IL PRAGMATISMO IN
POLITICA ESTERA DI TRUMP NON PIACE AI GIORNALI ITALIANI CHE SPARGONO ODIO E
VELENI
Non dico che
sia scoppiata la pace, ma quantomeno lo Stato islamico è sconfitto e
sta ormai per essere sepolto fra Siria e Iraq.
Inoltre
la Siria intravede all’orizzonte una possibile
normalizzazione che mette fine a una guerra terrificante e ad
essere sconfitta da questo esito è la passata
amministrazione Usa, quella di Obama e della Clinton che avevano
sostenuto la guerra ad Assad.
Sebbene non
sia affatto finito il terrorismo islamico nel mondo, dell’eliminazione del
Califfato, con i suoi crimini disumani, non si può che rallegrarsi
(oltretutto questo dovrebbe anche ridurre i flussi migratoriverso
l’Europa).
Gli addetti
ai “livori” dei giornali italiani sono troppo impegnati, da due
anni, a spargere odio e veleni contro Trump e contro Putin
per accorgersi che – nel frattempo – il presidente americano e quello
russo, insieme con il leader cinese Xi, stanno cercando di dare una sistemata
a un pianeta dissestato, allontanando e fermando altre guerre e
conflitti.
Dei tre
leader il solo vero tiranno sarebbe quello cinese, ma – guarda caso – è
l’unico che viene trattato in guanti bianchi dai media (per Trump e Putin
valanghe di disprezzo e di accuse).
Questo
accordo a tre dovrebbe disinnescare senza traumi la “mina vagante Kim”, cioè
la Corea del Nord e dovrebbe dare un assetto finalmente
pacificato (per quanto è possibile dopo quella carneficina) alla Siria,
come pure alla Libia (dissestata al tempo di Obama, Sarkozy
e Cameron: un altro capolavoro…). Ambisce pure a risolvere le tensioni
nel Mar Cinese meridionale tra Cina, Vietnam e Filippine.
Certo, ci
sono anche altre aree di crisi a livello internazionale. Per esempio, lo
scontro fra Iran e Arabia Saudita. Ma se
la guerra civile interna all’Islam fra sciti e sunniti rischia
ora di infiammare altre parti del Medio Oriente, l’unico modo per arginarla e
scongiurare nuovi sanguinosi conflitti – che avrebbero pure pesanti
ripercussioni economiche a causa del petrolio – è proprio l’accordo fra Stati
Uniti e Russia (le due potenze che stanno alle spalle dei due stati
islamici).
E’ anche su
questo – in prospettiva – l’accordo che Trump e Putin stanno faticosamente
cercando di mettere in piedi.
IL PARTITO DELLA GUERRA
Proprio per
scongiurare il dialogo e la pacificazione fra Usa e Russia da più di
un anno l’establishment americano anti-Trump aveva disseminato di mine il
cammino verso Putin, demonizzando il leader russo.
E’ il
“partito della guerra” che faceva riferimento a Hillary Clinton e puntava
sulla sua elezione.
Tutti i
migliori osservatori internazionali, durante la campagna elettorale
americana, sapevano e dicevano che tra la Clinton e Trump, il vero partito
“bellico” era quello della Clinton.
Infatti la
sua strategia, come Segretario di Stato, con Obama, era stata quella di
alzare sempre più la tensione contro la Russia (ricordate le
mega esercitazioni militari della Nato ai confini russi?).
Tutta la
crisi Ucraina veniva usata con questo scopo da Washington (che soffiarono
anche sul fuoco delle devastanti “primavere arabe) e l’Ucraina, con
la questione della Crimea, sarebbe stata la miccia che probabilmente avrebbe
acceso la guerra, una guerra dalle conseguenze imprevedibili, ma
sicuramente tragiche, proprio nel cuore dell’Europa.
E’ uno
scenario folle? No. Lo scenario è quello che si sarebbe presentato con la
vittoria della Clinton.
