LEONARDO LUGARESI
Con qualche amico abbiamo pensato di trovarci ogni tanto per aiutarci ad
affrontare la lettura di un “libro imperdibile”, cioè di un testo che
consideriamo veramente importante ma che magari non è proprio il tipo di
lettura che si fa la sera prima di addormentarsi o mentre si è nella sala
d’attesa del dentista. Una presentazione del libro e un dialogo per
mettere insieme impressioni e difficoltà di lettura possono essere un modo
semplice per aiutarci a riprendere una pratica, quella della formazione
culturale, che oggi è sempre più necessaria e allo stesso tempo sempre più
difficile da mantenere.
Vedremo se funziona. Il primo incontro lo facciamo giovedì 7 giugno alle
ore 21 a Cesena, in via Serraglio presso la sede di Assiprov. Chi è interessato
e vuol partecipare è il benvenuto.
Qui di seguito riporto una breve scheda di
presentazione del libro con cui abbiamo scelto di cominciare.
Hans Urs von Balthasar, Luigi Giussani, L’impegno
del cristiano nel mondo, trad.it. Milano, Jaca Book, 20173.
Il libro raccoglie un ciclo di conferenze tenute dai due autori nel 1971 ad
un gruppo di universitari svizzeri di Comunione e Liberazione.
Non è, come si potrebbe pensare dal titolo, un libro su “cristianesimo e
società” o “cristianesimo e politica”, un libro incentrato sull’etica, cioè su
come il cristiano deve agire nella società e nella politica. Il fulcro del libro è nell’approfondimento della natura dell’impegno
di Dio con il mondo e del rapporto teologico tra l’impegno di Dio e l’impegno
del cristiano. Cioè nell’incontro tra due libertà. La rilevanza del tema
della libertà, come osserva anche Carrón nella sua prefazione, è essenziale per
comprendere il discorso dei due autori.
La libertà del cristiano, però, è costituita dalla libertà di Dio, si
radica nella sua azione liberante: «La nostra libertà è inseparabile
dall’essere stati liberati» (p.33). Questo aspetto è quello fondamentale: ciò
di cui Balthasar e Giussani parlano è la
radice e la “sostanza teologica” dell’agire cristiano. Ed è su questo che la
lettura di questo libro può risultare particolarmente importante per noi oggi,
a distanza di quasi cinquant’anni. Il
pericolo di separare i due piani, quello della teologia e quello della morale e
della politica, è infatti oggi più grande che mai e lo si riscontra in entrambe le posizioni che si affrontano
nel dibattito aperto nella chiesa: sia in quella di chi, giustamente
preoccupato di difendere i principi della morale cristiana e, in senso più
ampio, i contenuti e le strutture della civiltà o dell’antropologia cristiana,
finisce però per correre il rischio di ridurre la fede nella persona di Gesù
Cristo ad un presupposto da cui partire per concentrarsi su ciò che viene
percepito come più determinante: i valori della cultura cristiana; sia nella
posizione contraria di chi, proprio per evitare questo pericolo, vuole sì
concentrarsi sul rapporto personale con Cristo e sulla corrispondenza del cuore
all’incontro con lui, correndo però il rischio di rinunciare di fatto ad
affrontare – nell’esperienza, il che significa attraverso l’esercizio del
giudizio (senza del quale non si dà esperienza) la realtà concreta del mondo,
in tutta la complessità dei suoi fattori.
Invece il punto a cui questo libro ci richiama è
proprio quello dell’unità, che
non può che essere teologica, tra l’impegno di Dio verso il mondo – che è
Grazia, atto assolutamente libero e gratuito di Dio il quale, a partire dalla
Creazione sceglie irrevocabilmente di coinvolgersi con il mondo – e la
risposta, altrettanto assolutamente libera, del cristiano, che accetta di
essere “preso dentro” l’iniziativa di Dio e di diventarne lo strumento.
È solo nell’intima connessione con l’iniziativa di Dio («permanere nella sorgente» è la bella immagine di Balthasar) che
ogni divisione ed antitesi si ricompone in unità: a partire da quella per cui è
vero che Dio ama, vuole salvo e in certo modo si rivela a tutto il mondo ben al
di là dei confini visibili della chiesa (qui Balthasar riprende criticamente la
nozione di “cristianesimo anonimo” di Rahner), ma questo non significa affatto
che la chiesa diventi superflua perché Dio sceglie un popolo per portare a
tutti la salvezza. Allo stesso modo, anche la contrapposizione tra persona e
comunità è tolta dal fatto che Dio sceglie un popolo, ma il suo rapporto con il
popolo passa attraverso il rapporto con le singole persone (Abramo, Mosé,
Davide e soprattutto Maria). Lo stesso può dirsi per altre apparenti antinomie
che vengono toccate nel libro, come quella tra Legge e libertà, quella tra
contemplazione e azione e così via.
Qui mi pare che ci sia una chiave di lettura
fondamentale per comprendere il testo. In questa prospettiva, Balthasar e
Giussani dicono cose illuminanti su molti temi che potremo riprendere insieme
quando ci incontreremo, come ad esempio il
ruolo della chiesa nel mondo (pp.43-45; 92-94) o il problema del rapporto tra natura e grazia (pp.68-71).
Data la
difficoltà del testo, penso che sia molto utile se chi lo ha già letto o lo sta
leggendo indichi i passi che desidera che vengano ripresi e possibilmente
chiariti attraverso il lavoro comune. Per lo stesso motivo, è opportuno che chi
è intenzionato a leggerlo se lo procuri prima dell’incontro, in modo da averlo
sottomano quando ci lavoreremo insieme.
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