica cristiana deve adottare come opzione preferenziale per i poveri e la lotta contro l’ingiustizia. Ma la Chiesa mette in guardia contro l’adozione della lotta politica al posto di combattimento spirituale. (…) Sursum corda! Come cristiana io sono impegnata nella Città terrena, ma tengo gli occhi in alto, a Gerusalemme, la città che scende dal cielo, che è mia Madre. Questo è il mio progetto di vita, che mi riempie di speranza e di gioia. Il Regno di Dio mi riempie e mi rende felice fino al midollo della mia vita passeggera. Ne sono testimone rispettosamente, senza cercare di imporlo a nessuno. Ma io dico che è un dono da condividere con tutti gli uomini di buona volontà e non posso resistere al desiderio di farlo. (…) Ma di che tipo di democrazia stiamo parlando? E perché, giacché questa è la democrazia, il mondo intero si immischia di imporre con il ferro e fuoco la sua opinione al popolo siriano, che nella sua maggioranza è messo a tacere da oppressione, isolamento e ostracismo proprio da questi pseudo-combattenti per la libertà e la democrazia? Io credo che una vera democrazia inizia con il diritto di autodeterminazione di un popolo. Un referendum è una conditio sine qua non. Elezioni libere altrettanto. Chi si preoccupa di sentire il popolo siriano quello che pensa? La democrazia può anche diventare un cavallo di Troia per far passare progetti che nulla hanno a che fare con l’effettiva liberazione di un popolo. Guardate in Iraq, meditiamo sulla Libia.
Madonna di Saidaya

L’iniziativa stessa di Mussalaha ad alcuni sembra che corra il rischio di fiancheggiare Assad, ad altri invece un ingenuo tentativo senza possibilità di incidenza reale.
La Riconciliazione è la più grande forza al mondo. Guardiamo Gandhi e il suo movimento della non-violenza, ha sconfitto la più grande potenza coloniale del mondo. Guardiamo Nelson Mandela e la sua azione non violenta, che ha messo fine alla terribile legge dell’apartheid. Credo che la Riconciliazione è un colpo grande contro coloro che hanno in mente di instaurare un proprio regime con ferro e fuoco senza tener conto della maggioranza silenziosa che essi sequestrano attraverso il taglio delle strade di accesso nel Paese e che essi destabilizzano invadendo i quartieri residenziali. La maggior parte del popolo siriano, ad iniziare dall’opposizione che opera all’interno del paese, ha chiesto una soluzione pacifica, senza l’intervento straniero.

giovedì 25 ottobre 2012

CARO SILVIO....

con le poche parole che seguono, hai proclamato la fine di un'epoca, segnata dal carisma personale, dalle emozioni, dai grandi progetti sognatori, e hai dato l'avvio ad un rinnovamento radicale della parte migliore del paese, quella che non crede alla cultura vetero socialista, pianificatrice, collettivista, centralista e assistenzialista.  "Al Cav, scrive oggi Ferrara, diciamo con simpatia umana e ammirazione che non poteva entrare meglio in politica, e non poteva lasciarla meglio".
Cari amici,


per amore dell’Italia si possono fare pazzie e cose sagge. Diciotto anni fa sono entrato in campo, una follia non priva di saggezza: ora preferisco fare un passo indietro per le stesse ragioni d’amore che mi spinsero a muovermi allora. Non ripresenterò la mia candidatura a Premier ma rimango a fianco dei più giovani che debbono giocare e fare gol. Ho ancora buoni muscoli e un pò di testa, ma quel che mi spetta è dare consigli, offrire memoria, raccontare e giudicare senza intrusività

Con elezioni primarie aperte nel Popolo della Libertà sapremo entro dicembre chi sarà il mio successore, dopo una competizione serena e libera tra personalità diverse e idee diverse cementate da valori comuni. Il movimento fisserà la data in tempi ravvicinati (io suggerisco quella del 16 dicembre), saranno gli italiani che credono nell’individuo e nei suoi diritti naturali, nella libertà politica e civile di fronte allo Stato, ad aprire democraticamente una pagina nuova di una storia nuova, quella che abbiamo fatto insieme, uomini e donne, dal gennaio del 1994 ad oggi.


Lo faranno con un’investitura dal basso nella quale ciascuno potrà riconoscere non solo i suoi sogni, come in passato, e le sue emozioni, ma anche e soprattutto le proprie scelte razionali, la rappresentanza di idee e interessi politici e sociali decisivi per riformare e cambiare un paese in crisi, ma straordinario per intelligenza e sensibilità alla storia, che ce la può fare, che può tornare a vincere la sua battaglia europea e occidentale contro le ambizioni smodate degli altri e contro i propri vizi. Siamo stati chiamati spregiativamente populisti e antipolitici della prima ora.

