"La determinazione di avere o meno un figlio, anche per la
coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima ed
intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile"
Sono state pubblicate le motivazioni che la Corte Costituzionale
porta per l'abolizione del divieto della fecondazione
artificiale eterologa, cioè con l'intervento di ovuli o sperma di terzi.
Ora, io certo non sono uno di questi autorevoli legulei; a me piace molto di
più la scienza, dove di solito uno più fa due e le leggi danno conseguenze
certe. Se le leggi della fisica fossero date in gestione a certi giudici
probabilmente l'universo sarebbe già collassato oppure esploso.
Infatti nelle motivazioni sono espresse le ragioni della
sentenza; peccato però che l'impianto si contraddica intimamente sin nel
fondamento. Dato infatti che si dice che "Il divieto in esame cagiona,
in definitiva, una lesione della libertà fondamentale della coppia destinataria
della legge n. 40 del 2004 di formare una famiglia con dei figli", si dimentica
che qui non si parla più della vita privata familiare, o di coppia, dato
l'esplicito intervento di un elemento estraneo alla famiglia ed estraneo alla
coppia stessa. Il voler opportunamente scordare il nodo stesso del contendere
la dice lunga sull'impostazione ideologica sottostante.
L'affermazione in cui il divieto di eterologa "introduce
un evidente elemento di irrazionalità" è quindi irrazionale in se
stessa, dato che lascia da parte il nucleo stesso del problema.
Se uno dei proponenti il ricorso dichiara
"L’art. 2 Cost. garantisce, infatti, anche il diritto alla
formazione di una famiglia, riconosciuto dall’art. 29 Cost., mentre il
successivo art. 30, stabilendo la giusta e doverosa tutela dei figli, reca un
«passaggio che presuppone – riconoscendolo – e tutela la finalità procreativa
del matrimonio"
direi che anche qui siamo malparati, dato che il figlio non
avviene con una procreazione all'interno del matrimonio. Ma i giudici anche qui
scelgono di ignorare il "piccolo particolare".
E come ci riesce? mediante questo simpatico trucco: "I
concetti di famiglia e genitorialità dovrebbero essere, inoltre, identificati
tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento". Cioè, freghiamocene
pure di quello che sta scritto nella Costituzione: come stanno le cose lo
decidiamo noi.
Atteggiamento ribadito anche al punto successivo: "mentre
i principi di non discriminazione e ragionevolezza rendono ammissibile la
fissazione di determinati limiti ai diritti, vietano di stabilire una diversità
di trattamento di situazioni identiche o omologhe, in difetto di ragionevoli
giustificazioni."
In
altre parole essere o non essere sposati, avere la presenza o meno di una
coppia al cui interno avviene il concepimento è identico. Complimenti, signori
giudici: affermate il diretto contrario di quanto dite.
A prendere per buona quanto espresso ed accolto nella sentenza,
quindi, il matrimonio cessa di essere quello che il resto della Costituzione
definisce, per diventare un guscio completamente vuoto.
E' il rovesciamento completo di quanto la sentenza dice di
affermare. Questa sentenza di fatto butta via l'istituzione matrimoniale, il
concetto stesso di famiglia, e non sfuggirà ai più accorti che permette di
slegare lo stesso dal fatto che i contraenti siano uomo e donna.
Se infatti
è la possibilità tecnica a creare il diritto, e non la realtà, cosa rimane a
caratterizzare un matrimonio? Se ovuli e sperma possono essere presi da
estranei per creare esseri a proprio capriccio, cosa costituisce ancora una
famiglia?
I giudici della corte costituzionale usano l'istituto
dell'adozione per dire che non necessariamente i figli devono condividere il
patrimonio genetico dei genitori. Peccato
che l'adozione parta da una necessità dei figli, non da un presunto diritto dei
genitori ad adottare. Una cosa è ospitare all'interno della propria
famiglia qualcuno per sua necessità; un'altra creare quella necessità. E' un
po' come affermare che, siccome l'ospedale cura le ossa rotte, si possono
spezzare gambe senza problemi.
Se i giudici costituzionali affermano che
Le questioni toccano temi eticamente sensibili, in relazione ai
quali l’individuazione di un ragionevole punto di equilibrio delle contrapposte
esigenze, nel rispetto della dignità della persona umana, appartiene
«primariamente alla valutazione del legislatore» (sentenza n. 347 del 1998), ma
resta ferma la sindacabilità della stessa, al fine di verificare se sia stato
realizzato un non irragionevole bilanciamento di quelle esigenze e dei valori
ai quali si ispirano.
