In casa cattolica si scatena l’attacco ai neopresidenti di Camera e Senato. La loro elezione ha rivelato l’esistenza di filoni culturali non allineati e non graditi a quei cattolici “adulti” che li consideravano estinti. Ma sono questi ultimi ad estinguersi favorendo la secolarizzazione.
di Riccardo Cascioli
Mattarella riceve Fontana Presidente della Camera |
Quelle
elezioni hanno fatto gridare allo scandalo e hanno riempito molti cuori di
rabbia perché hanno mostrato l’esistenza
di una cultura a lungo costretta alla clandestinità e che ora improvvisamente
dà segno di esistere. Più che una cultura compatta, si tratta di filoni culturali, di famiglie culturali
diverse ma comunque alternative a quella dominante. Si voleva far pensare
che non esistessero più, si è fatto ogni sforzo per ostracizzarle, le si è
dipinte con colori che alla fine si è visto non essere i loro, le si è
presentate come pericolose, retrograde, reazionarie, autoritarie.
La svolta ha
invece rivelato che in Italia c’è anche chi non è mai entrato in una libreria
Feltrinelli, che non
segue le indicazioni di vita di Ezio Mauro o di Corrado Augias, che non ride
delle vignette di Vauro perché non le guarda, che non compera Micromega o Il
Mulino, che alla sera, dal suo divano, non assiste a Piazzapulita di Corrado
Formigli. Gente che di Saviano conosce a malapena il nome, che non ha mai riso
per le performance della Litizzetto, corrosive in apparenza ma perfettamente
conformiste nella sostanza, che non si interessa delle opinioni sull’aborto
della Ferragni. Questo ha provocato, nei comparti della cultura ufficiale italiana, come
un impatto da panico. Gli insulti senza
ritegno hanno quindi un significato “culturale”, sono i sussulti scomposti di
una cultura che riteneva di essere ormai la sola. Nascono dalla
sorprendente esperienza che esistono in Italia anche altre culture oltre a
quella di Repubblica e della RAI. Ci si preoccupa,
poi, che queste culture “rozze e primitive” ora abbiano cinque anni di tempo
per uscire ancora di più allo scoperto, che nascano centri culturali nuovi,
nuove riviste, nuovi quotidiani, nuove catene librarie oltre l’universo Feltrinelli.
La cultura
egemone non è riuscita ad esserlo completamente e
questo, per i seguaci di Gramsci e Gobetti, risulta una catastrofe
inaccettabile, dato che essi ritenevano di essere dalla parte del senso della
storia. La fusione tra la rivoluzione liberale e la rivoluzione gramsciana ha
prodotto – diceva Del Noce – la fine della rivoluzione nel senso leninista del
termine. Era finito il significato violento della rivoluzione, quello
strettamente politico e addirittura “religioso” (palingenetico direbbero gli
amanti del bel dire), ma non era finito il suo significato culturale che anzi
prese ancora più piede, perché considerato innocuo e capace di passare tramite
il consenso piuttosto che tramite la lotta. Negli ultimi decenni quella cultura
si è estesa, come un ampio manto coprente, su tutto il Paese. Contrastarla era
molto difficile, richiedeva coraggio e il rischio della proscrizione. I partiti
che la promuovevano fondavano il loro potere su quella cultura diffusa e,
tramite il potere, la confermavano e la alimentavano in un circolo ritenuto
indefinitamente virtuoso.
Però, sotto
la coltre del conformismo imposto, molti
continuavano a pensare che il fascismo non fosse il “male assoluto”, se non
altro perché il comunismo era peggio, che la storia italiana non veniva
raccontata bene da chi si arrogava il compito autoritativo di raccontarla, che
il narcisistico principio di autodeterminazione distruggeva la famiglia e ogni
convivenza sociale, che una repubblica atea non era perciò una repubblica
migliore, che prima dello Stato c’erano molte società naturali che lo Stato
doveva rispettare, che la libertà diventa totalitaria separata dalle verità,
che le azioni orrende non cessano di esserlo perché votate da una maggioranza e
decretate dagli “illuminati”. Le elezioni dei due presidenti delle Camere
non hanno espresso queste culture sotterranee, ma le hanno adombrate, hanno
fatto la spia, hanno fatto capire che esistono e che se sono state finora
sotterranee è perché vi sono state costrette con la forza.
Ormai anche
la cultura cattolica era stata cooptata all’interno della coltre egemone del
gramscismo. Il cattolicesimo democratico ha transitato il popolo cattolico verso le
culture secolarizzate, ha insegnato ai cattolici a frequentare le librerie
Feltrinelli e alle editrici e librerie cattoliche a diventare delle piccole
Feltrinelli. Hanno insegnato a fare le Bonino e le Cirinnà pur senza esserlo.
Anche per i cattolici adulti la sorpresa
è stata quindi grande, perché anche loro pensavano che una cultura cattolica diversa
dalla loro si fosse ormai estinta, superata dalla ideologia postconciliarista.
Parlo di una cultura cattolica che non affidi alla sola coscienza personale il rapporto tra la fede e la politica. Perché per fare questo sono sufficienti i protestanti, non servono i cattolici. È così che anche Avvenire, stupito e contrariato, prende le distanze dal cattolico Fontana, e con Avvenire perfino intellettuali e docenti cattolici di alto bordo.
Leggi Avvenire dal link
Non un solo modo di far politica da cattolici. E molto da ricostruire (avvenire.it)
Il video su Avvenire you tube https://youtu.be/1hIbVUAGjFk
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