GIANFRANCO
AMATO SI DIMETTE DA SEGRETARIO DEL PDF.
La storia di questi
duemila anni - e anche la storia recente del nostro paese - insegna che il
segreto del cambiamento della persona come della società è il Quaerere Deum,
Il cristiano, per sua stessa natura, è
chiamato ad essere un ostinato realista.
La peggiore nemica della fede è
l’ideologia, e l’ideologia più velenosa è quella utopistica, perché ti immerge
nell’illusione di un mondo virtuale nel quale prevalgono i sogni, i progetti, i
desideri e gli schemi mentali, a discapito della nuda e cruda realtà. Ciò che
un cristiano, quindi, deve sempre evitare è il rischio di scivolare verso quel
processo mentale che gli anglosassoni definiscono wishful thinking, ossia
una sorta di pensiero illusorio per cui uno tende a crearsi convincimenti e
prendere decisioni facendosi dirigere da ciò che gli appare essere più
piacevole, gradito o appagante sotto il profilo personale, arrivando al limite
in cui è il desiderio a prevalere sulla stessa realtà.
Da questo punto di vista io sono un
irriducibile tomista.
Per me la verità resta sempre «adequatio
rei et intellectus», ossia l’adeguamento del pensiero alla realtà. Lo ricordo
sempre in tutte le mie conferenze quando parlo della ideologia gender. Una mela
è una mela – ricordava San Tommaso ai suoi allievi della Sorbona – come un uomo
è uomo e una donna è una donna. Non sono le nostre opinioni, i nostri
sentimenti, i nostri desideri a determinare la realtà, ma la realtà a
condizionare le nostre opinioni, i nostri sentimenti e i nostri desideri.
Ricordava, infatti, San Tommaso nella sua Summa che «appartiene alla
natura stessa dell’intelletto conformarsi alla realtà delle cose».
Questo non vale, ovviamente, solo per
l’ideologia gender, ma resta vero per tutti gli ambiti d’azione dell’uomo.
Compreso quello politico.
Ho fatto questa lunga premessa per
spiegare che oggi è impossibile qualunque analisi della situazione politica
italiana che prescinda da un’oggettiva presa d’atto di una realtà mutata.
Chi si ostinasse a ragionare come se
fossimo ancora al 3 marzo 2018, commetterebbe un grave errore di prospettiva e,
se cristiano, un tradimento del dovere morale di non privilegiare uno schema
mentale rispetto all’osservazione intera, appassionata, insistente dei fatti,
della realtà. Come insegnava anche il mio maestro don Luigi Giussani.
L’esito elettorale del 4 marzo 2018,
infatti, ha determinato nel panorama politico italiano un vero e
proprio tzunami. Un cataclisma che ha spazzato via certezze, progetti,
accordi e sogni.
Tutti davamo quasi per certa la
riedizione del patto tra Renzi e Berlusconi – il cosiddetto “Nazareno bis” –, i
quali non a caso si erano confezionati una legge elettorale ad hoc. Nessuno
avrebbe immaginato che due partiti come Forza Italia e PD, sarebbero stati
letteralmente travolti al punto da rischiare l’estinzione o l’insignificanza
politica.
Oggi lo scenario è completamente mutato,
ed è con questo nuovo scenario che occorre fare i conti.
Una visione realistica ci impone,
quindi, la necessità di elaborare alcune riflessioni sull’attuale quadro
politico.
1) Dalla Chiesa e dal cosiddetto mondo
cattolico (associazioni, imprenditori, intellettuali, movimenti), non giunge
nessun segno concreto e tangibile di uno sforzo per costituire una presenza
politica di dichiarata matrice cristiana. Con l’attuale presidenza della
C.E.I., al di là delle frasi di circostanza sulla necessità di un non meglio
precisato “impegno politico”, non pare si profilino all’orizzonte barlumi di un
realistico progetto di partito. Occorre anche essere realisti nel tener conto
che qualora il suddetto mondo cattolico decidesse, nei prossimi anni, di
scendere dichiaratamente in campo, è assai improbabile che lo faccia attraverso
quello che, purtroppo, continua ad essere percepito come il “partito di
Adinolfi”. Tra l’altro, anche lo stesso concetto di “voto cattolico” penso non
esista più: oramai un cristiano (laico o clerico che sia) si sente libero, dal
punto di vista morale, di votare indifferentemente Lega o Partito Democratico.