Siamo stati in effetti sostenitori di un’idea di alternanza alla guida dello Stato sostenuta dal voto popolare conquistato con la persuasione che crea consenso. Abbiamo costruito un’Italia in cui non si regna per virtù lobbistica e mediatica o per aver vinto un concorso in magistratura o nella pubblica amministrazione. Questa riforma ’populista’ è la più importante nella storia dei centocinquant’anni dell’unità del Paese, ci ha fatto uscire da uno stato di sudditanza alla politica dei partiti e delle nomenclature immutabili e ha creato le premesse per una nuova fiducia nella Repubblica.

Sono personalmente fiero e cosciente dei limiti della mia opera e dell’opera collettiva che abbiamo intrapreso, per avere realizzato la riforma delle riforme rendendo viva, palpitante ed emozionante la partecipazione alla vita pubblica dei cittadini. Questo non poteva che avere un prezzo, la deriva verso ideologismi e sentimenti di avversione personale, verso denigrazioni e delegittimazioni faziose che non hanno fatto il bene dell’Italia. Ma da questa sindrome infine rivelatasi paralizzante siamo infine usciti con la scelta responsabile, fatta giusto un anno fa con molta sofferenza ma con altrettanta consapevolezza, di affidare la guida provvisoria del paese, in attesa delle elezioni politiche, al senatore e tecnico Mario Monti, espressione di un Paese che non ha mai voluto partecipare alla caccia alle streghe.

Il presidente del Consiglio e i suoi collaboratori hanno fatto quel che hanno potuto, cioè molto, nella situazione istituzionale, parlamentare e politica interna, e nelle condizioni europee e mondiali in cui la nostra economia e la nostra società hanno dovuto affrontare la grande crisi finanziaria da debito. Sono stati commessi errori, alcuni riparabili a partire dalle correzioni alla legge di stabilità e ad alcune misure fiscali sbagliate, ma la direzione riformatrice e liberale e’ stata sostanzialmente chiara. E con il procedere dei fatti l’Italia si e’ messa all’opera per arginare con senso di responsabilità e coraggio le velleità neocoloniali che alcuni circoli europei coltivano a proposito di una ristrutturazione dei poteri nazionali nell’Unione Europea. Il nostro futuro è in una Unione più solida e interdipendente, in un libero mercato e in un libero commercio illuminato da regole comuni che vanno al di là dei confini nazionali, in una riaffermazione di sovranità che è tutt’uno con la sua ordinata condivisione secondo regole di parità e di equità fra nazioni e popoli. Tutto questo non può essere disperso.


La continuità con lo sforzo riformatore cominciato diciotto anni fa è in pericolo serio. Una coalizione di sinistra che vuole tornare indietro alle logiche di centralizzazione pianificatrice che hanno prodotto la montagna del debito pubblico e l’esplosione del paese corporativo e pigro che conosciamo, chiede di governare con uno stuolo di professionisti di partito educati e formati nelle vecchie ideologie egualitarie, solidariste e collettiviste del Novecento. Sta al Popolo della Libertà, al segretario Angelino Alfano, e a una generazione giovane che riproduca il miracolo del 1994, dare una seria e impegnativa battaglia per fermare questa deriva.


 

mercoledì 24 ottobre 2012

LA FESTA DELLE ZUCCHE VUOTE

 

Ho avuto modo già in passato di dire la mia sulla festa di Halloween, di come non appartenga alla nostra tradizione e di come il mercato se ne sia impadronito per trasformarla in occasione di business, del resto ognuno fa il suo mestiere.

Detto questo, però, mi pare che si stia ora cadendo nel solito tranello, quello di “prendersela con Halloween” senza capire in che “buco” questa festa si è inserita.
Perché il vero problema, non sono i “riti pagani” che prendono piede, ma la fede che scompare, la tradizione che vuotata di senso non può che venire meno, è nella voragine della nostra vita che si inseriscono i riti pagani, che anche negli oratori si festeggiano le zucche vuote.

Un popolo smarrito, che non sa da dove viene, che non riconosce la fede dei padri, che non sa più che nel giorno di Ognissanti facciamo festa per chi ci ha preceduti nel regno dei cieli, per chi ha saputo su questa terra indicarci la strada che porta alla santità, per chi ha saputo vincere la morte. Un popolo che ha smarrito la capacità di guardare ai suoi Santi come a dei Maestri di vita, di pregare per i suoi morti, un popolo così in fondo se la merita una zucca vuota.


