lunedì 10 luglio 2023

1976: LA LOGICA DEL “COMPROMESSO STORICO” TRA CATTOLICI E COMUNISTI DEMOLITA DA DEL NOCE

Con la sua relazione al secondo convegno di Cl sulla scuola nel 1976 AUGUSTO DEL NOCE anticipò le sue celebri tesi sul rischio di una resa della Chiesa all’egemonia gramsciana

PARTE PRIMA

Al II Convegno nazionale per insegnanti e operatori della scuola promosso da Comunione e Liberazione, che si svolse a Rimini nell’agosto 1976, prese parte come relatore anche uno dei più grandi intellettuali italiani del Novecento: Augusto Del Noce, l’autore di Il problema dell’ateismo e L’epoca della secolarizzazione, che meno di due anni dopo avrebbe dato alle stampe Il suicidio della rivoluzione, libro che in copertina mostra le effigi di Karl Marx, Giovanni Gentile e
Antonio Gramsci e che documenta come il comunismo italiano, ispirato al pensiero di Gramsci, fosse in realtà organico al progetto di razionalizzazione capitalista, che passa attraverso la secolarizzazione integrale e la scristianizzazione che erano l’obiettivo della “riforma intellettuale e morale” del pensatore sardo.

La relazione di Del Noce, intitolata “La pedagogia della secolarizzazione e il conflitto delle culture”, anticipa molti dei contenuti di quello che diventerà il suo libro più citato. La si può ritrovare in Pluralismo culturale Scuola e Società – La scuola italiana fra cultura di Stato e pluralismo culturale, edito da Massimo, il libro che raccoglie gli atti di quel convegno.

La profezia di Gramsci sul partito popolare

Le elezioni politiche del 1976 sono passate da due mesi, la Dc ha resistito al tentativo di sorpasso da parte del Pci e il governo Andreotti III si regge sulla “non sfiducia” dell’opposizione, egemonizzata dai comunisti. All’orizzonte si profila il “compromesso storico” fra i due partiti maggiori del panorama politico italiano. Ma Del Noce spiega, nel suo lungo e dotto intervento, che questa prospettiva sarebbe una sciagura per la democrazia italiana e soprattutto per il cristianesimo. Ad essa contrappone una “rinascita cattolica” nei termini delineati da Leone XIII nell’enciclica Aeterni Patris.

Dice Del Noce:

«Mi capita di sentire che il compito del partito democristiano sarebbe di adeguare la coscienza politica dei cattolici alla moderna società democratica, dissipando le tentazioni “teocratiche e integralistiche”. O che, alla fine, il partito dovrebbe rinunciare all’aggettivo “cristiano” per risolversi in un partito “democratico”, inteso a garantire le migliori condizioni per lo sviluppo produttivo e per la “realizzazione” temporale di ognuno, assumendo una pura posizione di “neutralità” nel campo culturale e nel campo religioso. Ancora un passo e arriviamo all’idea di un cristianesimo che si risolve nella politica, come forza propulsiva di un abbastanza indeterminato “progresso sociale”. Quasi si volesse confermare la profezia annunciata da Gramsci all’indomani della fondazione del partito popolare».

L’intervento di Gramsci, apparso nel 1919 sulla sua rivista L’Ordine Nuovo, contiene la famosa frase: «Il cattolicesimo democratico fa ciò che il socialismo non potrebbe: amalgama, ordina, vivifica e si suicida». Quel che segue non è meno caustico: «Assunta una forma, diventata una potenza reale, queste folle si saldano con le masse socialiste consapevoli, ne diventano la continuazione normale. Diventati società, acquistata coscienza della loro forma reale, questi individui comprenderanno la superiorità del motto socialista “l’emancipazione del proletariato sarà opera del proletariato stesso”, e non vorranno più intermediari, non vorranno più pastori per autorità, ma comprenderanno di muoversi per impulso proprio: diventeranno uomini, nel senso moderno della parola, uomini che attingono alla propria coscienza i princìpi della propria azione, uomini che spezzano gli idoli, che decapitano Dio».

Le tre culture in lotta in Italia

Del Noce descrive poi le tre culture presenti in Italia e la loro lotta:

«Se ci poniamo la domanda sulle culture oggi esistenti in Italia, la risposta sembra facile: tre, la cattolica, la laica e la comunista. Ma il discorso è assai più complesso. Abbiamo una cultura cattolica divisa fra ortodossi e modernisti; una cultura laica anch’essa divisa tra moderati e radicali; e una cultura marxista in cui invece la linea gramsciana, che si presenta come l’erede della filosofia e della storiografia “hegeliano-riformata”, è riuscita ad affermarsi in posizione di guida, emarginando i pochi dissidenti».

