MASSIMO PANDOLFI 12 aprile 2014
Piero della Francesca Madonna del Parto |
Il miracolo di Giacomo.
Nato e morto dopo 19 ore, 4 minuti e 12 secondi. Era un condannato a morte
Giacomo. Senza speranza. L’ecografia, al terzo mese di gravidanza, non aveva
lasciato spazio al minimo dubbio: il bimbo era anencefalico, cioè privo di scatola
cranica. Possibilità di sopravvivenza: zero per cento. E infatti Giacomo è
morto.
Eppure questo lampo di vita inutile, o presunto tale, ha dato e sta dando dei frutti incredibili: ed è questo il miracolo.
Oggi, a Bologna, all’ospedale Sant’Orsola, con un convegno internazionale, si comincia un percorso importante che porterà il reparto di Neonatologia a diventare praticamente il primo in Italia che si prenderà istituzionalmente cura, in modo diverso, dei bambini nati e condannati a vivere pochi minuti o poche ore. Si seguiranno percorsi alternativi, come è stato fatto per Giacomo. Per quelle 19 ore, 4 minuti e 12 secondi, Giacomo ad esempio non è stato in una incubatrice, in una sala rianimazione o in chissà quale tecnologico marchingegno. E’ rimasto in camera con mamma Natascia e papà Mirco: così, semplicemente,fra le braccia dei suoi genitori. Ed è stato coccolato anche dai suoi fratellini, Federico e Francesca, che sapevano che avrebbero potuto giocare per poco, pochissimo, con Giacomino.
Si chiama «Percorso Giacomo» il protocollo che in queste settimane hanno studiato al Sant’Orsola e vogliono mettere in pratica. Unito a un’assistenza medica continua con la famiglia.
E sono tutti d’accordo, cattolici e laici. Perchè la bellezza e la singolarità della storia nata con Giacomo è che non se n’è fatta una questione etica. Quelli schierati da una parte e quelli schierati dall’altra. No, un fatto, un’esperienza ha impedito che si finisse incartati fra infinite e irrisolte bagarre ideologiche.
Il tutto ha ancora più dell’incredibile perchè Natascia, la mamma, aveva già avuto un’altra figlia, undici anni fa, nata con la stessa malformazione di Giacomo. Anche lei è morta subito dopo il parto.
Quando hanno scoperto che Giacomo avrebbe avuto lo stesso destino, il ginecologo le disse: «Non faccia la pazzia dell’altra volta».
Natascia — che pure è cattolica, convinta, praticante — ha urlato forte, dentro di sè: «Signore, ma dove c...sei?». Voleva abortire.
Poi sono successe tante cose, il cardinale di Bologna Carlo Caffarra ha preso la famiglia per mano e Natascia, alla fine, ha rifatto questa ‘pazzia’. «Che senso ha avuto tutto questo? Faccio un esempio: Da due anni anche il matrimonio andava così così, tutto era diventata un incastro di cose, la famiglia, il lavoro, i bambini. Così la vita la sciupi, la sopporti. Abbiamo ripreso ad amare la realtà. Le 19 ore di Giacomo hanno inciso più dei miei 40 anni di vita».
INTERVISTA ALLA MAMMA
Signora Natascia, perché ha fatto nascere un bimbo destinato a morire in un lampo?
«A dire il vero, quando seppi della malformazione di Giacomo, pensai di abortire. Il ginecologo mi disse: ‘Non faccia la pazzia di undici anni fa’».
Che sarebbe?
«Mi era capitata la stessa cosa. Ho portato avanti la gravidanza di Michela, morta pochi attimi dopo il parto. Come Giacomo».
Che senso ha tutto questo?
«Me lo sono chiesto anch’io. Urlavo forte al Signore, un anno fa: ‘Ma dove sei, dove sei?’».
Quanto ha influito la sua forte fede cattolica?
«Non me la potevo cavare con un ‘la vita è un dono’ e quindi andare avanti a testa bassa. Stavolta di sicuro non mi bastava più».
E cosa ha fatto?
«Ne ho parlato con mio marito, Mirco, che mi ha detto: ‘Ti seguo, sono con te, fai la cosa che ti fa meno male’».
E lei?
«Temevo che sarebbero stati sei mesi inutili»
E’ vero che l’ha convinta il cardinale Caffarra a non abortire?
«Guardi, la prima volta che sono andata da lui pensavo di incastrarlo. Volevo fargli dire che questa non è vita. Gli ho posto tre domande, arrabbiata».
Che erano?