Nerella Buggio 24 ottobre 2012
da Cultura Cattolica

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domenica 21 ottobre 2012

LA CULTURA E L'ENTUSIASMO DELLA FEDE







INTERVENTO DI MONS. LUIGI NEGRI AL SINIODO DEI VESCOVI, 15 ottobre 2012
 
Lungo i secoli, la Chiesa non ha mai contrapposto alla ideologia ateistica un’ideologia religiosa, ma la vita vera, bella, sacrificata e lieta del popolo cristiano, che mangia e beve, veglia e dorme, vive e muore non più per se stesso, ma per Lui, che è morto e risorto per noi. Nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle confraternite, nell’associazionismo, negli spazi sociali pur minimi consentiti dalle dittature di tutti i tempi, il popolo cristiano ha sempre gridato un annuncio vivo: la bellezza della fede, l’intensità della speranza, la forza della carità. Molti cristiani – milioni in quel triste ventesimo secolo che Robert Conquest ha definito “il secolo delle idee assassine” – hanno portato l’annuncio vivo della fede nei campi di concentramento e di sterminio.
Per questo, giustamente, le icone di questa grande epopea della fede sono San Massimiliano Kolbe e Santa Teresa Benedetta della Croce. Tutto sembrava garantire un influsso obiettivo della Chiesa e delle sue strutture organizzative nella vita della società. Ma al di sotto di questa che sembrava una grande fioritura, le radici del corpus ecclesiale si stavano inaridendo. Così pochi si accorsero che si stava formando un movimento teso alla scristianizzazione della società e alla eliminazione della tradizione cristiana e della presenza ecclesiale.
Tutto questo accadeva già nella seconda metà degli anni Cinquanta. Si intuì allora – ed io, guidato dalla straordinaria figura di mons. Giussani, ebbi la grazia di partecipare giovanissimo a questo iniziale movimento – la necessità di ripartire dalla realtà della Chiesa. Non sembravano necessarie ipotesi di mediazione con la mentalità mondana, cioè decidere in quali spazi eventualmente la Chiesa poteva essere di nuovo una presenza; si trattava semplicemente di “incominciare a fare il cristianesimo”. Una operazione come questa fu definita, dall’allora cardinal Wojtyla, una “riforma nella tradizione”. Questa fu la evangelizzazione, o meglio una “nuova evangelizzazione”: riproporre l’avvenimento della fede come certezza esplicita della presenza misteriosa e reale di Gesù Cristo nella vita della Chiesa, ripartendo continuamente da qui.
Nella esperienza viva e totalizzante dell’incontro con Cristo nella Chiesa – nel mistero reale del Suo corpo e del Suo popolo – la Chiesa assume per i fedeli una fondamentale caratteristica di educazione. Soltanto nella educazione, infatti, la fede diventa esperienza effettiva e matura, si conferma come esperienza di vita, si consolida e si dispone a vivere la missione come la propria autorealizzazione. Il primo fattore della educazione ecclesiale consiste quindi nella apertura della missione come tendenza a comunicare la vita di Cristo in noi, all’uomo e alla società, nelle circostanze inevitabili della vita. La comunicazione dello “stupore di una vita rinnovata” è la grande impresa in cui la Chiesa ha bisogno di tutti i suoi figli. La missione implica necessariamente il dischiudersi della cultura come dimensione della persona e della Chiesa.
La fede, pertanto, deve essere in grado di divenire cultura: capacità di lettura e di interpretazione della realtà personale e sociale, dal punto di vista del pensiero di Cristo. La cultura della persona implica, secondo l’insegnamento straordinario di Benedetto XVI, una ragione aperta alla realtà, non un uso tecno-scientista della ragione chiusa in se stessa e tesa al possesso degli oggetti. La cultura è una certezza piena di entusiasmo, Origene la definiva “entusiasmo critico della fede”, che si esprime come capacità di incontrare, conoscere e valorizzare. Solo in tal senso, la cultura della fede genera una irresistibile capacità di dialogo, perché l’altra dimensione, accanto alla cultura, è certamente la carità: formazione dell’intelligenza e del cuore secondo il cuore di Cristo.

La nuova evangelizzazione non è pertanto un problema da risolversi attraverso esperti o specialisti. È l’azione dello Spirito vivo e presente nella Chiesa che occorre riconoscere e valorizzare. Altrimenti sarà inevitabile cadere in quella tentazione oggi così dilagante che, di fronte allo sconforto, mette sì in moto la creatività dei singoli come delle comunità, ma nel tentativo vano di supplire con il surrogato di progetti umani l’azione stessa dello Spirito Santo. Il risultato, purtroppo tante volte, è di divenire concretamente un ostacolo alla grazia di Dio. La nuova evangelizzazione è pertanto un flusso di vita che può prendere forme diverse; occorre riconoscere queste forme, valorizzarle, correggerle se necessario, propiziare un loro incontro nella vita della Chiesa. Solo dopo si potranno fare pubblicazioni di libri e progettare convegni.

venerdì 19 ottobre 2012

DON GIUSSANI: PERSECUZIONE SMARRIMENTO E GATTEMORTE


editoriale del settimanale Tempi, 17 OTTOBRE. Lo firma Antonio Simone.

