Il mensile
di sinistra Usa The New Republic ha pubblicato una lunga, scarnificante autocritica che può risultare preziosa anche per la
sinistra italiana. L’autore, Christopher
Caldwell, scrive che c’è poco da festeggiare per i democratici americani,
visto il loro anemico risultato nel voto per il Congresso, derivante da mali
strutturali.
Per cominciare, i risultati della presidenza Trump: invisibili dalle città globalizzate, tutte democratiche, dove vive il 90% dei giornalisti Usa. Trump ha realizzato qualcosa di straordinario: il primo boom egualitario degli ultimi decenni. Nel 2019 è riuscito ad abbassare la disoccupazione al 3,7% (praticamente pieno impiego, tranne la quota frizionale di chi sta cambiando lavoro), e soprattutto un aumento del 4,7% dei salari del quarto più basso della popolazione. Anche durante gli ultimi tre anni di Obama i redditi da lavoro erano aumentati, ma soprattutto quelli del decile più alto (del 20%), mentre gli altri strati avevano registrato miglioramenti solo lievi.
Quindi, se
non ci fosse stato il virus, Trump probabilmente avrebbe vinto. Ma, anche
qui: il crollo del 31% del pil nel secondo trimestre è stato annullato dal
rimbalzo del 33% del terzo trimestre. Solo che il dato favorevole al presidente
in carica è stato pubblicato appena cinque giorni prima del voto: troppo tardi
perché mutasse la percezione di declino economico. Inoltre, buona parte degli elettori aveva già votato: è stata questa la
vera distorsione provocata dal voto postale, non gli inesistenti brogli.
Per i
democratici è imbarazzante ammetterlo: Trump ha avuto sfortuna. È stato il
caso a provocare, più che la sua vittoria quattro anni fa, la sua sconfitta un
mese fa. Perché ormai il partito democratico è visto come il difensore del
privilegio economico: nove dei dieci
stati più ricchi hanno votato Biden, 14 dei 15 più poveri per Trump. Se il
distretto di Columbia (la capitale Washington) diventasse uno stato, come
vogliono molti democratici, sarebbe il più ricco d’America, con un reddito pro
capite superiore del 17% rispetto al secondo, il Connecticut. E a Washington
Biden ha battuto Trump 92 a 5. I democratici sono il partito dell’economia
globale, quindi delle sue due conseguenze aborrite dai ceti popolari:
ineguaglianza e diversità etnica.
“Per questo il fronte popolare di Biden è destinato a sfaldarsi”, sentenzia
Caldwell. Come fanno i socialisti Sanders ed Elizabeth Warren a rimanere
assieme ai ricconi ‘big money’ che hanno regalato al partito democratico la sua
prima campagna da un miliardo di dollari (il 60% più di quanto ha speso Trump)?
Dove sono finiti i piccoli ‘donors’ da dieci dollari l’uno di Obama? Questa
volta hanno coperto solo il 39% dei fondi di Biden, contro il 45% di Trump. Che
quindi anche qui è stato più democratico dei democratici.
Nell’analisi di Caldwell c’è posto anche per l’Italia. “Negli anni ’60 del diciannovesimo secolo”, scrive, “tre
grandi Paesi occidentali, Germania, Italia e Stati Uniti, combatterono guerre
simili di unificazione, in cui la parte più dinamica di ciascuna nazione
soggiogò la parte più bucolica”. Oggi negli Usa i democratici sono il partito
del progresso tecnologico e demografico (la California della Silicon Valley,
New York, Boston), i repubblicani dell’arretratezza. Fino a mezzo secolo fa i
repubblicani erano invece il partito del capitale e i democratici quello dei
lavoratori. Ma capitale e lavoro hanno bisogno l’uno dell’altro, dinamismo e
tradizione no. Quindi l’attuale divaricazione rischia di essere insanabile.
Conclude
Caldwell: non abbiamo mai visto mai nulla di simile prima. Ci sarà più
instabilità in futuro: “Il conflitto non è più fra due visioni dell’America, ma
fra due popoli differenti”. Ciascuna delle fazioni è convinta di
rappresentare l’incarnazione dell’America, contro l’antiamericanismo degli
altri. La vicepresidente Kamala Harris ha detto ai suoi 79 milioni di elettori:
“Avete scelto speranza e onestà, scienza e verità”. E Michelle Obama: “Abbiamo
votato contro bugie, odio, caos e divisione”. Cose brutte, che però hanno
ottenuto 73 milioni di voti, più di quelli mai presi da suo marito. Cose
xenofobe, maschiliste, egoiste: “deplorabili”, secondo la famosa definizione
suicida di Hillary Clinton. Le quali tuttavia, seppur politicamente
scorrettissime, hanno attratto dieci milioni di statunitensi in più rispetto al
bottino di Trump nel 2016.
Cosicché,
anche se per ora ha prevalso il fascino ecumenico di Joe Biden, gli Stati Uniti
del nuovo presidente sono diventati indecifrabili per tanti dei litigiosi capi
della sua corte. Un po’ come in Lombardia soltanto due anni fa, quando il
democratico Giorgio Gori perse 29 a 49 con il leghista Attilio Fontana alle
regionali. Un distacco astronomico. A qualche democratico italiano fischiano le
orecchie?
Mauro
Suttora huffington post
foto Ansa
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