“Dov’è la vita
che abbiamo perduto vivendo?
Dov’è la
saggezza che abbiamo perduto sapendo?
Dov’è la
sapienza che abbiamo perduto nell’informazione?
I cicli del
Cielo in venti secoli
Ci portano
più lontani da DIO e più vicini alla Polvere.
Viaggiavo
verso Londra, alla City che è preda del tempo,
La dove il
Fiume scorre con flutti stranieri.
Laggiù mi
dissero: abbiamo troppe chiese,
E troppo
poche osterie.
Laggiù mi
dissero:
Se ne vadano
i parroci.
Gli uomini
non hanno bisogno della Chiesa
Nel luogo in
cui lavorano, ma dove passano le domeniche.
In città non
abbiamo bisogno di campane:
Che sveglino
i sobborghi.
Camminai
fino ai sobborghi, e là mi dissero:
Sei giorni
lavoriamo, il settimo vogliamo andare in gita
Con
l’automobile fino a Hindhead, o a Maidenhead.
Se il tempo
è brutto restiamo a casa a leggere i giornali.
Nei
distretti industriali mi dissero
Delle leggi
economiche.
Nelle
campagne ridenti sembrava
Vi fosse
solo posto per picnic.
E sembra che
la Chiesa non sia desiderata
Nelle
campagne, e nemmeno nei sobborghi; in città
Solo per
importanti matrimoni.
(…)
Voi siete gli
uomini che in questi tempi deridono
Tutto ciò
che è stato fatto di buono, trovate spiegazioni
Per
soddisfare la mente razionale e illuminata.
E poi,
trascurate e disprezzate il deserto.
Il deserto
non è così remoto nel tropico australe,
Il deserto
non è solo voltato l’angolo,
Il deserto è
passato nel treno della metropolitana
Presso di
voi, il deserto è nel cuore di vostro fratello.
Il buono è
colui che costruisce, se costruisce ciò che è buono.
Vi mostrerò
le cose che ora si stanno facendo,
E alcune
delle cose che molto tempo fa furono fatte,
Così che
prendiate coraggio.
Rendete
perfetta la vostra volontà.
Fate che io
vi mostri l’opera degli umili.
(...)
“Sotto la sabbia, non quella australe, ma quella delle nostre parti, quella del nichilismo nostrano, sono state sepolte le nostre esigenze. Il vento del deserto rischia di cancellare dall’esistenza i segni delle evidenze più elementari. Esigenze ed evidenze, questo zoccolo duro dell’umano che don Giussani ha chiamato esperienza elementare, o più semplicemente “cuore”. “Un complesso di esigenze e di evidenze con cui l’uomo è proiettato dentro il confronto con tutto ciò che esiste”, aggiungendo che “esse possono essere riassunte con diverse espressioni come: esigenza di felicità, esigenza di verità, esigenza di giustizia. Sono comunque come una scintilla che mette in azione il motore umano; prima di esse non si dà alcun movimento, alcuna umana dinamica”.
È la percezione di
questo cuore che rischiamo di perdere e con esso la vibrazione della libertà,
l’esperienza dell’ amore all’altro, il senso cocente di cosa è vero e di cosa è
falso, di cosa è umanamente giusto e di cosa non lo è, il gusto di mettersi
insieme per far andare meglio il mondo. Se ancora percepiamo il baluginare di
quella scintilla di cui parla don Giussani è perché il desiderio del cuore non
molla, e comunque, a tratti, lacera il grigiore del nichilismo. Non possiamo
sottrarci all’impeto che ci porta a stare attivamente dalla parte di questo
baluginìo, educando e costruendo a partire da esso.”
EMILIA GUARNIERI
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