domenica 20 ottobre 2024

ELENA UGOLINI: «LA MIA SFIDA AL CUORE DEL SISTEMA PD»

 Di Pietro Piccinini

15 Ottobre 2024 TEMPI

La carica della candidata civica sostenuta dal centrodestra in Emilia-Romagna: «Consiglio al mio avversario De Pascale di votare per me se davvero vuole le riforme che promette e che il suo partito al potere da 54 anni non ha mai fatto» . Elena Ugolini è nata a Rimini nel 1959 e vive da tempo a Bologna. È madre di quattro figli


Elena Ugolini 

Era inevitabile che la campagna elettorale in Emilia-Romagna, dove il 17 e 18 novembre prossimi si voterà per scegliere il successore di Stefano Bonaccini alla presidenza della Regione, finisse per accendersi particolarmente intorno ai danni di un’alluvione capitata “in diretta” davanti agli occhi di candidati ed elettori, e intorno alle responsabilità della mancata realizzazione di adeguati interventi difensivi sul territorio. Fin da subito ritardi e lacune nella ricostruzione dopo la (doppia) alluvione del maggio 2023 e nelle opere di prevenzione sono stati un tema centrale della competizione, ma adesso, dopo la terza inondazione subita dalla Romagna in sedici mesi, l’argomento non poteva non monopolizzare la contesa.

Parte dunque da qui questa intervista di Tempi a Elena Ugolini, una donna con un curriculum lungo così, nota per aver guidato il Malpighi di Bologna fino a renderlo un punto di riferimento nazionale per le scuole paritarie e non solo quelle, collaboratrice di diversi ministri dell’Istruzione di tutti i colori e sottosegretario al Miur nel governo Monti, oggi soprattutto la candidata civica che ha ottenuto l’appoggio del centrodestra nella sua sfida a uno storico fortino della sinistra, a quel «sistema dirigista che dall’alto decide cosa è buono e cosa no» e che regna incontrastato da oltre cinquant’anni, come abbiamo scritto nel numero di settembre del mensile.

Che cosa rimprovera alla Regione rispetto all’alluvione?

I miei rimproveri alla Regione si fondano su quel che dicono gli alluvionati. La prima cosa che ho fatto quando ho cominciato la campagna è stata andare nei territori colpiti, ho girato moltissimi paesi e incontrato i comitati degli alluvionati. Già all’inizio di settembre ho visto molta preoccupazione, la gente diceva: “Non possiamo passare da una alluvione all’altra”. E più che i ristori, chiedevano la messa in sicurezza del territorio. Mi facevano vedere che i fiumi erano ancora pieni di tronchi, i canali non erano stati puliti, gli archi dei ponti ostruiti. La gente era terrorizzata.

Poi sono arrivati questi rovesci senza precedenti.

È venuta giù molta pioggia, sì, però è durata 24 ore, non due o tre giorni come nel maggio 2023. La gente ha visto di nuovo salire l’acqua e con l’acqua è salita anche la rabbia. Più che per quanto non è stato fatto in questo anno e mezzo, per quanto non è stato fatto in 54 anni di governo di sinistra della Regione. Regione che ha competenza diretta sul dissesto idrogeologico e sul governo delle acque.

Che cosa non ha fatto la Regione?

Le famiglie e gli agricoltori alluvionati per la seconda o terza volta nell’arco di due anni lamentano che non sono stati costruiti gli invasi e le vasche di laminazione che servono per mitigare gli eventi estremi. O vasche che oltre a difendere dagli allagamenti i luoghi abitati conservino l’acqua e permettano di riutilizzarla in caso di siccità. Ma per un piano serio di governo delle acque servono anche canali, dighe. Invece sa che della famosa diga di Vetto si parla dagli anni Sessanta e ancora non c’è? E poi non è mai stata garantita la pulizia dei fiumi, con letti che si sono alzati in questi anni fino a un metro, il che comporta una drastica riduzione della portata.

Colpa anche questo di chi ha governato in questi decenni?

