Caso Strickland: i vescovi non allineati finiscono male
La diocesi texana di Tyler riceve una visita apostolica. Cosa non va NELLA GESTIONE DI MONS. JOSEPH STRICKLAND? Finanze ok, seminario pieno, ma è guidata da un presule loquace e schietto: critico sul sinodo, non le manda a dire nemmeno al Papa (che apprezza la parresia, almeno a parole).
Si è conclusa la visita apostolica alla diocesi texana di Tyler, disposta dal Dicastero dei Vescovi e condotta da due presuli emeriti, mons. Gerald Kicanas e mons. Dennis Sullivan, interpellando clero e laici. In attesa del verdetto ci si chiede quale sia il "movente". Cosa c’è che non va in una diocesi che – stando ai dati riferiti da Catholic News Agency – ha una buona situazione finanziaria e un numero di aspiranti preti superiore alla media?
Mons. Joseph Strickland |
Forse a non andar bene oltretevere è
proprio il vescovo: mons. Joseph
Strickland, 64 anni, che dal 2012 siede sulla cattedra di Tyler. Se da un lato
la diocesi non ha rilasciato comunicati in merito e «al momento lo scopo
immediato della visita è ignoto», scrive Church Militant,
non è un mistero che Strickland abbia «certamente irritato membri di alto rango
della gerarchia difendendo il deposito della fede e condannando le opinioni più
eterodosse di vari altri prelati». È sufficiente dare uno sguardo
all’account twitter del
loquace e schietto vescovo per capire che non lo si può proprio definire
propriamente “allineato” al clima ecclesiale dominante.
È dedicato a Nancy Pelosi il più
recente tweet (al momento in cui scriviamo): mons.
Strickland prega che il cuore della ex-speaker nota per le posizioni abortiste
sia distolta «dalle vie della morte e abbracci la via del Signore della vita».
Netta l'opposizione al “pride” e alle lobby Lgbti (con tanto di frecciate
all’indirizzo del presidente Biden e del gesuita-arcobaleno James Martin più
volte elogiato dal Santo
Padre). Aggiungiamo la lettera
critica rispetto all’approccio vaticano sul vaccino. Oltre
naturalmente alla chiara riaffermazione della spiritualità “classica”, per
esempio sul Rosario o sull’Eucaristia.
Schietto anche di fronte a Pietro e senza
per questo disconoscerne l’autorità: Strickland chiarisce che «papa Francesco è il Papa» (di fronte a chi non
lo considera tale) ma aggiunge «per me è il momento di dire che rifiuto il suo
piano che mette a repentaglio il deposito della fede» – per esempio, per quel
che riguarda il sinodo. Infine ecco la recente riscoperta della liturgia
tradizionale che mons. Strickland ha celebrato per la prima volta nel 2020 (la
sua testimonianza è riportata nel blog Messainlatino)
che fa del suo un curriculum ecclesiale decisamente "indietrista",
pertanto poco apprezzato a Santa Marta e anche dal neo-prefetto del Dicastero
dei Vescovi, mons. Robert Francis Prevost, che provenendo proprio dagli Usa si
presume che avrà una particolare sollecitudine nel “normalizzare” l’episcopato
a stelle e strice.
Per ora la diocesi di Tyler non ha emesso
comunicati, il vescovo non vuol
farne un affare di Stato e sarebbe persino «fiducioso» riguardo all’esito della
visita, secondo una fonte di The Pillar; secondo un’altra invece,
durante la visita è stato anche toccato il tema di un possibile sostituto. Se
così fosse, anche mons. Strickland si aggiungerebbe alla lista dei “Disoccupati
di Santa Romana Chiesa”, che da poco annovera mons. Georg
Gänswein, accomunati da una visione più o meno critica del trend dominante
dal 2013, tutto teso a “innescare processi” purché vadano nella direzione
voluta (il problema è che innescando processi va da sé che si inneschino
inevitabili attriti).
Stando sempre alle fonti di The
Pillar, non è certo il tweet sul Papa ad aver fatto scattare la visita: del resto sarebbe alquanto surreale
venire “attenzionati” dal Dicastero per un tweet, ma lo sarebbe ancor di più
subire una visita apostolica per aver ripetuto ciò che la Chiesa ha sempre
detto in materia, per esempio, di matrimonio e famiglia (tanto più all'epoca
del "laboratorio" tedesco, che al di là di qualche bonario rimprovero
resta libero di continuare a sperimentare e sovvertire tutto il possibile). Non si ricorderà mai a sufficienza che
persino le voci critiche del pontificato ratzingeriano erano libere di parlare
al tempo del cosiddetto “pastore tedesco”, senza mai venir bollati come “nemici
del Papa” (espressione oggi ricorrente sulla bocca degli antipapali di ieri).
Quale che sia il destino di mons.
Strickland, certo è che da tempo l’episcopato dovrebbe essere incluso tra i “mestieri usuranti”: a Dio spiacenti e a’ nimici suoi, e
talora pure dentro le sacre mura, aumentano i vescovi che sotto il peso
del burnout episcopale si dimettono anzitempo rispetto ai
canonici 75 (il caso più eclatante l’anno scorso è stato quello del vescovo di
Lugano); qualcuno addirittura si pente di aver accettato la nomina (come il
francese Ivan Brient) e si affretta a firmare la rinuncia prima
dell’ordinazione, evitando che gli venga imposta sul capo una mitra che prima
ancora di indossarla pesa quanto una corona di spine.
Due nomine curiose in questi giorni hanno
evidenziato quanto sia instabile la cattedra episcopale: in Francia due ordinari sono stati
retrocessi ad ausiliari lunedi 26 giugno.
Si tratta di mons. Thierry Brac de la Perrière, che rinuncia al governo
pastorale di Nevers e diviene ausiliare di Lione. E mons. Jean-Pierre Batut,
non più vescovo di Blois ma dall’altro ieri ausiliare di Tolosa. Il primo è
reduce da un periodo sabbatico per
carenza di forze (altra illustre vittima del bournout). Del
secondo, mons. Batut, non si sa molto, se non che il Santo Padre lo ha
sollevato dal governo per sua richiesta («à ma demande», scrive
nella lettera di
congedo). Particolare curioso: al momento della nomina episcopale mons. Batut
proveniva dalla parrocchia parigina di Saint-Eugène-Sainte-Cecile,
dove si celebra in rito tradizionale (liturgia che il presule non ha
dimenticato neanche da vescovo).
Sempre in Francia resta in attesa di
verdetto romano la diocesi di Frejus-Toulon guidata da mons. Dominique Rey, cui dall’anno scorso la Santa Sede ha
imposto di sospendere le ordinazioni. Neanche i vescovi possono più contare sul
sospirato "posto fisso", specie se disallineati.
Stefano
Chiappalone, La nuova Bussola
Leggi
anche -
Contro Woelki i media, i vescovi e ora anche la polizia, di Nico Spuntoni
Sempre sul tema in
generale si può leggere (anche se datata)
https://lanuovabq.it/it/il-papa-esclude-le-dimissioni-e-da-un-colpo-a-cordileone