UN ESEMPIO DI SUSSIDIARIETA' CHE PIACE POCO
ALL'AMMINISTRAZIONE COMUNALE
Accompagnare nella
difficoltà, con umanità e amicizia, affinché le persone non si sentano sole e
siano aiutate a risollevarsi e a ricominciare a camminare con le proprie gambe.
E’ questa la missione che da sempre caratterizza il Banco Alimentare
e l’impegno dei volontari. Non un’opera assistenzialistica, sottolineano
i responsabili, ma un servizio che vuole valorizzare le persone potenziando in
esse la coscienza della propria dignità e il desiderio di costruirsi la vita.
Elementi che spesso si fondano anche su fatti concreti, come l’avere una casa o
trovare lavoro; obiettivi che i volontari prendono a cuore, insieme alla
consegna del cibo, cercando di dare una mano al loro raggiungimento.
Da assistiti a volontari: quattro successi .
Si tratta di un anziano, una ragazza e due famiglie che
nelle ultime settimane, volontariamente, hanno rinunciato a ricevere il pacco
quindicinale che da alcuni anni i volontari portavano loro, e chiesto di
entrare a far parte della schiera dei volontari. Una scelta dovuta al venir
meno della situazione di bisogno (alcuni hanno trovato lavoro o alloggio), e
che parla allo stesso tempo della gratitudine degli assistiti, ma anche della
possibilità di riuscire, con l’aiuto di amici e con un buona dose di coraggio e
forza di volontà, a riprendere in mano la propria vita. Come è accaduto a Giuseppe
Fontanarosa di Sarsina, 57 anni, che racconta con entusiasmo la svolta positiva
che ha avuto la sua vita dopo l’incontro con il Cds. Per due anni anche lui è
stato assistito dai volontari, da quando cioè ha perso il lavoro all’interno
dell’Asl, all’età di 55 anni. “E’ stata una tragedia per me ritrovarmi da un
giorno all’altro senza una fonte di reddito - racconta - Abito con una compagna
e con suo fratello disabile. Vivevamo in tre con il solo stipendio di
lei, che non arrivava neppure a mille euro. E non pensavo di riuscire a trovare
una nuova occupazione alla mia età. E’ già difficile da giovani, figuriamoci
dopo i 50 anni. Così quando un amico mi ha proposto di iniziare un rapporto con
il Cds ho accettato”. Rapporto che ha significato anzitutto l’amicizia con una
volontaria.
“Mi ha colpito la spontaneità e gratuità con la quale siamo
stati trattati - racconta Pino - Siamo stati voluti bene. Quando la volontaria
veniva a trovarci non ci portava solo i pacchi, ma parlavamo di tante cose.
Anche delle domande grandi della vita. Io non sono praticante, ma ho uno
spirito religioso, e mi faceva piacere dialogare su questo”. Per aiutare
Giuseppe (che per gli amici è semplicemente Pino), la volontaria ha cercato
anche di mobilitarsi al fine di trovare un lavoro. “Quando mi ha proposto di
fare il colloquio presso il titolare di una fabbrica non mi pareva vero -
spiega - Sono andato e questo ha accettato di assumermi. E’ stata una conquista
grandissima di cui sarò grato per sempre”. Tanto che, passata l’emergenza, Pino
vuole dare una mano e diventare volontario a sua volta. “Hanno fatto tanto per
me che ora voglio fare anche io qualcosa per gli altri - conclude - E poi la
mia storia è la testimonianza che è sempre possibile rialzarsi. Con la volontà
e l’umiltà di lasciarsi aiutare”.
“Spendere meno per donare cibo tutto l’anno”
L’esperienza che oggi unisce una trentina di massaie che hanno dato vita al gruppo “Il pane dell’amicizia” a sostegno del Cds, nasce alcuni anni fa, dall’intuizione di una di loro. “Andavo a portare il pacco periodicamente ad un anziano - racconta Giovanna Fedi, la referente - e mi accorsi che quello che c’era dentro era inadeguato al bisogno. Così ho pensato di coinvolgere alcune amiche nell’idea di fare la spesa sistematicamente a favore dei bisognosi, e donare derrate alimentari ogni 15 giorni, acquistando ciò che ci veniva indicato direttamente dal Centro”. Così la “compagnia delle casalinghe” è partita. “Abbiamo imparato ad acquistare più cose senza alzare la spesa complessiva, in modo da non gravare sulla famiglia - continua - E questa iniziativa, che col tempo si è allargata, ha finito con l’essere un fatto fortemente positivo non solo per noi e per chi usufruisce dei beni, ma per tutta la famiglia. Un’amica mi raccontava che i suoi figli adolescenti, dopo aver saputo della spesa, hanno chiesto di contribuire mettendoci anche qualcosa di loro. Un bel valore aggiunto per l’educazione”.