«Prima: il bimbo che porto in grembo non ha cervello. E’ una vita? Poi: è la seconda volta che mi capita, non sarà un disegno del diavolo? Terza: dov’è adesso Michela, la mia prima figlia nata morta? E dove andrà Giacomo?»
Le risposte di Caffarra?
«La prima: è un bambino vero, e soprattutto è tuo figlio. Seconda: è un dono di Dio, perché il Diavolo non può dare e togliere la vita. Può solo allontanarti dalla verità ed è quello che sta cercando di fare. Terza: Michela è tra le braccia di Dio, Ci andrà anche Giacomo».
Convinta?
«Scossa, ma serviva di più».
E cosa ha fatto Caffarra?
«Mi ha preso le mani, me le ha strette forte e mi ha detto: io sarò sempre con te. Vai ogni giorno a San Luca, chiedi alla Madonna di aiutarti a correre come ti viene chiesto, ora non ce la fai perchè sei troppo lacerata. Ma chiedi aiuto! Chiedi, chiedi».
Torniamo a monte: che senso ha avuto tutto questo?
«Le rispondo con un esempio. Da un paio d’anni il matrimonio andava così e così, eravamo travolti dalle cose da incastrare, avevamo perso il cuore di tutto. Così la vita la sciupi, la sopporti. Non amavo più la realtà. Ora è cambiato tutto».
Miracolo di Giacomo...
«Io per Giacomo ho chiesto per mesi e mesi anche il miracolo vero e proprio, la guarigione. Ho scritto ai due Papi, Francesco e Benedetto, che mi hanno risposto, con tenerezza. Mi sono rivolta ovunque. Ho alzato bandiera bianca all’ecografia del sesto mese. Allora ho detto: ‘Mi arrendo, però Gesù ora dimostrami la tua tenerezza e la tua potenza’».
Risultato?
«Le 19 ore di Giacomo hanno inciso più di 40 anni della mia vita».
Gli altri due suoi suoi figli, Federico e Francesca?
«Hanno giocato per quelle 19 ore con lui, lo coccolavano, anche se erano preparati al lutto. Francesca, la più piccola, disegna la nostra famiglia e ci mette sei persone. Anche Giacomo e Michela».
E ora l’ospedale Sant’Orsola lancia il percorso Giacomo.
«Vedevo in corsia tutto questo via vai di medici, infermiere, ostetriche. Io mi chiedevo: ma cos’hanno visto? Una caposala ha risposto: ‘Ho visto un bambino che non doveva esserci e c’era. E una famiglia che lo amava’».
Eppure questo lampo di vita inutile, o presunto tale, ha dato e sta dando dei frutti incredibili: ed è questo il miracolo.
Oggi, a Bologna, all’ospedale Sant’Orsola, con un convegno internazionale, si comincia un percorso importante che porterà il reparto di Neonatologia a diventare praticamente il primo in Italia che si prenderà istituzionalmente cura, in modo diverso, dei bambini nati e condannati a vivere pochi minuti o poche ore. Si seguiranno percorsi alternativi, come è stato fatto per Giacomo. Per quelle 19 ore, 4 minuti e 12 secondi, Giacomo ad esempio non è stato in una incubatrice, in una sala rianimazione o in chissà quale tecnologico marchingegno. E’ rimasto in camera con mamma Natascia e papà Mirco: così, semplicemente,fra le braccia dei suoi genitori. Ed è stato coccolato anche dai suoi fratellini, Federico e Francesca, che sapevano che avrebbero potuto giocare per poco, pochissimo, con Giacomino.
Si chiama «Percorso Giacomo» il protocollo che in queste settimane hanno studiato al Sant’Orsola e vogliono mettere in pratica. Unito a un’assistenza medica continua con la famiglia.
E sono tutti d’accordo, cattolici e laici. Perchè la bellezza e la singolarità della storia nata con Giacomo è che non se n’è fatta una questione etica. Quelli schierati da una parte e quelli schierati dall’altra. No, un fatto, un’esperienza ha impedito che si finisse incartati fra infinite e irrisolte bagarre ideologiche.
Il tutto ha ancora più dell’incredibile perchè Natascia, la mamma, aveva già avuto un’altra figlia, undici anni fa, nata con la stessa malformazione di Giacomo. Anche lei è morta subito dopo il parto.
Quando hanno scoperto che Giacomo avrebbe avuto lo stesso destino, il ginecologo le disse: «Non faccia la pazzia dell’altra volta».
Natascia — che pure è cattolica, convinta, praticante — ha urlato forte, dentro di sè: «Signore, ma dove c...sei?». Voleva abortire.
