LETTERA DI MONS. LUIGI
NEGRI
a Culturacattolica.it 19 novembre 2017
(omissis) … Quando il Cardinale Giacomo
Biffi parlò di Bologna (cioè di un pezzo enorme della società italiana )
come di una “società sazia e disperata” certamente anticipava la situazione in
cui viviamo, con la sola differenza che la sazietà è meno presente di allora,
forse è mal distribuita: oggi è una società meno sazia, ma non meno disperata, perché non ha più quei criteri fondamentali
della vita che – come dice Paul Claudel nell’ “Annunzio a Maria” – sono
quei criteri che ti consentono di mangiare in pace il tuo pane e di bere il tuo
vino e di affrontare le circostanze dell’esistenza in modo responsabile e
dignitoso.
Madonna della Misericordia di Arezzo |
Io credo che la Chiesa, sfidata sulla fede, deve dare coralmente una grande testimonianza di fede: da chi guida la Chiesa per mandato e per autorità Divina, in comunione con quel Collegio Episcopale che è seguito al collegio Apostolico, che è parte essenziale della vita della Chiesa e che non può essere né sottaciuto ne relativizzato. Da colui che guida la Chiesa in comunione con i suoi fratelli Vescovi, ad ogni singolo cristiano; sfidati sulla fede noi diciamo che la fede vale più della vita! Dobbiamo dire con la nostra esistenza (prima ancora forse che con le nostre parole) che la fede vale più della vita: che il senso del mangiare e del bere, del vegliare del dormire, del vivere e del morire – cioè dell’esistenza, ossia della sua articolata, faticosa e dolorosa, ma anche del suo lieto muoversi – è la Fede.
Noi non possiamo
limitarci a dire che l’umanità ha tanti problemi da risolvere e che noi ci
apprestiamo ad aiutare a risolverli, in parte perché non siamo così sprovveduti
da pensare che noi potremmo risolvere tutti i problemi materiali, economici e
sociali. Noi dobbiamo dimostrare che la fede, svolgendosi nella nostra vita e
diventando testimonianza, è capace, sulla base dell’annuncio di Gesù Cristo, di
arrivare a tutte le conseguenze della vita personale, della vita familiare,
della vita sociale, della vita nazionale e internazionale.
Stupisce rileggere alcune parti del grande magistero di Benedetto: questa visione significativamente cristologica ed ecclesiologica della vita della persona e della società, fino a ipotizzare con chiarezza che ci può essere un ordine mondiale fondato sulla gratuità. E la Chiesa è chiamata a dare una risposta responsabile, a creare un ordine economico fondato non sull’interesse, sul possesso, ma sulla gratuità; e a dimostrare dunque che la nostra prima preoccupazione è annunziare Cristo, dimostrarlo al mondo di oggi.
Il mondo di oggi non sono soltanto le migliaia di persone che dalle parti
più disparate della terra, con le motivazioni più diverse – quindi non
necessariamente tutte motivazioni adeguate, umane, significative ed oneste:
perché gli extracomunitari non sono una terra benedetta dove non c’è né peccato,
né orgoglio, né violenza, ecc... – il mondo d’oggi è questa gente che ci vive
accanto, o che ad ondate viene accolta (per la mitezza e la generosità del
nostro popolo) con non pochi sacrifici nelle nostre strutture abitative. A
questa gente che cosa dobbiamo dire come Chiesa? “Arrangiatevi, rifocillatevi e
andate in pace?” Dobbiamo dire che c’è
Gesù Cristo che li attende e li aspetta! Di cui sono bisognosi anche se non
lo sanno e perciò la nostra prima preoccupazione, il respiro ampio della nostra
vita è annunciare Cristo.
(…) Perché noi abbiamo la precisa convinzione,
guardando noi stessi e partendo da noi stessi, che la vita umana non è vita se
non c’è la presenza di Cristo. Come ricorda s. Giovanni Paolo II nella Redemptor Hominis al n. 10: «L’uomo che
vuol comprendere se stesso fino in fondo - non soltanto secondo immediati,
parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio
essere - deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua
debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli
deve, per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve «appropriarsi» ed
assimilare tutta la realtà dell'Incarnazione e della Redenzione per ritrovare
se stesso. Se in lui si attua questo profondo processo, allora egli produce
frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se
stesso».
(…) La Chiesa con il suo episcopato deve riaffermare quanto ha detto la
Madonna a Fatima che l’attacco alla Chiesa è attacco alla famiglia, attacco
alla vita e alla sua misteriosità, alla sua intangibilità, al suo non essere a
disposizione se non di Dio, e quindi meno che mai della scienza. È fondamentale non essere assenti dalle
grandi questioni che caratterizzano la vita della nostra società, mentre il
mondo dà la sua preferenza a quelli sicuramente silenziosi, oppure a coloro
che, quando parlano, parlano in linea col pensiero unico dominante.
La paternità che noi esercitiamo nei confronti di tutto il popolo cristiano è un riverbero, una attuazione della grande e unica paternità di Dio: e la paternità si esprime come amore all’uomo e alla sua verità; noi non possiamo non amare la verità degli uomini che vivono accanto a noi. E dobbiamo amarla questa verità anche quando non sembra che sia la preoccupazione dei nostri interlocutori uomini; io non credo che dobbiamo avere nell’occhio della nostra coscienza quel che il mondo dice di noi: dovremmo avere nell’occhio della nostra coscienza quello che Cristo ci chiede e che il popolo ha il diritto di aspettarsi da noi: l’educazione alla verità, alla libertà, alla responsabilità e alla missione. Un vescovo deve fare questo! educare alla verità, alla libertà, alla responsabilità e alla missione. Se temperamentalmente è più cordiale di altri meglio per lui; se invece è un po’ sobrio e riservato va bene; un vescovo non definito dal come esercita l’autorità, ma se esercita o no l’autorità.
Sostanzialmente agli uomini di chiesa tocca la responsabilità di una presenza paterna, fatta di amore alla verità ed educazione del popolo. Per vivere in modo sempre inadeguato questo compito occorre l’aiuto di Maria alla quale ci affidiamo con fiducia totale. “Totus tuus”.
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