2) L’attuale governo Lega-M5S non
rappresenta certamente il massimo delle aspirazioni del popolo del Family Day,
ma deve essere letto per quello che oggettivamente è dal punto di vista
valoriale: un governo di tregua. Non si potrà abrogare la legge Cirinnà e forse
chiudere l’UNAR, ma almeno sarà possibile arrestare la deriva antropologica del
non-pensiero grillino. Agli amici schizzinosi ricordo che l’alternativa a
questo governo sarebbe stata l’alleanza Cinque Stelle-Partito Democratico. In
tale denegata ipotesi avremmo avuto, nell’ordine, il matrimonio egualitario, l’adozione
gay, l’utero in affitto, la legge sull’omofobia, e via degenerando.
3) Il cosiddetto “centrodestra”, ovvero
la coalizione formata da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, di fatto non
esiste più. Nel futuro scenario politico italiano appare sempre di più
verosimile l’ipotesi di due forze politiche aggreganti destinate a confrontarsi
non più sul piano ideologico dei vecchi schemi novecenteschi (destra/sinistra),
ma sul piano antropologico (vita, famiglia, educazione), economico (euro
si/euro no), internazionale (UE/Russia), europeo (sovranismo/Stati Uniti
d’Europa), sociale (popoli/élite), sulla sicurezza (legittima difesa
si/legittima difesa no),
e così via. Su quei temi si misurerà
davvero il consenso, e sarà sempre più ridotto lo spazio per piccole forze
politiche “di testimonianza” su ogni singolo tema.
4) L’attuale legge elettorale – il
famigerato “Rosatellum” – non verrà modificata. Questo significa che la Lega
punta a proseguire l’attuale “cavalcata delle Valchirie” in termini di consenso
elettorale ben oltre il 40%. Questo può concretamente accadere se Salvini gioca
bene le sue carte, ossia vince la battaglia dei porti costringendo l’Europa ad
affrontare una volte per tutte il problema immigrazione; modifica la Legge
Fornero agevolando chi è stato stritolato dall’incomprensibile rigore di quelle
norme; migliora i rapporti tra Fisco e cittadini con la cosiddetta “pace
fiscale”; porta la pressione tributaria ad una misura sostenibile; ridà dignità
all’Italia in sede europea allentando i vincoli che stanno strozzando
l’economia del nostro Paese; riesce a generare un maggior senso di sicurezza
tra i cittadini. Se le suddette condizioni si realizzassero prima della
scadenza naturale della legislatura, la tentazione di andare all’incasso con
nuove elezioni sarebbe irresistibile per la stessa Lega. Questo significa
concretamente, che gli italiani tra un anno o due potrebbero tornare al voto e
dover scegliere tra la Lega e il Movimento Cinque Stelle. Ogni alternativa
verrebbe vista come una pericolosa sottrazione di voti ad una di quelle due
forze politiche. L’idea di non far vincere i grillini e la loro devastante
visione antropologica, avrebbe a quel punto un
indiscutibile appeal nel popolo del Family Day.
5) La Lega di Salvini, oggi, non è più
la Lega di Bossi e dell’illusione secessionista. Per questo sbaglia chi oggi si
ostina ad indentificarla ancora con gli «adoratori del dio Po».
6) Un ministro della Famiglia come
Lorenzo Fontana, un ministro dell’Istruzione come Bussetti e un Sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri come Giancarlo Giorgetti,
rappresentano oggettivamente un baluardo a difesa dei principi non negoziabili.
Avere soggetti a presidio delle caselle più delicate per il popolo del Family
Day (vita, famiglia ed educazione), non può essere archiviato come un fatto
irrilevante.
7) L’avventura del Popolo della Famiglia
ha fallito non solo l’obiettivo di superare soglia di sbarramento del 3%, ma
soprattutto quello di andare oltre la soglia psicologica dello “zero
virgola”. Trend confermato, purtroppo, anche nelle successive
elezioni amministrative, che hanno coinvolto 761 comuni, di cui 109 con più di
15.000 abitanti, e che hanno visto la presenza del Popolo della Famiglia
limitata a qualche decina di competizioni elettorali, in molti casi senza
neppure riuscire a formare una lista autonoma. Non prendere atto di questa
oggettiva evidenza significa essere incapaci di leggere la realtà secondo un
uso cristianamente corretto della ragione.