«Di fronte allo smarrimento, chi rimane fedele alla propria storia, avrà un più o meno lungo tempo di martirio, in cui capisce che bisognerebbe fare e non sa cosa»

«Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia» (Luca 5,11). Molti mi hanno scritto questa frase del discorso della montagna di Gesù per consolarmi, ma io vorrei precisare che non sono stato arrestato né indagato “per causa Sua”. I pm mi hanno accusato di molti reati (associazione a delinquere, appropriazione indebita, riciclaggio con aggravante transnazionale eccetera), condensati in corruzione e rimescolati poi nella richiesta di proroga della carcerazione, ma tutto ciò non “per causa Sua”, bensì per miei e solo miei eventuali errori. Peraltro il reato di corruzione mi lascia tranquillo perché non l’ho commesso, e anche se venissi condannato, non l’ho commesso. E lotterò come un leone al processo per dimostrarlo.

La citazione del discorso della montagna, invece, ben si può comprendere come attuale se pensate alla marea di menzogne e insulti che alcuni giornalisti e giornali hanno da un anno a questa parte riversato sul movimento di Comunione e Liberazione, al quale da 41 anni partecipo, ancorché con poco successo circa la mia conversione. Inutile riassumere quanto di più menzognero è stato scritto da questi nuovi “scribi” autoproclamatisi la parte pulita della società. È a voi amici di Cl che vorrei umilmente ricordare che a questo proposito don Giussani aveva avuto modo di spiegare come comportarsi davanti alla persecuzione e su quali atteggiamenti stare attenti.

«“Il mondo riderà, e voi piangerete. Il mondo vi deriderà”. È il concetto di persecuzione. Badate che il mondo per perseguitarci ha un ottimo spunto da noi, nella nostra vita. Il mondo prende scandalo da noi, e ha ragione dal punto di vista dello spunto meccanico. La persecuzione ha sempre un ottimo spunto dal nostro comportamento, perciò in questo smarrimento non abbiamo neanche la coscienza a posto. Non possiamo dire: “Sono puro, però ho paura”; “Sono peccatore”, dobbiamo dire nello smarrimento.

In questo smarrimento, ecco lo spartiacque: chi rimane fedele alla propria storia, a ciò che si è visto (“Rinnova, o Signore, la parola nella quale mi hai destato la speranza”), e chi invece, per l’impazienza della canzone di Giuda, perché la promessa non corrisponde all’urgenza come è sentita nel presente, mutua dal mondo quello che lo soddisfi e lo faccia sentire degno di vivere, mutua dal mondo il significato della sua contingenza, mutua dal mondo il significato della storia; e se trattiene l’antico, se trattiene la fede, la trattiene escatologicamente, come un punto lontano, anticipato in gesti strani (i preti in chiesa, la religione dei sacramenti). Operativamente parlando, l’energia del fatto cristiano si riduce a un: “Fa’ il bravo, interessati del mondo”, a un avvertimento di impegno, a un moralismo e basta.

Mentre, di fronte allo smarrimento, chi rimane fedele alla propria storia, avrà un più o meno lungo tempo di martirio, in cui capisce che bisognerebbe fare e non sa cosa fare, e perciò, da una parte, è deriso dal mondo, è calciato dal mondo, dall’altra, gli viene dal di dentro il dubbio sulla sua fede, perciò deve combattere di fronte a tutti, su tutti i fronti. È realmente la prova. Poco o tanto, sarà sempre così, a meno che ci ritiriamo come gattemorte attorno al campanile o nei gruppi di comunione, secondo l’immaturità di cui sopra». (Luigi Giussani, Appunti da una conversazione alla “Scuola quadri” di Comunione e Liberazione, Milano, 27 febbraio 1972)


SONO FIERO DI CL E DI FORMIGONI

DI ANTONIO SOCCI


Io sono orgoglioso di far parte di Comunione e liberazione. Voglio dare questa testimonianza oggi che CL sui media sembra diventata una pessima congrega.

E’ invece una luminosa compagnia che fin da quando avevo 15 anni ha suscitato in me entusiasmo e meraviglia: qui ho scoperto il senso della vita.

Cosa sia Comunione e liberazione, anche oggi, non si apprende da ciò che scrivono i giornali. Io lo vedo anzitutto nei volti dei miei figli. L’ho reimparato in questi anni da Caterina.

Dai suoi occhi bellissimi che illuminano il mondo quando ridono insieme a Stefano, a Mira, a Maria, a Laura, a Maria Chiara, a Massimo e Martina, a tutti i suoi amici, che sono suoi fratelli e sorelle e che le fanno sentire la carezza del Nazareno nella sua sofferenza.

