LEONARDO LUGARESI
(con una nota finale del Crocevia)
Ieri il papa ha nominato il nuovo prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede
nella persona di mons. Victor Manuel Fernandez, finora arcivescovo di La Plata
(Argentina), ed ha voluto accompagnare la pubblicazione della nomina con una sua lettera che è stata resa nota
contestualmente all’annuncio dell’incarico.Mons. Victor Manuel Fernandez
Non è una prassi abituale: questa
lettera, indirizzata al neoeletto e per conoscenza a tutti noi, è dunque un
documento importante, che merita un’attenzione particolare. Si tratta infatti
di un atto ufficiale, che il papa ha specificamente voluto compiere
per spiegare il senso che ha inteso dare alla scelta di mons. Fernandez ed
esplicitare la missione che affida al nuovo prefetto. Nulla di ciò che contiene
può dunque essere considerato alla stregua di un obiter dictum e
tantomeno come un’espressione “dal sen fuggita” nel corso di una conversazione,
come si potrebbe sostenere, ad esempio, per le tante interviste che il papa ha
concesso in questi ultimi tempi.
Per questo motivo ritengo doveroso, per un semplice fedele come me, riflettere sull’affermazione che si trova quasi in apertura della lettera, al secondo capoverso: «El Dicasterio que presidirás en otras épocas llegó a utilizar métodos inmorales». Se traduco bene: «Il DIcastero che presiederai in altre epoche è arrivato ad usare metodi immorali». Mi sembra una frase grave e sconcertante. L’accusa di immoralità, lanciata da un papa ad un organo supremo della Santa Sede, a mia conoscenza non ha precedenti.
Diventa
perciò assolutamente necessario anzitutto chiarire a chi e a che cosa si
riferisce papa Francesco.
Il che cosa è forse, almeno in parte, spiegato nella frase immediatamente
successiva: «Fueron tiempos donde más que promover el saber teológico se
perseguían posibles errores doctrinales». Cioè, sempre se capisco bene: «Erano
tempi in cui, più che promuovere la conoscenza teologica, si perseguivano
possibili errori dottrinali».
Questa
affermazione mi pare molto problematica: non è facile comprendere perché mai il
compito di difendere l’ortodossia della dottrina della Chiesa, da sempre
affidato alla Congregazione per la Dottrina della Fede, debba dare adito ad
accuse di immoralità, e ci si potrebbe anche chiedere se una visione in cui la
promozione della conoscenza teologica spetta in prima battuta a un organo del
governo centrale della chiesa piuttosto che alla libera ricerca dei teologi non
sia, in definitiva, ben più verticistica di quella in cui all’autorità
gerarchica è riservata piuttosto una funzione di “sorveglianza” (“episcopale”
appunto) nei riguardi di tale lavoro, al fine di mettere in guardia i fedeli
contro errori dottrinali, che non sono solo astrattamente “possibili” ma di
fatto si sono verificati molte volte nella storia della chiesa. Ma lasciamo
stare: da semplice laico non mi considero certo all’altezza di poter affrontare
argomenti così delicati e complessi.
Più urgente per me è capire di
chi sta parlando il papa quando parla di «metodi immorali». Se
ci si lascia distrarre dalla espressione temporale «en otras épocas», così vaga
da significare tutto e nulla, si potrebbe pensare che è impossibile rispondere
a tale domanda. L’accusa perciò resterebbe grave e sconcertante, ma finirebbe
per avere la rilevanza di una “denuncia contro ignoti”. Si può temere,
purtroppo, che quel finto complemento di tempo sia stato inserito a bella
posta, per dire e non dire. Che sia un’astuzia, in altre parole. Il messaggio
sarebbe più o meno questo: “Alla Congregazione per la Dottrina della Fede
usavano metodi immorali”. “Ma quando? E chi è stato?”. “Un tempo. E non si sa
chi”.
Però la terza frase di quel terribile paragrafo mi sembra che chiarisca a sufficienza il pensiero del papa. Egli scrive infatti al nuovo prefetto: «Lo que espero de vos es sin duda algo muy diferente». Che in italiano si traduce: «Quello che mi aspetto da voi è sicuramente qualcosa di molto diverso». Ora, non è chi non veda che una frase del genere ha senso soltanto in relazione ad un passato recente.
Di conseguenza, le “altre epoche” in cui secondo il papa la CDF faceva cose immorali non sono quelle di un remoto passato, di una fase storica della Chiesa ormai finita da un pezzo, e così lontana dal nostro mondo e dalla nostra mentalità per cui i termini delle questioni si ponevano allora in modo del tutto diverso da come si fa oggi, eccetera eccetera … (ammesso e non concesso che anche in questo caso l’accusa di immoralità sia giustificata). No, il papa sta evidentemente parlando della “chiesa di ieri”, non di quella di cinque secoli fa. Per dirla tutta: non della “Sacra Congregazione della romana e universale inquisizione” di Paolo III e nemmeno della “Sacra Congregazione del Sant’Uffizio” di san Pio X, ma della “Congregazione per la Dottrina della Fede” di san Paolo VI, di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Ancor più brutalmente: non sta parlando dei tempi del cardinal Carafa (XVI secolo), ma del cardinale Ratzinger. Se le cose stanno così, a rendere ancor più “problematica” per un cattolico l’accusa di immoralità rivolta alla CDF sta il fatto che essa ha sempre agito in obbedienza e comunque con l’assenso dei pontefici regnanti: san Paolo VI, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Di conseguenza diventerebbe impossibile sottrarre quei santi pontefici al rimprovero di essere stati come minimo conniventi con i «metodi immorali» della CDF. Solo io resto senza parole di fronte a una prospettiva del genere?
Tutto
ciò è per me, come semplice fedele cattolico, fonte di un enorme imbarazzo, per
non dire di scandalo, ma francamente non mi pare che
l’affermazione del papa possa essere intesa in altro modo. La comunicazione ha
le sue regole e neanche un papa può ignorarle. Provo a spiegarmi ancora meglio
con un esempio. Poniamo che il rettore di una scuola, presentando ai docenti e
agli alunni un nuovo insegnante che ha appena nominato, dica: «Un tempo in
questa scuola si usavano metodi violenti. Da lei mi aspetto sicuramente
qualcosa di molto diverso». Chi mai potrebbe pensare che quel rettore si
riferisca, che ne so, ai tempi degli antichi Romani e al plagosus
Orbilius di oraziana memoria?
Tutti capirebbero che intende alludere al predecessore o ai predecessori immediati del nuovo docente. Altrimenti la sua frase sarebbe priva di senso, quanto lo sarebbe oggi dichiarare di aspettarsi che il nuovo prefetto del dicastero vaticano non scriva con la penna d’oca, non faccia il viaggio dall’Argentina a Roma su un veliero e non si rechi al lavoro in carrozza.
LEONARDO LUGARESI
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NOTA DEL CROCEVIA
Mons Fernandez è da sempre in
prima linea per aprire la comunione ai divorziati risposati, favorevole alle
leggi per le unioni civili, aperto al cardinalato delle donne. Ha pubblicato un
libro in Argentina nel 1995, un bestseller col titolo di: “Saname con tu boca. El arte de basar”. Si legge:” Nell’intento
di sintetizzare l’immensa ricchezza della vita, sono venute fuori queste pagine
afavore del bacio che , spero, ti aiutino a baciare meglio, e ti spingano a
liberare in un bacio il meglio del tuo essere”.
Niente di male in tutto questo.
Ma molta strada è stata fatta
da quando i Prefetti della Dottrina della fede avevano come best seller titoli
come “Introduzione al Cristianesimo”
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