LORENZO FONTANA
PRESIDENTE DELLA CAMERA
Nella cacofonia di contumelie e reazioni rabbiose che l’elezione di Lorenzo
Fontana a presidente della camera dei deputati ha provocato sui media e sui
social – reazioni tra cui spicca, per miseria di pensiero e incompetenza
grammaticale, questo tweet del segretario del PD Enrico Letta, che mette la
virgola tra soggetto e predicato verbale: «Peggio di così nemmeno con
l’immaginazione più sfrenata. L’Italia, non merita questo sfregio. #Fontana» – c’è un denominatore comune,
talvolta esplicito più spesso implicito ma sempre presente, che merita di
essere rilevato: basta grattare un po’ e si vede bene che in cima a tutte le
nefandezze di cui è accusato c’è che «è cattolico!». (Come dicono i nazisti
dell’Illinois quando nel mitico film identificano “The Blues Brothers”).
Per ora si dice: “ultracattolico” (che però vuol dire semplicemente che uno
crede sul serio a ciò che insegna la chiesa cattolica), ma è una foglia di fico
(o di rosmarino) che sta per cadere. Tra poco, “cattolico” sarà nel discorso
pubblico un vero e proprio insulto, uno stigma d’infamia, a meno che la
denominazione non sia diluita e purificata con l’aggiunta di un qualche
solvente: “cattolico democratico”, “cattolico adulto”, “cattolico liberale”,
“cattolico laico” … al limite “cattolico noncattolico”.
Non conosco Lorenzo Fontana e quindi non mi azzardo a prevedere se sarà un buon presidente della camera o meno (ma questo non lo sanno neanche i suoi attuali detrattori).
Che sia cattolico,
però, non mi pare un difetto. Piuttosto una rarità.
LEONARDO LUGARESI
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