Questa è l’ora
in cui ci mettiamo in ginocchio pieni di rispetto davanti ai morti della
seconda guerra mondiale ripensando ai moltissimi giovani della nostra patria,
al loro futuro e alle loro speranze che sono andate distrutte nel sanguinoso
massacro della guerra. E come tedeschi ci tocca con dolore il fatto che il loro
slancio ideale e la loro lealtà nei confronti dello Stato siano stati
strumentalizzati da un regime ingiusto.
Ma questo non
macchia l’onore di questi giovani, nella cui coscienza soltanto Dio ha potuto
guardare. Ognuno di loro sta davanti a Dio come singolo, con il cammino della
sua vita e con la sua morte; ognuno sta davanti a quel Dio nella cui bontà
misericordiosa noi sappiamo che sono custoditi tutti i nostri morti. Essi hanno
cercato di fare soltanto il loro dovere, e spesso non senza tremende lotte
interiori, pieni di dubbi e interrogativi. Ma loro ci guardano e ci
interpellano: «E voi? Voi che farete, perché i giovani non siano più costretti
alla guerra? Voi che farete perché il mondo non sia di nuovo devastato
dall’odio, dalla violenza, dalla menzogna?».
Ma se questo è
il momento del dolore e dell’esame di coscienza, è anche il momento di una
profonda gratitudine, perché su queste tombe è nata la riconciliazione. I
nemici di un tempo ora sono diventati amici e si stringono le mani lungo il
cammino comune.
Il sacrificio
dei nostri morti non è stato inutile, anche se lo considerassimo soltanto dal
punto di vista della storia. Dopo la prima guerra mondiale restavano l’astio e
l’inimicizia tra le nazioni che si erano combattute, specialmente tra francesi
e tedeschi. Quest’odio avvelenava gli animi.
Il trattato di
Versailles aveva consapevolmente voluto umiliare la Germania e caricarla di
pesi enormi che spingevano la gente a posizioni estreme, aprendo in tal modo le
porte alle ideologie estremiste e alla dittatura. Quelle promesse menzognere di
riportare la Germania alla libertà, alla sua dignità, al suo onore e alla sua
grandezza si facevano strada e ottenevano ascolto. Ma il principio «occhio per
occhio, dente per dente» non può portare alla pace, lo abbiamo visto.
Grazie a Dio
non si è ripetuto niente di simile dopo la seconda guerra mondiale. Con il
piano Marshall gli americani hanno fornito enormi aiuti a noi tedeschi, ci
hanno permesso di ricostruire il nostro Paese rendendo possibile la libertà e
il benessere. Nel nuovo assetto mondiale dopo il crollo del colonialismo e nel
periodo di duro forte confronto tra l’Est e l’Ovest, è presto maturata la
consapevolezza che solo l’Europa unita può avere voce nella storia e nel suo
futuro. Si è compreso che le diverse ideologie nazionaliste che hanno lacerato
il nostro continente devono scomparire per lasciare spazio a una nuova
solidarietà.
È avvenuto
così dopo i conflitti tra la Francia e la Germania che per secoli hanno
lasciato un’impronta di sangue. Grazie a Dio si è arrivati a una sempre più
stretta amicizia tra francesi e tedeschi e così a partire dalla seconda metà
del Novecento sin dai primi anni Cinquanta, l’Europa si è sviluppata in un
primo nucleo unitario, allargandosi poi in cerchi sempre più vasti. E oggi
stiamo davanti a queste tombe che ci ricordano la fatale discordia di un tempo,
ma ora siamo qui come amici e come persone riconciliate.
Guardando ora
in retrospettiva al processo di riconciliazione reciproca e di solidarietà che
è maturato gradualmente, esso ci appare come uno sviluppo logico che è stato
richiesto e reso possibile formalmente dai nuovi assetti del mondo. Ma non ci
può sfuggire che di per sé questa logica non è stata intesa in modo unitario e
non si è attuata da sola. La storia ci mostra che troppo spesso si agisce
contro ogni logica e contro la ragione.
Il fatto che
la politica della riconciliazione abbia trionfato è merito di tutta una
generazione di uomini politici: ricordiamo i nomi di Adenauer, Schumann, De
Gasperi, de Gaulle. Erano persone obiettive e intelligenti, con un sano
realismo politico: ma tale realismo era radicato nel solido terreno dell’ethos cristiano che essi riconoscevano come ethos di ragione, ethos di
una ragione affinata e chiarificata. Sapevano bene che la politica non può
essere mero pragmatismo, ma deve essere una faccenda morale: obiettivo della
politica è la giustizia, e insieme alla giustizia, la pace.
L’ordine
politico e il potere stesso devono trarre origine dai criteri fondamentali del
diritto. Ma se l’essenza della politica è la moralizzazione del potere e
l’ordine che trae origine dai principi del diritto, allora nel loro fulcro
troviamo una categoria etica fondamentale. Ma i criteri fondamentali della
giustizia da dove provengono? Dove possiamo trovarli?
Per questi
uomini era ben chiaro che i Dieci Comandamenti sono il punto di riferimento
fondamentale per la giustizia, un riferimento valido per tutte le epoche; ed
essi avevano riletto, approfondito e reinterpretato questo riferimento alla
luce del messaggio cristiano.
È
incontestabile il ruolo storico della fede cristiana nell’aver dato vita
all’Europa. È grande merito del cristianesimo non soltanto la nascita
dell’Europa dopo il tramonto del mondo greco-romano e il periodo delle
invasioni barbariche. Anche dopo la seconda guerra mondiale la rinascita
dell’Europa ha come radice il cristianesimo e dunque la responsabilità davanti
a Dio: siamo ben consapevoli che questo è il più profondo fondamento dello
Stato di diritto, come è stato scritto chiaramente nella nostra Costituzione
tedesca, nata dopo il crollo del nazismo.
Chi oggi vuole
costruire l’Europa come roccaforte del diritto e della giustizia che sia valida
per tutti gli uomini di tutte le culture, non può richiamarsi a una ragione
astratta che non conosce nulla di Dio, non appartiene a nessuna cultura
precisa, ma pretende di misurare tutte le culture secondo il proprio metro di
giudizio. Ma di quale metro di giudizio si tratta? Una ragione di questo tipo
quale libertà può garantire, cosa può rifiutare?
Ancora oggi la
responsabilità davanti a Dio e il radicamento nei grandi valori e verità della
fede cristiana, valori che vanno al di là delle singole confessioni cristiane
perché comuni a tutte, sono le forze irrinunciabili per edificare un’Europa
unita che sia molto più di un unico blocco economico: una comunità del diritto,
una roccaforte del diritto, non per se stessa ma per tutta l’umanità.
I morti di La
Cambe ci interpellano: essi sono nella pace di Dio, ma continuano a chiederci:
«Voi cosa fate per la pace?». Ci mettono in guardia nei confronti di uno Stato
che possa perdere i fondamenti del diritto e recidere le sue radici.
Il ricordo del
dolore e dei mali della seconda guerra mondiale insieme al ricordo della grande
storia di riconciliazione, che grazie a Dio si è verificata in Europa, ci
mostrano dove si trovano quelle forze che possono sanare l’Europa e il mondo.
Solo se facciamo entrare Dio nel mondo, la terra può rischiararsi e il mondo
può essere umano.
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