di Costanza Miriano
In una delle prime interviste rilasciate dopo la sua nomina a Prefetto della Congregazione per
la dottrina della fede Victor Manuel Fernàndez ha subito fatto una
dichiarazione sulla questione della benedizione delle coppie omosessuali, sulla
quale la Congregazione con Ladaria aveva dato parere negativo, un parere
confermato dal Papa stesso (anche se c’è stata una scia polemica, qualcuno ha
detto che al Papa la cosa era sfuggita; secondo queste persone peraltro la
nomina di Fernàndez andrebbe appunto nella direzione opposta, di correggere
quel pronunciamento).Mons. Victor Manuel Fernandez
Sull’argomento il monsignore ha risposto: “bisogna evitare riti o benedizioni che possano alimentare questa confusione (sul fatto che “non c’è niente che possa essere paragonato al matrimonio, cioè l’unione tra due esseri tanto diversi quanto maschio e femmina, capaci di generare vita”), ma se c’è una benedizione che possa essere data in modo tale da non causare quella confusione, dovrà essere analizzata e confermata”.
Mi
sembra una cosa di una gravità – in senso etimologico, cioè di un peso
specifico – altissima, una cosa enorme, che è imprudente affidare a una
intervista. E dire che quando ho letto alcuni articoli critici,
usciti subito dopo la nomina, ho pensato che gli appassionati di questioni di
curia fossero come sempre troppo pieni di malizia. Diamogli tempo, mi sono
detta. Non pensavo che su un tema che riguarda l’identità profonda e la verità
dell’uomo il nuovo Prefetto si sarebbe esposto così.
Ora, io non sono una teologa, ma da semplice credente,
col mio sensus fidei del popolo di Dio, mi chiedo come la Chiesa possa mai
benedire degli atti che lei stessa definisce intrinsecamente disordinati, come
i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Perché ovviamente in
questione qui non è la benedizione delle persone, che ne sono tutte degne. In
questione è la benedizione di una certa condotta. Di nuovo da non teologa mi
chiedo: come può una madre benedire il comportamento di un figlio che si sta
facendo del male? La mamma benedirà sempre il figlio, ma mai ciò che gli fa del
male, mai. Anzi, una delle cose che costa più a un genitore è dire dei no, a
costo di perdere popolarità. Lo fa perché sa che sta facendo il bene di suo
figlio.
Un amico a cui facevo questa domanda – come si può
solo pensare che la Chiesa benedica il male? – ipotizzava che la benedizione di
un’unione stabile potesse significare che comunque il passaggio da una
promiscuità, da una serie di relazioni occasionali, a una stabile, potesse
essere considerato comunque un progresso, un momento di crescita, un passaggio
da un male più grande a un male più piccolo. Il fatto è che il male è male, e
non sarà mai bene, anche quando è “di meno”. Sempre male è. Senza contare che
piuttosto io vedo in un’unione stabile, invece, la cristallizzazione di una
situazione, dalla quale diventa sempre più difficile tornare indietro, quando si
è chiesto e ottenuto un riconoscimento pubblico.
Fernandez
dunque dice che se si trova un modo per benedire senza fare confusione, va
fatto. Ma io mi chiedo in che mondo sia vissuto lui,
ed è una domanda seria, nel senso che non so come stiano le cose in Argentina.
Qui da queste parti (intendo gran parte del mondo occidentale, a partire da
Europa e Usa e Canada) la confusione non c’è più da un pezzo, ma non nel senso
che le regole rigide hanno messo ordine, bensì al contrario nel senso che è
stata ampiamente superata, almeno per i ragazzi, e quindi per il mondo che
stiamo preparando: il sesso non conta, si può amare chiunque, e ci si può
percepire come si preferisce, e chi afferma il contrario viene guardato come
una persona stravagante ed eccentrica. Il passaggio è ormai avvenuto da un
pezzo. Siamo talmente oltre che solo tra le persone che conosco direttamente
oltre a molti casi di identità dichiarata fluida, c’è anche una ragazza che per
anni si è fatta chiamare Luca, e adesso è tornata Alice. Tutto ciò è non solo
riconosciuto, non solo non criticato, perché anche chi in cuor suo nutre dei
dubbi non osa esporli per paura del giudizio, ma anche incoraggiato in tutti i
modi dalla comunicazione, dal cinema, dalla cultura dominante in senso lato.