E che le danno la forza di una Giovanna d’Arco nella sua battaglia.

L’ho visto anche nel suo sguardo fiammeggiante e indignato quando – giorni fa – le ho raccontato, perché ne stavo scrivendo, i drammi che vivono le giovani ragazze cristiane del Pakistan, sottoposte a causa della fede a ogni forma di violenza.

Per questo lei – Caterina, pur senza poter parlare – ha voluto che mandassimo quanto potevamo, attraverso un’associazione che paga la cauzione per la piccola Rimsha, per permettere ad alcune ragazze cristiane di poter studiare e sottrarsi agli aguzzini.

Lo imparo dal volto entusiasta di mio figlio dalla capigliatura ribelle quando torna dalla caritativa per portare viveri a dei poveri clochard insieme alle suore di Madre Teresa: “Sai babbo, don Andrea ci ha fatto capire che si è veramente felici solo nel donarsi gratuitamente, anche senza sentirsi dire grazie. Ed è proprio vero!”.

Mi accorgo di cosa è CL quando sento la passione dell’altra figlia, per il suo violino e il suo pianoforte. Questo struggimento per la bellezza se l’è trovato dentro il cuore anche lei perché l’abbiamo imparato, assorbito per osmosi da don Giussani che ci ha fatto gustare tutto, dalla Sonata per violino e pianoforte n. 2 di Schubert, al panorama mozzafiato delle Dolomiti, dal mare azzurro e infinito al buon vino del mio amico Michele.

Lo struggimento per la bellezza, il gusto della vita, la fraternità vera (di chi ti accoglie in casa sua anche in piena notte), la fede e la speranza nella sofferenza, la compassione per il mondo intero, l’innamorata passione per Gesù benedetto e l’amore alla sua Chiesa fino al martirio.

Tutto questo miracolo in terra è CL, con tante opere meravigliose che ho scoperto di recente come la splendida Cometa di Como o che conosco da tempo come il Banco alimentare o i nostri medici dell’Avsi che da decenni curano gli ammalati di Aids nell’Africa profonda.

FEDE POLITICA E LETAME


Per il post di questa sera, che temo sia più lungo di quanto avrei voluto, vorrei leggere, o rileggere, con voi alcuni articoli.

Quello da cui partiamo è l’editoriale di Tempi di questa settimana. E’, in gran parte, di Antonio Simone. Per coloro che non lo sapessero Simone è stato preventivamente in cella diversi mesi perché accusato di tutta una serie di reati che si vorrebbero associare a Roberto Formigoni. Adesso molte accuse sono cadute e lui è stato scarcerato, e certo la caduta contemporanea della giunta lombarda non può essere che una coincidenza. Infatti coloro che non hanno fede di solito indicano come coincidenze fatti che sarebbe irragionevole pensare slegati ma che sarebbe imbarazzante pensare collegati.

L’articolo di Simone è fatto per gran parte di una lunga citazione di Don Giussani, particolarmente impressionante in quanto pur risalendo a quarant’anni fa sembra scritta ieri.
Nella citazione Giussani osserva che la persecuzione prende spesso spunto da un nostro comportamento, da un nostro modo d’essere. Dalla nostra debolezza, che essendo umani non possiamo non avere. E’ una prova, lunga, crudele, in cui si paleserà la fede che abbiamo o non abbiamo.
Che poi sopra la nostra ferita il persecutore sparga letame occorre metterlo in conto.
A proposito della persecuzione Simone nomina en passant “
la marea di menzogne e insulti che alcuni giornalisti e giornali hanno da un anno a questa parte riversato sul movimento di Comunione e Liberazione“. Sebbene concordi con lui che non vale la pena riassumere, forse potrà essere utile come esempio, per capire meglio, un’analisi di un articolo di stamattina sul “Corriere della Sera”.
Il titolo è “«
Ha creduto di essere diventato il capo» Ora Cl vuole il divorzio da Formigoni”.