I contadini romagnoli raccontano che una volta erano loro i primi a darsi da fare per allargare gli argini dei fiumi, liberarne il corso da tronchi e rami, ripulirne i letti. Cose che non sono più state fatte. Figurarsi: fino al maggio scorso gli agricoltori che portavano via un tronco da un fiume o toccavano un argine venivano multati. Ma gli agricoltori sono i primi custodi dell’ambiente, non i suoi nemici, come pensano gli alleati del mio avversario Michele De Pascale. Io penso che dobbiamo restituire loro la possibilità di continuare a fare quello che hanno fatto per secoli.

Perché la Regione non ha fatto tutto questo?

Perché aveva altre priorità, per esempio coprire il buco della sanità. E poi perché obbedisce a un’ideologia ambientalista fondamentalista che in nome della cura del territorio si oppone al governo del territorio, nella convinzione che la natura si debba in qualche modo autogovernare. Ma questo è contrario a ogni principio di buonsenso. Proprio perché i cambiamenti climatici porteranno a una sempre maggiore concentrazione delle piogge sul nostro territorio e al continuo passaggio da siccità ad alluvione, noi dobbiamo, uno, costruire infrastrutture che ci permettano di governare il corso dei fiumi e dei loro affluenti; due, dobbiamo coinvolgere gli agricoltori nella cura del territorio; e tre, dobbiamo combattere lo spopolamento delle aree interne, perché soprattutto sugli Appennini e sui colli avere terreni incolti è come lasciar scivolare l’acqua sul ghiaccio.

Già prima che sulla Romagna si abbattesse la terza alluvione in 16 mesi, lei diceva che la Regione ha la grave responsabilità di non aver speso i fondi disponibili per queste opere.

Ricordo solo che nel 2022 la nostra Regione ha restituito 50 milioni di euro destinati proprio al contrasto del dissesto idrogeologico, innanzitutto alla costruzione degli invasi. Adesso la sinistra si appiglia a dettagli di tipo tecnico, ma la realtà è questa. La realtà è che dei soldi assegnati per esempio al Comune di Ravenna (sindaco De Pascale) per ripristinare i danni dell’alluvione del maggio 2023 è stato speso solo il 5 per cento.

Ha senso la richiesta di De Pascale che il prossimo commissario alla ricostruzione post alluvione sia il presidente della Regione, chiunque vinca?

Per me il problema vero non è la ricostruzione, ma la messa in sicurezza del territorio, che – al netto delle azioni straordinarie necessarie per rispondere all’emergenza in corso – può avvenire solo attraverso il lavoro ordinario della Regione. Dobbiamo recuperare un giusto rapporto tra l’uomo e la natura. Nella coalizione guidata dal Pd di De Pascale ci sono proprio le persone che per anni hanno impedito e ancora oggi impediscono questo.



I segni dell’alluvione a Traversara, frazione di Bagnacavallo (Ravenna),

20 settembre 2024 (foto Ansa)

 


Altra notizia recente è la sorprendente sintonia tra Giorgia Meloni e il nuovo presidente di Confindustria Emanuele Orsini sulla necessità di frenare l’ambientalismo ideologico del Green Deal europeo. Orsini, tra l’altro, è un emiliano e questo non è un dettaglio, perché in Europa il Pd “padrone” dell’Emilia-Romagna sostiene proprio le misure che in nome della tutela dell’ambiente minacciano di smantellare le industrie che rendono la regione motore produttivo del paese. Basta pensare a settori come l’agroalimentare, la meccanica, gli imballaggi…

La politica delle due facce è una caratteristica fondamentale del Pd emiliano-romagnolo: qui parlano della necessità di «accompagnare le aziende del nostro territorio a una transizione ecologica che coniughi decarbonizzazione e competitività»; in Europa però sostengono esattamente quei provvedimenti che rischiano di mettere in ginocchio, per esempio, il packaging, visto che noi siamo campioni del riciclo e a Bruxelles invece la famiglia socialista di Elly Schlein punta tutto sul riuso. Sono contraddizioni forti che occorre portare alla luce, per questo l’intervento di Orsini è importante.

