Europa irresponsabile, serve
un'ospitalità condivisa
Mentre Francia
e Italia si scontrano sulle politiche di accoglienza, la nave Diciotti è
arrivata a Catania con 932 migranti. Il commento di MICHELE PENNISI,
arcivescovo di Monreale (Palermo)
14 GIUGNO 2018 ilsussidiario
I paesi europei hanno
lasciato l'Italia sola. Integrare si può e si deve, ma con intelligenza: non si
possono accogliere tutti, dice al Sussidiario mons.
Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale (Palermo). La Sicilia è la frontiera
dell'immigrazione italiana, e proprio mentre Francia e Italia si scontrano
sulle politiche di accoglienza, la nave Diciotti è arrivata a Catania con 932
migranti.
Monsignor
Pennisi, cosa pensa del caso Aquarius?
Si tratta
di una situazione ambigua, perché gli immigrati sono stati trasbordati
sull'Aquarius anche da navi militari italiane (la motovedetta della guardia
costiera italiana CP319, ndr). Poco fa è attraccata a Catania la
nave Diciotti, con quasi mille migranti a bordo. Che gli altri siano stati
lasciati in balia del mare, mi pare una cosa strana.
E
cosa pensa di questo cambio di passo nelle politiche migratorie italiane?
Obiettivamente,
il passo compiuto dal governo di alzare un po' la voce ha richiamato l'Europa
alle sue responsabilità. L'Unione Europea non può limitarsi a pacche sulle
spalle e telefonate di solidarietà, deve affrontare in modo responsabile questo
fenomeno che non è di breve durata ma epocale. Però i paesi europei hanno
lasciato l'Italia sola, questo va detto.
E
adesso?
Alzare
la voce qualcosa può smuovere, ma non risolve il problema. Tocca agli Stati
rendersi reciprocamente interlocutori per affrontarlo in modo serio. Il
regolamento di Dublino va cambiato, ma anche qui c'è qualcosa di
contradditorio: i governi amici del nostro attuale governo sono quelli (il
gruppo di Visegrad, ndr) che poi nei fatti hanno chiuso a che tutti
i paesi europei possano accogliere una quota di immigrati.
A
questo proposito, che soluzione auspica?
Se
il flusso dei migranti venisse suddiviso in modo ragionevole fra Grecia, Malta,
Italia, Francia e Spagna e se anche altri paesi fossero ricettivi, faremmo un
serio passo avanti.
Il
governo intende consentire di sbarcare solo a navi militari italiane, non a
quelle di Ong, che sono a tutti gli effetti navi private.
Non
si può generalizzare. Conosco Ong che fanno un lavoro umanitario assolutamente
meritorio, ma qualcuno nutre il sospetto, da provare, che qualche Ong abbia un
accordo con i mercanti libici di carne umana.
Lei
che dice?
Se
queste Ong impegnate sul campo battono bandiera tedesca, olandese, spagnola
eccetera, perché Germania, Olanda, Spagna non si fanno carico di quei migranti?
Potrebbero attraccare in un porto italiano e poi far proseguire le persone nei
paesi di destinazione.
Qual
è la soluzione che la convince di più?
Quella
dei corridoi umanitari, perché con la collaborazione di ambasciate e consolati
si identificano le persone bisognose di protezione e il loro viaggio è
tutelato. Ho conosciuto un immigrato che ha speso 7mila euro per venire in
Italia dal Bangladesh e poi è stato derubato in Libia.
La
crisi migratoria nasce nell'Africa subsahariana. Senza un impegno su quel
fronte, non resteremo sempre impotenti?
Non
conosco bene gli Stati dell'Africa subsahariana, tranne il Burkina Faso dove un
mio ex alunno è direttore della Caritas della capitale, però posso dire
senz'altro che laggiù l'Europa non c'è. Ci sono le organizzazioni umanitarie,
ci sono i singoli stati, e tra questi la Cina, che fanno i loro interessi. Ogni
politica di sviluppo funziona se le persone vengono aiutate sul posto. Conosco
la Tanzania, è uno Stato con una stabilità politica, laici e gruppi cristiani
di ogni confessione stanno investendo molto in istruzione e sanità, anche la
mia diocesi ha fatto la sua parte: abbiamo attrezzato una sala parto in un
villaggio, tempo addietro abbiamo costruito asili, un convitto per ragazze di
un liceo scientifico. La Tanzania non solo in questi anni non ha mandato nessun
migrante, ma ha accolto circa un milione di profughi dagli Stati
confinanti.
Qual
è il cuore di una vera politica di sviluppo?
Un
aiuto alle persone fuori da logiche speculative. Purtroppo la collaborazione
internazionale fatta attraverso i governi spesso ha finanziato i governi
locali, non le opere e i popoli.
E
il cuore di una politica migratoria?
Saper
tenere conto di vari fattori, prima di tutto l'accoglienza ma anche la
sicurezza.
Si
possono accogliere tutti?
No.
Occorre un'accoglienza aperta, benevola ma equa. Di nuovo, parlo delle realtà
che conosco, non mi pronuncio su ciò che accade da altre parti. In Sicilia la
gente è accogliente, ci sono comuni dove gli immigrati, invece di essere fatti
oziare, vengono impiegati in piccoli lavori socialmente utili. E' un inizio di
integrazione, a mio modo di vedere fondamentale. Nella mia diocesi c'è un
piccolo comune, Roccamena, dove un bambino immigrato è stato battezzato, il
sindaco gli ha fatto da padrino, è stata una festa per tutti. Nel comune
Balestrate in questi giorni si svolge un campo estivo per bambini da 3 a 5 anni
al quale partecipano due bimbi nigeriani, due cinesi e alcuni venezuelani. A
Montelepre si tiene ogni anno una sacra rappresentazione della Bibbia con
centinaia di personaggi, in questi anni si sono coinvolti anche i
migranti.
Avete
strutture diocesane che ospitano immigrati?
No,
lo facciamo nelle parrocchie, dove questo è possibile, a spese nostre, senza
volere nulla dalla prefettura. La Caritas mi ha detto che in questi anni
abbiamo accolto circa 750 migranti spendendo 30mila euro dei fondi dell'8 per
mille. Possiamo provvedere all'emergenza, poi tocca alle prefetture.
Perché
ci tiene a sottolinearlo?
Perché
le soluzioni non possono essere estemporanee, le persone vanno sistemate in
modo dignitoso altrimenti l'accoglienza diventa controproducente.
Cosa
pensa dell'ipotesi di rimandare indietro i migranti economici?
Non
sono d'accordo, la Sicilia è stata per decenni una terra di emigrazione, e lo è
stata per necessità economiche. Non è facile distinguere, mi rendo conto, e
certamente la cosa va razionalizzata. Non si possono accogliere tutte le
persone possibili e soprattutto quelle che si accolgono bisogna integrarle.
Perché questo avvenga al meglio ci vogliono centri piccoli, vedere fino a 4mila
persone di etnie e religioni diverse in un Cara (centro accoglienza richiedenti
asilo, ndr) come quello di Mineo non ha senso, fa male a noi e a
loro.
Dal
punto di vista operativo, quali sono i pilastri dell'integrazione?
Una
organizzazione di carattere amministrativo molto efficiente, persone culturalmente
senza pregiudizi e rispetto della sicurezza. Se qualcuno delinque, deve sapere
che viene subito rispedito a casa.
(Federico
Ferraù)
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