Folle semmai
era questa politica dello scontro, la politica intrapresa dagli Stati Uniti, fin dagli anni Novanta, e condivisa
sia dai neocon repubblicani di George Bush sia dai liberal della Clinton:
crollata l’Urss l’establishment bipartitico statunitense ha abbracciato l’utopia
ideologica di un mondo unipolare, totalmente egemonizzato dagli Stati Uniti
tramite il potere finanziario e la forza militare.
C’era già il
canovaccio uscito dai soliti pensatoi: “Project for The New American
Century”. Un nuovo secolo americano.
IL FALLIMENTO DI OBAMA/CLINTON
La crisi
finanziaria del 2007-2008 è stato il primo crollo di
quell’establishment, che ha mostrato i costi di quella globalizzazione, anche
per le ricadute sociali della crisi dentro gli Stati Uniti.
Il fallimento
internazionale dell’amministrazione Obama/Clinton – apprendisti
stregoni che hanno dato fuoco al pianeta senza saper governare
l’incendio – il secondo motivo di crisi.
Per questo ha
vinto Trump. Il nuovo presidente ha fatto saltare quella bellicosa e
devastante utopia neocon/liberal del mondo unipolare, a dominio “amerikano”.
Con Trump è
tornato in scena il tradizionale pragmatismo repubblicano secondo
cui Putin non è un nemico, ma un interlocutore da
coinvolgere nella lotta al terrorismo. E la Cina è un gigante con cui
trattare.
Perciò Trump
rappresenta la fine dell’ideologia unipolare. Con lui gli Usa prendono atto,
con intelligente realismo, che il mondo è di fatto multipolare e che gli
Stati Uniti devono collaborare con gli altri protagonisti anziché
esportare guerre, provocare disordine internazionale e suscitare conflitti (cosa
che è disastrosa per lo stesso popolo americano).
L’ASSENZA DELL’EUROPA
In questo
nuovo scenario mondiale spicca per totale assenza e afasia l’Unione
Europea che è rimasta orfana di Obama, della Gran Bretagna e che
ancora detesta e demonizza Putin e Trump.
Lo
smarrimento delle élite europee è palpabile. Nei giorni scorsi “Der
Spiegel” ha dato notizia di un documento segreto del governo tedesco
(anzi del ministero della Difesa, cosa ancora più preoccupante)
intitolato “Prospettiva strategica 2040”.
Delinea
diversi scenari, ma quello più concreto, che più colpisce, considera il
collasso e la disintegrazione dell’Unione europea.
I fattori di
crisi elencati, già oggi, sono tantissimi: la Brexit, la marea
migratoria, lo scontro tra i paesi dell’est (Polonia, Ungheria) e la
Commissione europea, il crollo del consenso fra i popoli europei verso la
disastrosa impostazione economica della Ue a guida tedesca, il caso Grecia.
In Germania
nessuno se la sente di abbracciare il rilancio di Macron, che prevede più
mercato e più Europa, perché prevedono che ci sarebbe la sollevazione
popolare.
Nel frattempo
Russia e Cina sono entrate nel “grande gioco”, anche quello del Mediterraneo
dove la Ue è del tutto assente.
Così la
Germania cerca piani di emergenza in vista del crollo dell’Unione europea e
non è tranquillizzante che a occuparsene sia il ministero della Difesa
tedesco.
Questi
problemi che si annunciano sono del tutto assenti dal dibattito politico
italiano pre-elettorale.
L’ITALIA DEL PD: PAESE SUBALTERNO
Se l’Europa è
fuori dai giochi del riordino planetario, ancora più esclusa e insignificante
è l’Italia a guida Pd.
La quale si è
comportata da suddito servile verso la Germania, la Francia,
gli Stati Uniti e la Ue, facendosi umiliare anche economicamente e così –
come dice l’analista americano Andrew Spannaus – ha dato al
mondo la sensazione di essere “un paese poco orgoglioso di se stesso e poco
deciso nel perseguire i suoi interessi legittimi. Per questo (l’Italia) è
destinata a rimanere un Paese subalterno”. (…)
.
Antonio Socci
Da “Libero”,
13 novembre 2017
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martedì 14 novembre 2017
GLI ADDETTI AI LIVORI
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