Secondo Del Noce i cattolici ortodossi e i laici moderati sono politicamente vicini, ma purtroppo

«non v’è chi non veda che la borghesia laica ricca, e di recente o di relativamente recente ricchezza, è attestata, pressoché unanime, su posizioni radicali. Ora, qual è il rapporto tra borghesia radicale e comunismo? Il comunista vecchio tipo dovrebbe vedere nel libertismo radicale il punto estremo della dissoluzione borghese; viceversa il radicale dovrebbe vedere nel comunista l’erede della secolarizzazione della mentalità escatologica e messianica, d’un modulo teologico, insomma. Di fatto, però, si stabilisce un’alleanza che, nel mondo occidentale, è inscindibile. E così il comunista vede nel radicale chi accede alla denuncia del carattere mistificatorio dei valori tradizionali, così da preparare la via all’”ordine nuovo”; e il radicale pensa al comunismo come a una tecnica accelerata per colmare i ritardi storici. […] Il Pci sarebbe inevitabilmente in regresso, e da molti anni, se non lo avesse sostenuto l’appoggio culturale della borghesia progressista o illuminata».

Contro «la questione del “compromesso storico”»

Tutto questo non si spiegherebbe senza il gramscismo. Che è un marxismo non ortodosso.

«Gramsci è un pensatore che credendo di incontrare Marx, attraverso la sua critica a Croce, ha incontrato invece Gentile». «A partire da questo incontro con Gentile si intende quel momento dell’accentuazione della sovrastruttura, che distingue così profondamente il gramscismo da qualsiasi altra forma che si richiami a Marx».«Non è singolare che Gramsci adotti per designare il marxismo quel termine di “filosofia della prassi” che, in senso rigoroso, fu usato la prima volta da Gentile?».

Ma sulla religione il contrasto fra Gentile (e Croce) e Gramsci è molto forte: per Croce non possiamo non dirci cristiani anche se non crediamo, per Gentile la religione è la forma primitiva e ingenua della filosofia, e quindi su di essa va centrata l’educazione nelle scuole elementari. Per Gramsci questo significa arrendersi alla Chiesa e trasformare di nuovo la filosofia in ancella della teologia.

Per lui la «pedagogia della secolarizzazione deve essere esplicita», Stato e Chiesa sono in lotta per l’egemonia dell’educazione popolare.

Da qui nasce la forte ostilità di Del Noce alla logica politica del “compromesso storico”:

«È in relazione a questa lotta, a questa ricerca di subordinazione, e, al limite, di estinzione della Chiesa che deve essere valutata la questione del “compromesso storico”. A rigore, si potrebbe ben pensare a un armistizio sulle questioni che dividono, allo scopo di costruire una maggioranza solida, capace di portare ordine e giustizia sulle questioni economiche e sociali. Ma ciò è impossibile, perché, nell’orizzonte ideale del Partito comunista, cultura e politica sono inscindibili. In uno dei passi in cui il pensiero gramsciano trova la sua forma più chiara, nelle Noterelle sul Machiavelli, è detto che il “moderno Principe” (cioè il partito) “deve e non può non essere il banditore e l’organizzatore di una riforma intellettuale e morale, ciò che poi significa creare il terreno per un ulteriore sviluppo della volontà collettiva nazionale popolare verso il compimento di una forma superiore e totale di civiltà moderna”. […] Quanto a dire che quello a cui il comunismo non può assolutamente rinunciare è la ricerca dell’egemonia nel campo della cultura e dell’educazione; alla pedagogia della secolarizzazione come determinazione di un ambiente in cui la religione è destinata a spegnersi naturalmente, senza rumore per così dire».

«Per Gramsci, tutta l’educazione è diretta verso un fine ben preciso: la creazione di un nuovo “senso comune” per cui non possa più proporsi, né logicamente né emotivamente, il problema dell’esistenza o del desiderio di Dio; desiderio di Dio che restava presente nel vecchio positivismo e nel neokantismo, e che è riemerso in rappresentanti di scuole inizialmente ispirate al marxismo, come quella di Francoforte, per esempio in Horkheimer».

(1. continua)

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