La Chiesa è rimasta l’unica voce ad affermare la verità: nasciamo con una identità che riceviamo dal Creatore, e che influenza tutto ciò che siamo, in ogni ambito. Siamo maschio o femmina, e anche se possiamo realizzare la nostra vocazione maschile o femminile in tantissimi modi diversi, c’è un dato biologico oggettivo e non culturale da cui non possiamo prescindere. Si chiama realtà.
Non vedo come la Chiesa possa abdicare a
questo suo compito senza generare confusione. Come possa benedire qualcosa che
una persona fa contro la sua verità. È ovvio che la Chiesa benedice tutte le
persone, ma proprio perché le benedice, non potrà mai incoraggiarle a rimanere
nel peccato che, come sappiamo tutti, è una condotta che danneggia prima di
tutto noi, ed è ciò che ci impedisce di vedere il nostro vero io, il progetto
stupendo che Dio ha perché ognuno di noi sia se stesso, e metta a frutto i suoi
talenti.
Ogni uomo e ogni donna sono chiamati a
essere fecondi. Ciascuno. I sacerdoti e gli uomini e le donne consacrate sono
fecondi con una paternità e una maternità aperti alla comunità, generano vita
nel servizio. Gli altri sono chiamati a rendersi disponibili a generare la vita
– sempre che questa vita, regalo gratuito, arrivi – in un altro modo. Non c’è
altra felicità possibile che questa, dare la vita in qualche modo. Per questo
la Chiesa non potrà mai benedire le unioni omosessuali, perché intrinsecamente
infeconde: non generano vita e non si aprono all’altro. E se una parte della
Chiesa dovesse farlo – dico una parte perché a quel punto lo scisma sarebbe
ormai conclamato, a partire dall’Africa – è ovvio che ingenererebbe confusione,
o meglio toglierebbe l’unico argine rimasto alla confusione.
Dare la vita nel matrimonio – afferma
von Balthasar in una citazione che rubo a Leonardo Lugaresi – significa per gli
sposi custodire se stessi, diventare veramente un uomo e una donna adulti,
solidi, consistenti e quindi in ultimo felici e compiuti. “Nella promessa
del matrimonio non impegnano la propria fedeltà sulle sabbie mobili
della loro fedeltà, non si consegnano a se stessi, ma alla forma che, scelta,
li sceglie […] una forma con la quale essi si identificano nella loro
personalità più profonda perché essa, penetrando tutti gli strati dell’essere a
partire dalla radici biologiche, possa attingere le altezze della grazia e
dello Spirito Santo. […] Ma a cosa si riduce l’individuo che,
disprezzando e travolgendo questa forma, stringe rapporti che restano
prigionieri delle limitazioni della sua psicologia? A nient’altro che a sabbie
mobili e infecondità inevitabile”.
Meglio non si poteva dire. Allora, come
può la Chiesa benedire dei suoi figli amatissimi, che si consegnano alle sabbie
mobili, che diventano prigionieri dei propri limiti?
È ovvio che alle persone che provano
attrazione per lo stesso sesso non interessa la benedizione della Chiesa sulla
loro unione, a loro interessa che anche quest’ultima voce rimasta in tutto il
panorama occidentale a dire il contrario, cambi il giudizio sulla loro
condizione, così come la questione delle unioni civili – che hanno occupato la
politica del nostro paese per anni e che sembrano rimaste le uniche battaglie
urgenti di paesi che falliscono e dimenticano tutto il resto – era in realtà
solo una leva per tentare di cambiare la cultura e la mentalità comuni, perché
alla fine le unioni sono state un flop.
No, signor Prefetto, non si può benedire il Male, perché benedire vuol dire “dire che è bene”, e non si può dire che il male è bene senza fare confusione. Si possono benedire le persone che vivono nel Male, e la prima benedizione, il primo esorcismo sul male, è annunciare la Verità.
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