Aiuti a 550 persone l’anno
Non solo pacchi alimentari ogni 15 giorni, ma anche un’amicizia per sostenere le persone in difficoltà e aiutarle a risollevarsi trovando lavoro o gestendo in modo positivo le difficoltà familiari che spesso, purtroppo, si accompagnano alle situazioni di indigenza. E’ questo ciò che cerca di fare il Banco Alimentare di Cesena attraverso gli oltre 100 volontari che, gratuitamente, mettono a disposizione la loro opera. Un servizio che segue circa 550 persone nel cesenate attraverso la consegna periodica di cibo, e che si sorregge interamente sulle donazioni di derrate alimentari: quelle fatte dai privati in occasione di giornate particolari (come la Colletta alimentare o il Donacibo nelle scuole), quelle una tantum degli imprenditori locali, e quelle che mensilmente hanno accettato di fare almeno 200 persone in città. Il Banco opera a Cesena da oltre 10 anni.
Presente da oltre 10 anni sul territorio, con 30 tonnellate di beni distribuiti annualmente per un valore di circa 100 mila euro e un “capitale umano” di 550 persone in difficoltà economica seguite, il Banco oggi rischia di rimanere senza una sede. Che per il genere di attività che svolge è fondamentale: sia sul piano della formazione e dello scambio di esperienze tra gli operatori, sia su quello dello stoccaggio dei beni alimentari ricevuti, la cui distribuzione è diluita nell’arco di settimane o mesi.
A spiegarlo è Alessio Bonaldo, il
presidente del Banco alimentare di Cesena, secondo il quale senza una soluzione
al problema la situazione che si verrebbe a creare sarebbe grave e senza mezzi
termini: “Saremmo costretti ad interrompere il servizio”. Dunque di punto in
bianco perderebbero l’aiuto le 550 persone del comprensorio cesenate che per imbandire
la tavola fino a fine mese contano proprio sui pacchi dei volontari.
All’asta la sede storica dell’ex scuola di San Cristoforo
Il problema nasce dalla situazione dell’edificio del quale il banco usufruisce dal 2006 grazie ad un contratto di comodato gratuito stilato con Palazzo Albornoz. Locali che, per scelta dell’amministrazione comunale, sono stati ceduti a “Valore città”, la società a partecipazione pubblica costituita per l’alienazione dei beni immobili di proprietà del Comune. Da quel momento sul banco grava una sorta di “Spada di Damocle” che potrebbe vederlo alla porta da un giorno all’altro. Periodicamente, infatti, l’immobile è messo all’asta. E se anche fino ad oggi ogni seduta è andata deserta, è presumibile e comunque possibile che prima o poi il fabbricato un acquirente lo trovi. E nel momento in cui fosse stilato il contratto, volontari e pacchi dovrebbero lasciare liberi gli spazi nell’arco di alcuni giorni. Una condizione, dunque, tutt’altro che tranquillizzante.
L’auspicio: un nuovo immobile o agevolazioni a privati
“Siamo molto preoccupati di quello che potrebbe riservarci il futuro - continua Bonaldo - Corriamo il rischio di non essere più in grado di portare avanti il nostro impegno. E sarebbe per noi un grande smacco, in quanto vediamo le situazioni di bisogno e conosciamo le persone con le quali abbiamo allacciato rapporto”. Senza un luogo fisico sul quale poter contare il banco vedrebbe infatti pregiudicate due attività che sono invece fondamentali per il suo servizio. Anzitutto i momenti di incontro e confronto tra volontari: “Perché l’aiuto che forniamo sia realmente efficace - racconta Bonaldo - E’ necessario un lavoro sulle esperienze che i volontari vivono. Per questo c’incontriamo periodicamente per raccontarci, e facciamo gruppi di lavoro per trovare soluzioni condivise”.