La citazione del titolista, per quanto virgolettata, nel testo dell’articolo è strettamente anonima e lascia anche un poco perplessi: “come Lucifero a un certo punto ha creduto di esser diventato il capo di Cl“. Ma chi è il ciellino che direbbe una cosa del genere? Formigoni, da quando ha intrapreso carriera politica, non ha un ruolo in Cl e tutti lo sanno. L’accenno a Lucifero poi sembra messo lì perché un cristiano fondamentalista “deve” parlare così, allo stesso modo in cui i selvaggi hanno tutti un osso al naso. Chi sia poi questa Cl che vuole divorziare da Formigoni non è chiaro, anche perché mi pare che il divorzio non rientri tra le pratiche più gradite ai cattolici.
Se guardiamo poi lo svolgimento c’è veramente da divertirsi.
Come metafora dei rapporti tra Roberto Formigoni e Comunione e Liberazione potremmo scegliere quella legata al nuovo grattacielo della Regione Lombardia.” inizia l’articolo. Affascinante, ma che ci acchiappa? Formigoni verticale, CL orizzontale? E perché non uno quadro e l’altro tondo?
Il distacco quindi non parte…” continua il giornalista. A scuola mi hanno insegnato che il “quindi” si mette dopo che hai dimostrato qualcosa. In che modo un paragone cretino inventato lì per lì potrebbe dimostrare che “l’insofferenza dura da tempo“? Stai a pigliare per il sedere?
Qui si gioca con le parole. Tutto il resto dell’articolo è fatto di analogo vuoto, di virgolettati di non si sa chi, di dichiarazioni ad effetto senza prove, di asserzioni campate in aria di incogniti dietrologi, di causali senza causa.
Ad esempio, che Formigoni sarebbe dovuto andare a suo tempo a Roma è un opinione che anch’io condivido. Che non l’abbia fatto per gelosie di partito può anche darsi. Ma per quale immaginario motivo questo dovrebbe essere “
rivelatore di una volontà di prendere le distanze dal Celeste che ormai sembra conoscere poche eccezioni”? Dove è la consecutio, la causa e l’effetto?
Se dice che “
trovare un ciellino che tifi per Formigoni è difficile“, il giornalista è scusabile, dato che probabilmente ha altre frequentazioni. E se “Nel movimento tanti si vantano di lavorare perché non nasca una lista a suo nome” può essere vero, nel mio caso lo è perché preferirei di molto che fosse lui a guidare una coalizione, piuttosto che un ennesimo frazionamento di un fronte già diviso.
In sostanza l’articolo è gran frittura d’aria. L’unica cosa che mi colpisce è l’asserzione finale che la Compagnia delle Opere non sia poi così importante, in fondo; proprio lei che fino a ieri era la piovra tentacolare.
Per un giornale sparapalle, che tenta di dividere e purtroppo talvolta ci riesce, è un cambio di prospettiva da non sottovalutare. Viene da chiedersi perché.

Da parte mia, piuttosto che perdere tempo con questi figuri dia-bolici – dal greco, “coloro che fanno di tutto per dividere” – preferisco portare l’attenzione su cosa è essenziale. In questo ad esempio è chiarificatore l’intervento di Carron, che di Cl è la guida, lui sì, al Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione.
Come spiega bene, si è in grado di capire appieno la vuotezza di certe parole solo se si è avuto esperienza della pienezza di un incontro. Quello che cambia, che fa uscire dalla politica da tifosi o da cinici, piena d’odio e recriminazione, è solo l’avere conosciuto una umanità diversa.

Come ha scritto un’amica, che mi trova completamente d’accordo,
Se è una questione di egemonia o di potere non è una cosa che riguardi un metodo di educazione alla fede – cioè di percorso verso la Verità (pellegrini della Verità diceva Benedetto XVI) -, ma solo il potere e l’egemonia.
A me non interessa il potere o l’egemonia culturale, ma il lavoro per contribuire, per il poco che posso, a ridestare nelle persone lo stupore per l’Avvenimento cristiano.

Finisco con una cosa che il Papa ha detto oggi all‘udienza generale.
Ma – ci chiediamo – la fede è veramente la forza trasformante nella nostra vita, nella mia vita? Oppure è solo uno degli elementi che fanno parte dell’esistenza, senza essere quello determinante che la coinvolge totalmente? Con le catechesi di quest’Anno della fede vorremmo fare un cammino per rafforzare o ritrovare la gioia della fede, comprendendo che essa non è qualcosa di estraneo, di staccato dalla vita concreta, ma ne è l’anima. La fede in un Dio che è amore, e che si è fatto vicino all’uomo incarnandosi e donando se stesso sulla croce per salvarci e riaprirci le porte del Cielo, indica in modo luminoso che solo nell’amore consiste la pienezza dell’uomo. Oggi è necessario ribadirlo con chiarezza, mentre le trasformazioni culturali in atto mostrano spesso tante forme di barbarie, che passano sotto il segno di «conquiste di civiltà»: la fede afferma che non c’è vera umanità se non nei luoghi, nei gesti, nei tempi e nelle forme in cui l’uomo è animato dall’amore che viene da Dio, si esprime come dono, si manifesta in relazioni ricche di amore, di compassione, di attenzione e di servizio disinteressato verso l’altro.
Dove c’è dominio, possesso, sfruttamento, mercificazione dell’altro per il proprio egoismo, dove c’è l’arroganza dell’io chiuso in se stesso, l’uomo viene impoverito, degradato, sfigurato. La fede cristiana, operosa nella carità e forte nella speranza, non limita, ma umanizza la vita, anzi la rende pienamente umana.