Poi sono successe tante cose, il cardinale di Bologna Carlo Caffarra ha preso la famiglia per mano e Natascia, alla fine, ha rifatto questa ‘pazzia’. «Che senso ha avuto tutto questo? Faccio un esempio: Da due anni anche il matrimonio andava così così, tutto era diventata un incastro di cose, la famiglia, il lavoro, i bambini. Così la vita la sciupi, la sopporti. Abbiamo ripreso ad amare la realtà. Le 19 ore di Giacomo hanno inciso più dei miei 40 anni di vita».
INTERVISTA ALLA MAMMA
Signora Natascia, perché ha fatto nascere un bimbo destinato a morire in un lampo?
«A dire il vero, quando seppi della malformazione di Giacomo, pensai di abortire. Il ginecologo mi disse: ‘Non faccia la pazzia di undici anni fa’».
Che sarebbe?
«Mi era capitata la stessa cosa. Ho portato avanti la gravidanza di Michela, morta pochi attimi dopo il parto. Come Giacomo».
Che senso ha tutto questo?
«Me lo sono chiesto anch’io. Urlavo forte al Signore, un anno fa: ‘Ma dove sei, dove sei?’».
Quanto ha influito la sua forte fede cattolica?
«Non me la potevo cavare con un ‘la vita è un dono’ e quindi andare avanti a testa bassa. Stavolta di sicuro non mi bastava più».
E cosa ha fatto?
«Ne ho parlato con mio marito, Mirco, che mi ha detto: ‘Ti seguo, sono con te, fai la cosa che ti fa meno male’».
E lei?
«Temevo che sarebbero stati sei mesi inutili»
E’ vero che l’ha convinta il cardinale Caffarra a non abortire?
«Guardi, la prima volta che sono andata da lui pensavo di incastrarlo. Volevo fargli dire che questa non è vita. Gli ho posto tre domande, arrabbiata».
Che erano?
«Prima: il bimbo che porto in grembo non ha cervello. E’ una vita? Poi: è la seconda volta che mi capita, non sarà un disegno del diavolo? Terza: dov’è adesso Michela, la mia prima figlia nata morta? E dove andrà Giacomo?»
Le risposte di Caffarra?
«La prima: è un bambino vero, e soprattutto è tuo figlio. Seconda: è un dono di Dio, perché il Diavolo non può dare e togliere la vita. Può solo allontanarti dalla verità ed è quello che sta cercando di fare. Terza: Michela è tra le braccia di Dio, Ci andrà anche Giacomo».
Convinta?
«Scossa, ma serviva di più».
E cosa ha fatto Caffarra?
«Mi ha preso le mani, me le ha strette forte e mi ha detto: io sarò sempre con te. Vai ogni giorno a San Luca, chiedi alla Madonna di aiutarti a correre come ti viene chiesto, ora non ce la fai perchè sei troppo lacerata. Ma chiedi aiuto! Chiedi, chiedi».
Torniamo a monte: che senso ha avuto tutto questo?
«Le rispondo con un esempio. Da un paio d’anni il matrimonio andava così e così, eravamo travolti dalle cose da incastrare, avevamo perso il cuore di tutto. Così la vita la sciupi, la sopporti. Non amavo più la realtà. Ora è cambiato tutto».
Miracolo di Giacomo...
«Io per Giacomo ho chiesto per mesi e mesi anche il miracolo vero e proprio, la guarigione. Ho scritto ai due Papi, Francesco e Benedetto, che mi hanno risposto, con tenerezza. Mi sono rivolta ovunque. Ho alzato bandiera bianca all’ecografia del sesto mese. Allora ho detto: ‘Mi arrendo, però Gesù ora dimostrami la tua tenerezza e la tua potenza’».
Risultato?
«Le 19 ore di Giacomo hanno inciso più di 40 anni della mia vita».
Gli altri due suoi suoi figli, Federico e Francesca?
«Hanno giocato per quelle 19 ore con lui, lo coccolavano, anche se erano preparati al lutto. Francesca, la più piccola, disegna la nostra famiglia e ci mette sei persone. Anche Giacomo e Michela».
E ora l’ospedale Sant’Orsola lancia il percorso Giacomo.
«Vedevo in corsia tutto questo via vai di medici, infermiere, ostetriche. Io mi chiedevo: ma cos’hanno visto? Una caposala ha risposto: ‘Ho visto un bambino che non doveva esserci e c’era. E una famiglia che lo amava’».
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