All’asta la sede storica dell’ex scuola di San Cristoforo
Il problema nasce dalla situazione dell’edificio del quale il banco usufruisce dal 2006 grazie ad un contratto di comodato gratuito stilato con Palazzo Albornoz. Locali che, per scelta dell’amministrazione comunale, sono stati ceduti a “Valore città”, la società a partecipazione pubblica costituita per l’alienazione dei beni immobili di proprietà del Comune. Da quel momento sul banco grava una sorta di “Spada di Damocle” che potrebbe vederlo alla porta da un giorno all’altro. Periodicamente, infatti, l’immobile è messo all’asta. E se anche fino ad oggi ogni seduta è andata deserta, è presumibile e comunque possibile che prima o poi il fabbricato un acquirente lo trovi. E nel momento in cui fosse stilato il contratto, volontari e pacchi dovrebbero lasciare liberi gli spazi nell’arco di alcuni giorni. Una condizione, dunque, tutt’altro che tranquillizzante.
L’auspicio: un nuovo immobile o agevolazioni a privati
“Siamo molto preoccupati di quello che potrebbe riservarci il futuro - continua Bonaldo - Corriamo il rischio di non essere più in grado di portare avanti il nostro impegno. E sarebbe per noi un grande smacco, in quanto vediamo le situazioni di bisogno e conosciamo le persone con le quali abbiamo allacciato rapporto”. Senza un luogo fisico sul quale poter contare il banco vedrebbe infatti pregiudicate due attività che sono invece fondamentali per il suo servizio. Anzitutto i momenti di incontro e confronto tra volontari: “Perché l’aiuto che forniamo sia realmente efficace - racconta Bonaldo - E’ necessario un lavoro sulle esperienze che i volontari vivono. Per questo c’incontriamo periodicamente per raccontarci, e facciamo gruppi di lavoro per trovare soluzioni condivise”.
Ma c’è
una seconda, fondamentale dimensione che rende indispensabile una sede: lo
stoccaggio delle merci. Il banco raccoglie derrate di beni a lunga
conservazione che vengono distribuite poi nell’arco di mesi. Se ogni 15 giorni
vengono preparati una 70ina di pacchi da consegnare, ci sono poi scatoloni e
scatoloni di beni che rimangono ben più a lungo.
“Una nuova sede sarebbe stata comunque necessaria, anche se la scuola non fosse andata all’asta - precisa Bonaldo - Se quando siamo partiti seguivamo circa 200 persone e gli spazi erano sufficienti, col tempo l’attività è cresciuta fino a raggiungere 550 utenti e un centinaio di volontari. Dunque anche i locali sono diventati stretti, oltre che fatiscenti per via del naturale deterioramento della struttura. Per il genere di lavoro che abbiamo ci occorrerebbero almeno 150 metri quadrati”.
Due allora le possibili soluzioni che indica il banco. “Chiediamo al Comune una nuova sede per metterci in grado, nell’ottica della sussidiarietà, di contribuire all’emergenza sociale dettata dalla crisi. Se questo non fosse possibile, almeno che vengano studiate agevolazioni per i privati che volessero darci una mano. Una strada, per esempio, potrebbe essere quella di sgravare dal pagamento dell’Imu l’eventuale locale che ci venisse messo a disposizione”.
“Una nuova sede sarebbe stata comunque necessaria, anche se la scuola non fosse andata all’asta - precisa Bonaldo - Se quando siamo partiti seguivamo circa 200 persone e gli spazi erano sufficienti, col tempo l’attività è cresciuta fino a raggiungere 550 utenti e un centinaio di volontari. Dunque anche i locali sono diventati stretti, oltre che fatiscenti per via del naturale deterioramento della struttura. Per il genere di lavoro che abbiamo ci occorrerebbero almeno 150 metri quadrati”.
Due allora le possibili soluzioni che indica il banco. “Chiediamo al Comune una nuova sede per metterci in grado, nell’ottica della sussidiarietà, di contribuire all’emergenza sociale dettata dalla crisi. Se questo non fosse possibile, almeno che vengano studiate agevolazioni per i privati che volessero darci una mano. Una strada, per esempio, potrebbe essere quella di sgravare dal pagamento dell’Imu l’eventuale locale che ci venisse messo a disposizione”.
Michela Conficconi
Da "La Voce di Romagna"
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