Pochi però da quelle parti sembrano disposti a parlarne apertamente.

In una regione governata sempre dallo stesso sistema per 54 anni l’intreccio tra politica ed economia è strettissimo, e si sa che qui, come diceva Orwell, tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Sono affermazioni dure ma condivise da tantissime persone, le assicuro: se pochi lo dicono a voce alta è proprio per il clima che c’è.

Il mondo delle imprese non pare entusiasta nemmeno dell’idea, questa del governo di Roma, di obbligare le imprese ad assicurarsi contro le calamità.

Sarà sempre più importante tutelarsi rispetto ai cambiamenti climatici. Così come è importante che ci sia libertà di scelta e, con le incentivazioni giuste, le aziende potrebbero essere aiutate a fare questo passo. Ciò detto, per tutti gli imprenditori che incontro, ma proprio tutti, grandissimi, grandi, medi, piccoli e piccolissimi, la priorità è sempre la stessa.

Quale?

Semplificazione burocratica.

Tutto il mondo è paese.

Per dare un’idea dell’inerzia della sinistra emiliano-romagnola, dico solo che nel 2022 la Regione ha individuato con le parti sociali 70 procedure amministrative da semplificare: in due anni ne hanno eliminate tre. E dire che sarebbero tutti interventi a costo zero ma in grado di favorire progetti e investimenti.

Tornando al clima che si respira, i sondaggi danno in netto vantaggio De Pascale.

Ma secondo gli stessi sondaggi ben il 50 per cento degli intervistati dice di essere indeciso. Il mio obiettivo è puntare sugli incerti, oltre che sugli elettori che già condividono la necessità di un’alternanza dopo più di mezzo secolo. E poi su quanti non sono mai andati a votare o hanno smesso di farlo da anni. Io punto su un voto che non è di appartenenza, ma di corrispondenza: voglio intercettare la domanda e i bisogni concreti delle persone, cercando di far capire che ci può essere un’altra visione. È proprio questo che dà fastidio a Bonaccini e al potentato economico che sta dietro al Pd, l’idea che possa esserci un’altra visione. Hanno una presunzione, un senso di superiorità che in questi anni ha impedito loro di ascoltare la gente. Dall’associazione di volontariato che ho incontrato nei giorni scorsi e che dà una casa ai senzatetto, all’imprenditore agricolo che governa mille ettari, a quello che ne ha solo 10 e che ha un piccolo agriturismo, fino all’elettricista, al farmacista, al medico primario, a chi gestisce residenze per anziani: persone diversissime tra loro, ma tutte dicono che in Regione non c’è ascolto. Il potere decide, poi può anche starti a sentire, ma solo per confermare quello che ha già deciso. E io insisto: una visione diversa è possibile. Mi sono divertita moltissimo quando ho incontrato nell’alto Parmense i sindaci di Fornovo di Taro, Varano de’ Melegari e Bore, che con una lista civica sono riusciti a mandare a casa il Pd che comandava da sempre. Dicevano: “Guarda Elena che lo spazio c’è, perché la gente ti segue sulla concretezza di un approccio che aiuta a vivere, a fare impresa, a tirar su famiglia, a curare gli anziani”.

La sinistra e i giornali d’area hanno iniziato da subito ad accusarla di non essere “davvero” una candidata civica, ma di essere “sempre più vicina al centrodestra”.

È la loro tattica, sì. Io invece chiedo agli elettori di giudicare quello che ho fatto nella vita, e che i miei avversari non hanno mai fatto perché loro non hanno mai lavorato né hanno mai costruito nulla se non ciò che gli è stato dato per appartenenza al partito. E poi chiedo di giudicare la proposta del progetto civico che è stato condiviso da tutte le forze del centrodestra. Sono Meloni, Salvini e Tajani a dirmi di andare avanti con il mio progetto, un programma ben preciso e un cambiamento di metodo – al centro la persona con la sua capacità di iniziativa – da cui domani, se vinceremo, dovremo derivare tutte le politiche della Regione. Nei leader del centrodestra ho trovato molta più libertà e fiducia di quelle che avrei potuto trovare nella compagine di centrosinistra, dove in troppi sono già sicuri di vincere e hanno l’unico problema della poltrona da prendersi.