Ecco, ha proprio ragione. Con l’amore, con il ridestare quello stupore tutto cambia in meglio. Senza fede tutto, anche la politica, non è che palle di letame, sfruttamento e boiate sul Corriere.

 DAL BLOG BERLICCHE

mercoledì 17 ottobre 2012

ABORTO FEDE POLITICA


Avevo intenzione di non scrivere sul dibattito tra i due candidati alla vice presidenza, Joe Biden e Paul Ryan, dato che quando il mio articolo sarebbe stato
letto, questo dibattito sarebbe stato ormai sorpassato dall’interesse per il faccia a faccia tra Obama e Romney di ieri.

Tuttavia, merita di essere presa in considerazione la risposta che hanno dato a una delle ultime domande, quella sull’aborto, perché sia Biden che Ryan sono cattolici ed entrambi affermano la loro fedeltà alla Chiesa.

Ciò nonostante, le loro posizioni sono radicalmente diverse, non solo sull’aborto ma anche sul rapporto tra fede e politica. Trovo un chiaro esempio della cecità ideologica dell’establishment dei media, che la maggior parte di essi abbia dichiarato che Biden ha superato Ryan nella sua risposta a questa domanda.

Biden, ovviamente, ha seguito l’attuale posizione pubblica del Partito Democratico sulla questione. Per quanto lo riguarda a livello personale, la fede cattolica ha definito interamente la sua vita, con la conseguente accettazione dell’insegnamento della Chiesa, per il quale l’aborto è immorale perché la vita inizia con il concepimento.

Tuttavia, questa è materia di fede ed è dunque proibito imporre la propria posizione a coloro che non condividono la fede cattolica. Questa è la risposta che, sulla politica nei confronti dell’aborto, viene data dal gran numero di cattolici che operano nelle
più alte sfere dei governi federale e statali. La maggior parte di chi non aderisce a questa posizione non può essere considerato un rappresentante del Partito Democratico.

Sull’altro lato, è sembrato che Ryan si sia reso conto che questa domanda lo metteva in una situazione più difficile di quanto si sarebbe aspettato. A me non importa se la risposta fosse o meno precostituita; nel momento in cui è stata data mi sono trovato di fronte a un mistero che irrompe attraverso i confini della politica, del tempo e dello spazio, delle politiche di Obama, Biden, Romney e Ryan.

Ecco le sue parole: “Mi volete domandare, in sostanza, perché sono pro-life? Non è semplicemente per la mia fede cattolica. Questo è, naturalmente, un elemento, ma è anche una questione di ragione e scienza”.E ha aggiunto Ryan: “Sapete, circa dieci anni e mezzo fa, andai con mia moglie Janna al Mercy Hospital a Jamesville, dove sono nato, per l’ecografia della nostra prima figlia a sette settimane. Abbiamo visto il battito del suo cuore. La nostra piccola bambina sembrava un fagiolo e, a seguito di quel giorno, abbiamo poi soprannominato 'Fagiolo' questa nostra prima figlia, Liza. Ora, io sono convinto che la vita comincia con il concepimento.
Queste sono le ragioni per cui io sono pro-life.

Ciò che più mi preoccupa è come questa amministrazione ha affrontato questi temi nel loro complesso. Guardate cosa stanno facendo, attraverso Obamacare, con l’attacco alle liberta religiose di questo Paese. Stanno violando la nostra prima libertà, la libertà di religione, violando i diritti delle opere di carità cattoliche, delle chiese cattoliche, degli ospedali cattolici. La nostra Chiesa non dovrebbe essere costretta a far causa al governo federale per conservare la nostra libertà di religione”.

La risposta di Biden alla domanda sull’aborto è coerente con quella della maggioranza dei Democratici. Egli afferma di accettare l’insegnamento della Chiesa sull’aborto, “nella sua vita personale”. La logica conseguenza è, quindi, che il nostro vice presidente crede che la vita inizi con il concepimento e che, perciò, l’aborto sia la soppressione di una vita umana ed equivalga a un omicidio. Tuttavia, ritiene che, per quanto riguarda la politica, non può imporre agli altri le sue personali opinioni. Per riassumere, secondo la sua fede, Biden sa che l’aborto è la distruzione di una vita umana innocente, ma la sua concezione del rapporto tra fede e politica gli impedisce, come a tanti altri cattolici, di impegnarsi a escogitare e promuovere politiche che siano coerenti con quanto deriva dalla sua fede.

I sostenitori dell’aborto che credono che il feto non sia una persona umana hanno almeno un motivo etico su cui appoggiarsi.

Non c’è da meravigliarsi se abbiamo bisogno di un Anno della Fede!

