giovedì 12 giugno 2014

UN PASSO AVANTI? VERSO DOVE?

"La determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile"


Sono state pubblicate le motivazioni che la Corte Costituzionale porta per l'abolizione del divieto della fecondazione artificiale eterologa, cioè con l'intervento di ovuli o sperma di terzi. Ora, io certo non sono uno di questi autorevoli legulei; a me piace molto di più la scienza, dove di solito uno più fa due e le leggi danno conseguenze certe. Se le leggi della fisica fossero date in gestione a certi giudici probabilmente l'universo sarebbe già collassato oppure esploso.

Infatti nelle motivazioni sono espresse le ragioni della sentenza; peccato però che l'impianto si contraddica intimamente sin nel fondamento. Dato infatti che si dice che "Il divieto in esame cagiona, in definitiva, una lesione della libertà fondamentale della coppia destinataria della legge n. 40 del 2004 di formare una famiglia con dei figli", si dimentica che qui non si parla più della vita privata familiare, o di coppia, dato l'esplicito intervento di un elemento estraneo alla famiglia ed estraneo alla coppia stessa. Il voler opportunamente scordare il nodo stesso del contendere la dice lunga sull'impostazione ideologica sottostante.
L'affermazione in cui il divieto di eterologa "introduce un evidente elemento di irrazionalità" è quindi irrazionale in se stessa, dato che lascia da parte il nucleo stesso del problema.

Se uno dei proponenti il ricorso dichiara
"L’art. 2 Cost. garantisce, infatti, anche il diritto alla formazione di una famiglia, riconosciuto dall’art. 29 Cost., mentre il successivo art. 30, stabilendo la giusta e doverosa tutela dei figli, reca un «passaggio che presuppone – riconoscendolo – e tutela la finalità procreativa del matrimonio"
direi che anche qui siamo malparati, dato che il figlio non avviene con una procreazione all'interno del matrimonio. Ma i giudici anche qui scelgono di ignorare il "piccolo particolare".

E come ci riesce? mediante questo simpatico trucco: "I concetti di famiglia e genitorialità dovrebbero essere, inoltre, identificati tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento". Cioè, freghiamocene pure di quello che sta scritto nella Costituzione: come stanno le cose lo decidiamo noi.
Atteggiamento ribadito anche al punto successivo:  "mentre i principi di non discriminazione e ragionevolezza rendono ammissibile la fissazione di determinati limiti ai diritti, vietano di stabilire una diversità di trattamento di situazioni identiche o omologhe, in difetto di ragionevoli giustificazioni."
In altre parole essere o non essere sposati, avere la presenza o meno di una coppia al cui interno avviene il concepimento è identico. Complimenti, signori giudici: affermate il diretto contrario di quanto dite.

A prendere per buona quanto espresso ed accolto nella sentenza, quindi, il matrimonio cessa di essere quello che il resto della Costituzione definisce, per diventare un guscio completamente vuoto.
E' il rovesciamento completo di quanto la sentenza dice di affermare. Questa sentenza di fatto butta via l'istituzione matrimoniale, il concetto stesso di famiglia, e non sfuggirà ai più accorti che permette di slegare lo stesso dal fatto che i contraenti siano uomo e donna.
Se infatti è la possibilità tecnica a creare il diritto, e non la realtà, cosa rimane a caratterizzare un matrimonio? Se ovuli e sperma possono essere presi da estranei per creare esseri a proprio capriccio, cosa costituisce ancora una famiglia?

I giudici della corte costituzionale usano l'istituto dell'adozione per dire che non necessariamente i figli devono condividere il patrimonio genetico dei genitori. Peccato che l'adozione parta da una necessità dei figli, non da un presunto diritto dei genitori ad adottare. Una cosa è ospitare all'interno della propria famiglia qualcuno per sua necessità; un'altra creare quella necessità. E' un po' come affermare che, siccome l'ospedale cura le ossa rotte, si possono spezzare gambe senza problemi.

