Una volta, quando ci si andava a confessare, il sacerdote prima di pronunciare la formula dell’assoluzione diceva queste parole: «Passio Domini nostri Jesu Christi, merita beatæ Mariæ Virginis, et omnium Sanctorum, quidquid boni feceris, et mali sustinueris, sint tibi in remissionem peccatorum, augmentum gratiæ, et præmium vitæ æternæ». La passione di nostro Signore Gesù Cristo, i meriti della beata Maria Vergine e di tutti i Santi, tutto quel che di buono avrai fatto e il male che avrai sopportato ti valgano per la remissione dei peccati, l’aumento della grazia e il premio della vita eterna.
Romano Colozzi, che è morto poche ore fa, di cose buone e importanti ne ha fatte molte nel corso della sua vita
attiva, spesa bene come uomo politico e amministratore della cosa pubblica per
il “bene comune”, come si usa dire con una formula che di solito è vuota ma in
questo caso no, perché si è concretizzata nella partecipazione al più
importante tentativo di applicare la dottrina sociale della chiesa alla
politica italiana mai realizzato nella storia del nostro paese. (Sì, mi
riferisco al governo della regione Lombardia dalla metà degli anni novanta fino
ai primi anni dieci).
Ma il quidquid
boni di ciascuno di noi, quando c’è, è sempre inevitabilmente pieno di
imperfezioni (se non altro dell’amor proprio che inevitabilmente ci mettiamo):
Dio lo accetta, lo gradisce, ma c’è qualcosa di più grande, di più puro e di
più gradito che possiamo dargli, ed è la fede speranza e carità con cui
possiamo vivere le sofferenze che dobbiamo sopportare.
Romano, come dicevo,
ha fatto cose grandi e buone nella sua vita attiva, ma assai più grande è stata
– per quel che di lontano e senza mai parlarne con lui ho potuto intravedere –
quella che mi pare giusto chiamare la sua “vita contemplativa”: i lunghi anni
di sofferenze fisiche silenziosamente portati in un modo che,
sia pur da me solo spiato quasi di nascosto, mi hanno riempito di ammirazione e
ora mi pervadono di una confusione dolorosa e al tempo stesso lieta e grata,
alla notizia della sua morte.
Ma anche questo
sentimento servirebbe a poco, se la sua testimonianza non fosse, come invece
è, martirio, cioè prova
della verità del fatto di Cristo.
Grazie, Romano.
Gli amici del Crocevia
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