Caro direttore,
guardando a
ciò che sta avvenendo in questi giorni, soprattutto nel mondo dello spettacolo,
sto pensando che non vi sia nulla di più facile che fare l’indignato. Come è
facile e comodo indignarsi! Si capisce sempre di più come Gesù si sia sempre
molto arrabbiato soprattutto con gli ipocriti di tutte le risme. Perdonava ai
peccatori che avevano fede in Lui ed era terribilmente polemico con gli
ipocriti che si sentivano a posto (“guai a voi!”).
Kevin Spacey |
L’indignazione ipocrita può avere tanto
spazio sia a livello personale che a livello sociale per il semplice fatto
che viene censurato un dato di fatto che sarà pure misterioso, ma che è di una
insolita evidenza: in ogni uomo ed in ogni donna vi è quello che la Chiesa
definisce come peccato originale, che è presente in ciascuno di noi, anche in
quelli che consideriamo “buoni”. Il
peccato originale è presente persino in quei giudici che volevano rigirare
l’Italia come una calzetta, ma che poi hanno fatto vedere a tutti i
propri terribili errori. Se tutti noi avessimo piena coscienza che siamo
intrisi di “peccato”, non daremmo spazio ad atteggiamenti ipocriti.
Saremmo pronti a capire ciò che giusto e ciò che non lo è, ma non cadremmo
nell’infernale vortice di falsità morali condannato da Gesù. Anche perché indignazione ed ipocrisia non
risolvono mai alcun problema. Soprattutto, non aiutano a tirarci fuori
veramente dal peccato. Solo Uno ci può salvare, non la nostra indignazione
ipocrita. Atteggiamento, quest’ultimo, che è tanto più grave quando finge di
scoprire l’acqua calda (come nel caso degli approcci a belle attrici da parte
di produttori e registi).
Caro direttore, vorrei farti alcune
considerazioni a margine di quanto sopra. Quando era la Chiesa a richiamare
uomini e donne a tenere certi atteggiamenti morali (fino a proclamare santa Maria Goretti per avere resistito
al male) moltissimi, soprattutto tra gli intellettuali “de sinistra”,
l’accusavano di essere bigotta e retrograda. Ora sono quegli stessi a stracciarsi
le vesti, tra l’altro, con moltissimi anni di ritardo. E si stracciano le vesti senza compiere il minimo
lavoro per andare alla radice del male. Condannano per il semplice gusto di
condannare e di mettersi a posto la coscienza (magari tra una canna e l’altra). Gli
attuali “indignati”, poi, sono gli stessi che fino a poco tempo fa
proclamavano che, in nome di una mal compresa libertà, ciascuno poteva fare ciò
che voleva. L’attuale indignazione prova che quella teoria era sbagliata. Il moralismo individua in ogni epoca un
peccato particolare da combattere e su quello si scatena. Dopo avere inneggiato
per anni al più sfrenato libertinaggio, ora inchiodano chi confessa di avere
messo in atto quei precetti.
C’è poi un altro aspetto connesso a questo
intrigo di moralismo e ipocrisia. Come mi ricorda spesso un mio caro
amico, l’eccesso di indignazione ha
cancellato qualunque distinzione tra peccato e reato. Avendo cancellato il
concetto stesso di peccato dal proprio orizzonte esistenziale, per molti è rimasto
solo il “reato”, il quale, per sua natura, deve essere sanzionato
pubblicamente. Per il peccato, bastava la segretezza del confessionale; essendo
rimasto solo il reato, occorre, per forza di cose, la punizione pubblica, che
spesso, in mancanza della prescrizione legale, si trasforma nella gogna mediatica, che forse è peggiore
di una condanna penale.
Weinstein, Uma Thurman and Heidi Klum, 2014, Golden Globe |
Caro direttore, una osservazione finale. A scanso di equivoci, è evidente che ogni
violazione della libertà altrui, soprattutto se attuata con metodi violenti,
deve essere condannata (e, se occorre, repressa). Ma sempre con la
coscienza del proprio peccato. Molti di coloro che oggi si indignano penso che,
nel proprio intimo, sognino di farsela con una bella attrice. Per Gesù anche
questo è peccato. Ricordiamocelo.
PEPPINO ZOLA
13/11/2017
LA NUOVA BUSSOLA
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