Lorenzo Albacete

Sussidiarionet

mercoledì 17 ottobre 2012

 

lunedì 15 ottobre 2012

300 NUMERI DI AD HOC


AD HOC, volantino del Crocevia che ogni settimana pubblica brani della parola del Papa, ha raggiunto il numero 300.

Dal 2007 l’incontro conviviale del venerdì è diventato per molti un momento fondante del cammino settimanale. Perché  non è mai stato un incontro fra “pari”, ma un incontro con un paragone autorevole.

Per questo gli amici del Crocevia si sono ritrovati per una serata di festa  con le famiglie e i figli, per amore di ciò che ci accade ora.

LUNEDI’ 8 OTTOBRE 2012  300 NUMERI DI AD HOC

IL MAGISTERO DI BENEDETTO XVI: GUIDA PER UN GIUDIZIO ESATTO.     Riflessione di don Agostino Tisselli per gli amici del Crocevia

 A partire dall’incontro di BENEDETTO XVI  con i suoi ex allievi (sett. 2012)

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  1. NESSUN POPOLO HA UN DIO COSI’ VICINO COME ISRAELE HA VICINO IL SUO DIO.
a.      Un Dio astratto e lontano non è credibile. L’uomo in quanto tale ha bisogno di un DIO PRESENTE

-          Che mostri il suo volto
-          Che si riveli
-          Che entri nella sua storia per guidarla alla liberazione , al compimento del suo desiderio.

b.      Questo è un dio convincente che suscita la meraviglia degli altri popoli verso Israele.

  1. IL DIO DI ISRAELE MOSTRA LA SUA VICINANZA CON IL DONO DELLA LEGGE:
a.      Non è frutto della presunzione umana

b.      Ma è dono della presenza di Dio (Dio stesso) che rende saggio e giusto il popolo

  1. LA SAGGEZZA E’
a.      L’arte di essere uomini

b.      L’arte di saper vivere bene

c.       L’arte di saper morire bene

  1. QUESTO PUO’ ACCADERE SOLO QUANDO SI E’ RICEVUTA LA VERITA’ E DALLA VERITA’ CI SI LASCIA CONDURRE (IN UN PARAGONE CONTINUO CON LEI). LA CULTURA E’ (come affermava ripetutamente don Giussani) COSCIENZA (paragone) CRITICA E SISTEMATICA DELL’ESPERIENZA (fare le cose con un giudizio dentro).
Capacità critica= pensare – ponderare – dare peso – valutare – dare un prezzo (dal greco “crino”). Per pesare una merce occorre metterla in un piatto della bilancia, e sull’altro piatto l’unità di confronto, l’unità di misura, il “peso”, il criterio. Senza questo tutto è “scriteriato”, menzognero, non giusto, arbitrario, non attendibile, non si può ESSERE UOMINI IN MODO RETTO.

  1. LA LEGGE
a.      Nulla togliere a ciò che viene da Dio come dono
b.      Nulla aggiungere come incrostazione dalla presunzione umana

  1. LA CHIESA E’ L’ISRAELE UNIVERSALE NEL QUALE PERSISTE IL NUCLEO ESSENZIALE DELLA LEGGE: CRISTO STESSO

  1. L’amore di Dio per noi
  2. Il nostro amore per lui
  3. E per gli uomini
Nel quale ritroviamo tutta la saggezza di DIO, nell’essere uniti con Cristo
-          Con-camminando con Lui
-          Con-vivendo con Lui

Impariamo la SAGGEZZA DI DIO CHE E’ VERITA’
Questa saggezza, questa vicinanza di Dio, questa legge è Cristo stesso.
 

  1. “QUALE POPOLO può dire che Dio gli sia così vicino?”
Questo popolo non lo abbiamo fatto noi. Ci è stato donato.

  1. E’ UNA GRATITUDINE CHE SI IRRADIA INTORNO E CHE UNISCE GLI UOMINI NELLA CHIESA DI CRISTO. Ma anche nella Chiesa accade questo fenomeno: siamo preoccupati di lodare noi stessi e le nostre opere. “Siamo generati per mezzo di una parola di verità”: la verità sembra lontana, nessuno può dire: ho la verità.
  2. E’ LA VERITA’ CHE CI POSSIEDE , E’ QUALCOSA DI VIVENTE! NOI NON SIAMO SUOI POSSESSORI, BENSI’ SIAMO DA LEI AFFERRATI. La verità non va solo ascoltata, occorre lasciarsi FORMARE E GUIDARE DA LEI. LA VERITA’ E’ COSI’ VICINA CHE E’ UNO DI NOI. Conosce il “sapore” dell’essere umano, lo conosce dal di dentro, vi entra dentro (EUCARISTIA) per rinnovarci.