Se i giudici costituzionali affermano che
Le questioni toccano temi eticamente sensibili, in relazione ai quali l’individuazione di un ragionevole punto di equilibrio delle contrapposte esigenze, nel rispetto della dignità della persona umana, appartiene «primariamente alla valutazione del legislatore» (sentenza n. 347 del 1998), ma resta ferma la sindacabilità della stessa, al fine di verificare se sia stato realizzato un non irragionevole bilanciamento di quelle esigenze e dei valori ai quali si ispirano.
Chi si ritiene dunque in diritto di censurare la volontà del legislatore (e del popolo)? Ma diamine, i nostri giudici, entrando a gamba tesa in qualcosa che non dovrebbe proprio riguardarli.
Se infatti avevano già affermato che
la stessa «tutela dell’embrione non è comunque assoluta, ma limitata dalla necessità di individuare un giusto bilanciamento con la tutela delle esigenze di procreazione» (sentenza n. 151 del 2009).
Adesso in pratica sacrificano l'embrione stesso sull'altare di questa volontà assoluta di procreazione che di fatto travalica anche il legame affettivo con il coniuge.

Dato che dicono di usare
un canone di “razionalità” della legge svincolato da una normativa di raffronto, rintracciato nell’“esigenza di conformità dell’ordinamento a valori di giustizia e di equità”
il punto fondamentale è cosa ritengono loro giusto e equo.
Infatti sostengono che
la preclusione assoluta di accesso alla PMA di tipo eterologo introduce un evidente elemento di irrazionalità, poiché la negazione assoluta del diritto a realizzare la genitorialità, alla formazione della famiglia con figli, con incidenza sul diritto alla salute, nei termini sopra esposti, è stabilita in danno delle coppie affette dalle patologie più gravi, in contrasto con la ratio legis.

Eccolo qui il punto fondamentale: la legge che si ritiene più forte della natura. La natura del rapporto tra due persone, la natura del rapporto filiale, insomma la natura stessa. La legge che da un desiderio crea un diritto, da un diritto crea una norma. In nome di un "diritto alla salute" che non esiste, dato che la fecondazione artificiale non è una cura, spesso il contrario.

Come si può affermare che "Il divieto in esame cagiona, in definitiva, una lesione della libertà fondamentale della coppia destinataria della legge n. 40 del 2004 di formare una famiglia con dei figli"? Non è la legge che impedisce loro di avere figli. Sono loro a non poterne generare. Quello che faceva la legge era proibire che potessero usare certe tecniche e il ricorso a terzi per procurarseli in altro modo.

Quello che mi ha fatto ribaltare è poi stata questa frase:  "il rischio di «stressare il proprio fisico per l’eventuale commercializzazione dei gameti» sarebbe scongiurato dal divieto stabilito dalla legge n. 40 del 2004 di commercializzare gli ovuli e, comunque, sarebbe comune ad altre più rilevanti ipotesi, eticamente e socialmente approvate, di donazione di tessuti, organi o parti di essi tra soggetti viventi".
Cioè, giochiamo? Cosa sarebbe scongiurato, esattamente? Che ovuli e sperma possano essere comprati con qualche escamotage di facciata, alla faccia dell' "elevato stress psico-fisico, provocato dall’invasività dei relativi trattamenti" che gli stessi giudici certificano? Raramente ho visto ipocrisie più conclamate. Ipocrisia condivisa da quei commentatori che dicono che la sentenza "mette tutto a posto". A posto 'sta cippa, e lo vedremo presto.
Come del resto, il fatto che si "deve escludere, in radice, infatti, un’eventuale utilizzazione della stessa ad illegittimi fini eugenetici". Chissà chi ci crede davvero: io no. Lo stiamo vedendo ovunque.

Per finire mi ha colpito il fatto, deducibile da una nota in calce, del fatto che almeno una delle coppie che aveva portato ricorso si sia separata. Lascio al lettore intelligente considerazioni sulla sorte dell'eventuale figlio nato da quest'atto tecnico da materiale genetico di uno solo dei "genitori". Anche di questo abbiamo molti dolorosi esempi laddove le future conseguenze di questa sentenza sono già presenti.
Ma il bambino per qualcuno è un diritto, uno sfizio da assecondare, non una persona. "Avere" un figlio implica possesso.

La sentenza e le tecniche che si autorizza ad applicare hanno molto in comune: sono masturbazioni - di organi diversi - che finiscono per svuotare di senso ciò che riguardano. Se questo è un passo avanti, mi domando se tutti abbiano ben chiaro verso dove.


Antonio\Berlicche  

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