L’esperienza del Popolo della Famiglia è
nata da una felice intuizione che io mi sento di rivendicare: quella di dare
una “casa politica” a quella parte del popolo italiano che chiede di essere
rappresentata da parlamentari non disponibili ad alcun compromesso sui principi
che derivano da una visione antropologica cristiana. Insomma, una forza
politica valoriale e identitaria, presente in parlamento e capace di
condizionare un governo di centrodestra. Questo obiettivo, purtroppo, non è
stato realizzato, anche se al progetto deve essere comunque ascritto il merito
di aver certificato il fatto che gli italiani non avvertono l’esigenza di una
simile presenza, quantomeno nella formula offerta dal Popolo della Famiglia.
Questo è un fatto innegabile e oggettivo. A nulla sono valsi, purtroppo, i
duecentoventimila votanti che hanno creduto nel progetto e che io, in
coscienza, mi sento di ringraziare singolarmente, uno per uno.
Ora, io sono onestamente stanco di tutti
coloro – mi riferisco ad amici, ecclesiastici, politici, intellettuali e
imprenditori – che dopo la débâcle elettorale continuano a ripetermi
di invitare Mario Adinolfi a fare un passo indietro, e che continuano a
rinfacciarmi gli evidenti ed oggettivi limiti del Popolo della Famiglia.
Il passo indietro, quindi, ho deciso di
farlo io.
Io posso farlo tranquillamente, perché
non ho, né ho mai avuto, alcuna ambizione personale, perché non ho, né ho mai
avuto, alcun progetto personale da difendere, perché non traggo, né ho mai
tratto, alcun vantaggio personale dalla politica (anzi), perché ho sempre visto
il Popolo della Famiglia come un semplice mezzo per combattere sul fronte
parlamentare l’attuale dittatura del Pensiero Unico. E perché, in coscienza,
non credo più che il Popolo della Famiglia possa essere oggi lo strumento più
adeguato per una simile lotta.
Io posso farlo perché non credo negli
effetti salvifici della politica e perché ritengo pericolosa l’illusione di
pensare che la devastante rivoluzione antropologica in atto nel nostro Paese
possa essere arrestata o rovesciata da una singola elezione, o da qualche
elezione in assoluto. Occorre continuare l’opera culturale controrivoluzionaria
e affiancarla ad una presenza politica che sia davvero capace di poter incidere
concretamente.
Ecco perché io credo sia giunto il
momento di ripensare ad un modo diverso di essere presenti e incidenti
nell’ambito politico. Occorre pensare a qualcosa che concili la prospettiva
profetica indicata da Rod Dreher nella sua Opzione Benedetto e i
frutti migliori del Movimento Popolare ciellino degli anni ’70. Per un’operazione
del genere io sono disposto a rimettere in gioco la mia faccia e il mio cuore.
Continuerò, comunque, nella mia missione
tornando a fare quello che ho sempre fatto: testimoniare senza paura la Verità,
in Italia e all’estero, fino agli estremi confini del mondo. Continuerò anche a
lavorare perché si ricomponga la frattura all’interno del popolo del Family
Day, quella che ancora tanti partecipanti all’indimenticabile esperienza del
Circo Massimo vivono con dolore, come «un punto di sutura eternamente mal
cucito», per citare Charles Peguy. L’esperienza di questi ultimi due anni ha
dimostrato che proprio l’unità di quel popolo può essere oggi l’unica garanzia
e la sola condizione per una reale incidenza a livello sociale, culturale e
politico.
Qualcuno mi rinfaccerà che il 24
febbraio 2018 al Teatro Sala Umberto di Roma io definii il progetto del Popolo
della Famiglia come un processo a lunghissimo termine, simile alla costruzione
di una cattedrale. Citai, infatti, l’esempio proprio della cattedrale di Praga
che richiese ben seicento anni per la sua realizzazione. Anticipo l’obiezione,
rivendicando la bontà della metafora in linea di principio, ma precisando che
oggi non ci sono più le pietre per continuare a costruire.
Il Popolo della
Famiglia – e lo dico con il dolore nel cuore – ha subìto il medesimo destino
della cattedrale incompiuta di Venosa, la cui realizzazione si è interrotta
proprio per il venir meno dei materiali e dei monaci. La costruzione non si è
fermata per l’espressa volontà dei costruttori ma per l’oggettiva impossibilità
sopravvenuta. Oggi la si può rimirare nello splendido complesso della
Santissima Trinità presso la cittadina lucana che ha dato i natali al poeta
romano Orazio.
Dopo novecentodiciotto anni è ancora lì
maestosa pur nella sua incompletezza a dimostrare ai posteri, come imperituro
monito, che sempre «homo proponit, sed Deus disponit».
Gianfranco Amato 28 giugno 2018
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