Caro Silvio Berlusconi,
quando nel novembre del 2011 il colpo di stato di
un comunista, mai pentito di aver sostenuto le peggiori dittature del secolo
scorso, ti costrinse alle dimissioni, sospendendo momentaneamente la
democrazia, noi decidemmo di scriverti per ringraziarti dei vent’anni di
libertà che ci avevi regalato.
“Ti ringraziamo, perché scendendo in campo nel ’94 ci hai salvato dalla “gioiosa macchina da guerra” che avrebbe voluto fare dell’Italia un paese governato da alcune procure. Le stesse che ti hanno perseguitato per vent’anni, e se adesso quei poteri sembrano aver vinto, sappi che non potranno avere la meglio come sarebbe stato vent’anni fa, perché nel frattempo le tue incredibili vicende ci hanno aperto gli occhi. Non praevalebunt.
Ti ringraziamo, perché ci hai liberato dagli inciuci della Prima Repubblica, e ci hai fatto vedere che noi cittadini possiamo scegliere il nostro premier, e anche la coalizione che ci governa.
Ti ringraziamo perché ci hai fatto vedere
che quelli del cosiddetto salotto buono del paese sono solo vogliosi di potere,
sprezzanti del popolo, e per loro è insopportabile che gente al di fuori della
loro cerchia possa avere accesso alle istituzioni. Tu parli come uno di noi, e,
paradossalmente, pur immensamente ricco, sei uno di noi.
Ti ringraziamo perché hai cercato di
salvare Eluana Englaro, con un coraggio che pure certi illustri prelati se lo
sognano. Chi salva una vita, o cerca di salvarla, salva il mondo intero, e Dio
te ne renderà merito.
Ti ringraziamo perché ti sei battuto
come un leone, fino alla fine.
In questi tre anni (2010 -2013)per fermarti hanno fatto di tutto, approfittando certo anche
di tuoi errori, ma non è questo il punto: sei stato alla mercè delle procure,
ti hanno origliato come neanche in Unione Sovietica, coperto di fango e
svillaneggiato, poteri forti e circuiti mediatici e giudiziari che pur di farti
fuori hanno messo in seria difficoltà il paese, e adesso, gli stessi, dicono di
volere un altro governo per il bene dell’Italia. Quell’Italia che loro, e non
tu, hanno gettato nel ridicolo agli occhi del mondo."
E oggi un grande, grandissimo e commosso saluto: siamo in piedi sulle sedie, come allora, a salutarti “o capitano mio capitano”.
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