Chi
si ritiene dunque in diritto di censurare la volontà del legislatore (e del
popolo)? Ma diamine, i nostri giudici, entrando a gamba tesa in qualcosa che
non dovrebbe proprio riguardarli.
Se infatti avevano già affermato che
la stessa «tutela dell’embrione non è comunque assoluta, ma
limitata dalla necessità di individuare un giusto bilanciamento con la tutela
delle esigenze di procreazione» (sentenza n. 151 del 2009).
Adesso in pratica sacrificano l'embrione stesso sull'altare di
questa volontà assoluta di procreazione che di fatto travalica anche il legame
affettivo con il coniuge.
Dato che dicono di usare
un canone di “razionalità” della legge svincolato da una
normativa di raffronto, rintracciato nell’“esigenza di conformità
dell’ordinamento a valori di giustizia e di equità”
il punto fondamentale è cosa ritengono loro giusto e equo.
Infatti sostengono che
la preclusione assoluta di accesso alla PMA di tipo eterologo
introduce un evidente elemento di irrazionalità, poiché la negazione assoluta del
diritto a realizzare la genitorialità, alla formazione della famiglia con
figli, con incidenza sul diritto alla salute, nei termini sopra esposti, è
stabilita in danno delle coppie affette dalle patologie più gravi, in contrasto
con la ratio legis.
Eccolo
qui il punto fondamentale: la legge che si ritiene più forte della natura. La
natura del rapporto tra due persone, la natura del rapporto filiale, insomma la
natura stessa. La legge che da un desiderio crea un diritto, da un diritto crea
una norma. In nome di un "diritto alla salute" che non esiste, dato
che la fecondazione artificiale non è una cura, spesso il contrario.
Come si può affermare che "Il divieto in esame cagiona,
in definitiva, una lesione della libertà fondamentale della coppia destinataria
della legge n. 40 del 2004 di formare una famiglia con dei figli"? Non è la legge che impedisce loro di avere
figli. Sono loro a non poterne generare. Quello che faceva la legge era
proibire che potessero usare certe tecniche e il ricorso a terzi per procurarseli
in altro modo.
Quello che mi ha fatto ribaltare è poi stata questa frase:
"il rischio di «stressare il proprio fisico per l’eventuale
commercializzazione dei gameti» sarebbe scongiurato dal divieto stabilito dalla
legge n. 40 del 2004 di commercializzare gli ovuli e, comunque, sarebbe comune
ad altre più rilevanti ipotesi, eticamente e socialmente approvate, di
donazione di tessuti, organi o parti di essi tra soggetti viventi".
Cioè, giochiamo? Cosa sarebbe scongiurato, esattamente? Che
ovuli e sperma possano essere comprati con qualche escamotage di facciata, alla
faccia dell' "elevato stress psico-fisico, provocato dall’invasività
dei relativi trattamenti" che gli stessi giudici certificano?
Raramente ho visto ipocrisie più conclamate. Ipocrisia condivisa da quei
commentatori che dicono che la sentenza "mette tutto a posto". A
posto 'sta cippa, e lo vedremo presto.
Come del resto, il fatto che si "deve escludere, in
radice, infatti, un’eventuale utilizzazione della stessa ad illegittimi fini eugenetici".
Chissà chi ci crede davvero: io no. Lo stiamo vedendo ovunque.
Per finire mi ha colpito il fatto, deducibile da una nota in
calce, del fatto che almeno una delle coppie che aveva portato ricorso si sia
separata. Lascio al lettore intelligente considerazioni sulla sorte
dell'eventuale figlio nato da quest'atto tecnico da materiale genetico di uno
solo dei "genitori". Anche di questo abbiamo molti dolorosi esempi
laddove le future conseguenze di questa sentenza sono già presenti.
Ma il
bambino per qualcuno è un diritto, uno sfizio da assecondare, non una persona. "Avere"
un figlio implica possesso.
La
sentenza e le tecniche che si autorizza ad applicare hanno molto in comune:
sono masturbazioni - di organi diversi - che finiscono per svuotare di senso
ciò che riguardano. Se questo è un passo avanti, mi domando se tutti abbiano
ben chiaro verso dove.
Antonio\Berlicche
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