Ecco, “la persona al centro” è un po’ lo slogan dominante della sua campagna. Che cosa vuol dire concretamente, per esempio nell’altro tema caldissimo della competizione, la sanità?

Vuol dire per prima cosa mettere al centro la persona che cura: i medici e gli operatori del settore, che devono essere ascoltati, valorizzati e messi nelle condizioni di lavorare senza doversi dimettere. Cito dallo sfogo social divenuto virale di una donna «sfinita da due anni di ospedale», un medico internista 32enne che si è dimessa dopo aver lavorato proprio nell’ospedale di Ravenna, la città di cui De Pascale è sindaco: «Accuso un sistema che svilisce il lavoro degli operatori sanitari, che ci tratta come pedine intercambiabili sminuendo la nostra preparazione e i nostri studi specialistici, indifferente alle lamentele e alle possibili inadeguatezze, dannose per noi ma soprattutto per chi sta male». Ecco, in sanità vorrei mettere al centro innanzitutto le persone che si prendono cura di noi e che sono sfinite, perché sono trattate come esecutori di protocolli, a tutti i livelli. E poi disegnerei un Servizio sanitario regionale in cui sia possibile davvero la “presa in carico” dei malati. Questo è fondamentale perché con l’invecchiamento della popolazione aumentano le persone con malattie croniche.

E chi dovrebbe “prendere in carico” questi pazienti?

È compito innanzitutto della medicina territoriale, quindi dei medici di medicina generale, che vanno valorizzati e responsabilizzati. Ho in mente esempi che mi piacerebbe mettere a sistema. Penso a uno studio associato di medici di Ferrara che segue 14 mila pazienti: sono specialisti di varie discipline, dal cardiologo al geriatra, sono contattabili dalle 8 di mattina alle 8 di sera, hanno personale amministrativo che aiuta i pazienti anche a fare prenotazioni al Cup, hanno infermieri per le piccole medicazioni e i prelievi, insomma possono veramente prendere in carico il paziente, evitando che diventi un viandante che suona a tutti i campanelli per capire che cosa fare. Perché è questo che accade oggi a tanti anziani, specie a quanti non hanno una famiglia su cui contare.

De Pascale però insiste nel rivendicare l’eccellenza della sanità emiliano-romagnola.

Se un malato oncologico che deve fare verifiche tre volte l’anno è costretto ad andare a Occhiobello, in Veneto, per avere la Tac in tempo, è evidente che la narrazione di una sanità perfetta si scontra con la realtà. Questo sistema sanitario è stato costruito intorno a una popolazione diversa dall’attuale, e va cambiato. Anche De Pascale adesso dice che vuole cambiarlo, peccato che la Regione lo abbia modificato proprio quest’anno senza tenere conto di tutto questo… Insomma, come ho già avuto modo di dire, consiglio al mio avversario di votare per me se spera in una vera riforma della sanità.

E cosa chiedono, invece, a una cattolica come lei i cattolici della Regione che sbandiera i propri “strappi” su pillola abortiva, suicidio assistito, eccetera?

Penso che si rendano conto anche loro della scarsa credibilità di De Pascale, che promette una politica “dalla parte della famiglia”, quando qui una simile politica non è mai stata fatta. Non solo: si progetta addirittura di distribuire la pillola abortiva in modo anonimo alle minorenni. Penso che per una persona che crede nel valore della vita sia un problema avere a capo della sanità della Regione le forze che hanno preferito realizzare politiche che inducono a certe scelte anziché preoccuparsi di garantire la diffusione delle cure palliative e assistenza domiciliare agli anziani con qualità e continuità. A me sembra evidente che c’è un problema di coerenza, come per il Green Deal.

https://www.tempi.it/elena-ugolini-la-mia-sfida-al-cuore-del-sistema-pd/

AUGURI ELENA ANCHE DA NOI DEL CROCEVIA

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