UN SEGRETO BEN CUSTODITO
Tra le censure che caratterizzano l’attuale ordine costituito dei media nel
nostro Paese (ma anche altrove) una delle più clamorose è quella che riguarda
la politica del presidente Trump a proposito dell’aborto. A prescindere dal giudizio che si può dare sul resto della sua
prassi di governo, si tratta di qualcosa che merita ovviamente una
valutazione a parte.
Justine Trudeau, Presidente del Canada |
Già in altre occasioni ricordavamo, e
quindi non vi ritorniamo sopra qui nel dettaglio, che quella della
banalizzazione e quindi della legalizzazione dell’aborto nel mondo non è
affatto la marcia trionfale che ci raccontano. In sede di Assemblea generale
delle Nazioni Unite c’è una maggioranza a ciò stabilmente contraria; e
l’opposizione è crescente in tutti i paesi dove l’aborto è legale da lunga
data. Il fenomeno risulta di particolare rilievo negli Stati Uniti, a conferma
tra l’altro del fatto che — diversamente da quanto spesso si pretende in Italia
— il no all’aborto non è affatto una
“cosa cattolica”. In realtà, diciamo noi, è in primo luogo una cosa umana. Ciò
fermo restando, sta di fatto che negli Usa il movimento anti-abortista è per lo
più di ambiente protestante. E ai protestanti si aggiungono non solo i
cattolici ma anche un numero consistente di quelli che noi chiameremmo “laici”:
persone che sono contrarie all’aborto in nome di quel vitalismo che è una
componente tipica della mentalità comune americana.
In questo quadro l’elezione di Trump ha segnato una svolta anche a livello
istituzionale. In campagna elettorale egli si era apertamente schierato per la vita promettendo che, se fosse stato
eletto, avrebbe sospeso l’erogazione di finanziamenti federali alle fondazioni,
tra cui in primo luogo Planned Parenthood, che praticano gli aborti in loro
appositi ambulatori. Al contrario Hillary Clinton lo sosteneva a spada tratta e
aveva promesso, in caso di sua vittoria, ulteriori finanziamenti a Planned
Parenthood.
Negli Stati Unit ad ogni modo né la sanità pubblica né le casse sanitarie
private riconoscono ipso facto l’aborto come una forma di cura
(come d’altra parte non è). Perciò di regola non lo si pratica negli ospedali,
ma appunto in strutture apposite, e non fa parte delle prestazioni
ordinariamente fornite nel quadro dei servizi sanitari. La legislazione
sull’aborto è poi di competenza degli Stati e non del governo federale. Obama
tuttavia lo sosteneva in modo indiretto appunto con finanziamenti come
quello che Trump ha adesso sospeso.
In sede internazionale a premere per la diffusione dell’aborto legale nel
mondo sono principalmente i Paesi del Nord Europa, il Canada e altri
Paesi sviluppati di tradizione anglosassone, e a opporre resistenza sono invece
l’Africa e molta parte dell’Asia, dell’America Latina e dei Caraibi.
In tale quadro il fatto che con Trump
gli Usa siano passati da un campo all’altro è ovviamente una novità di cruciale
importanza. Se fosse avvenuto il contrario tutta la stampa italiana più diffusa
ne avrebbe dato la notizia con grandi squilli di trombe. Stando invece così le
cose la consegna è il silenzio. E il
bello è che pure il giornali e telegiornali cattolici ufficiali e ufficiosi
tengono la bocca ben chiusa confermando la loro subalternità all’élite post-illuminista,
variamente vicina all’area erede del Pci, che è la razza padrona della stampa italiana. Perdono così tra
l’altro l’occasione per far scoprire ai loro lettori quanto la questione
dell’aborto non sia appunto una “cosa cattolica”.
Un’importante conseguenza della
posizione del governo Trump in tema di aborto si è avuta nel caso recente
vertice del G 7 in Canada. Facendo leva sulla sua posizione di Paese
organizzatore dell’incontro il Canada del premier Justin Trudeau, che è schierato a tutta forza a favore della
diffusione dell’aborto, ha tentato di introdurre ufficialmente la questione
(come pure quella del “gender”) nell’agenda dei lavori dell’incontro, ma ha
dovuto recedere di fronte al “no” della delegazione statunitense.
E’ rimasta così nel cassetto la bozza di
un documento in cui si voleva che i Paesi del G 7 si schierassero in blocco
contro la “criminalizzazione e le regolamentazioni restrittive dell’aborto”
e a favore dell’ “inclusione nel concetto di assistenza umanitaria
anche della legalizzazione dell’aborto, della sua promozione e del suo
finanziamento con fondi pubblici”.
Qualcuno in Italia è venuto a saperlo? In tutta la valanga di luoghi comuni
scritti e audiovisivi sul G7, da cui per giorni siamo stati sommersi, di questa
vicenda non c’era traccia.
18 giugno 2018
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