“Una vita da abbracciare per com’era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida, un dono che mi è stato dato da Dio. Se in vita sono stato degno, se avrò portato la mia croce così come mi era stato chiesto di fare, ora sono dal Creatore, dal Dio mio, dal Dio dei miei padri, nella sua Casa indistruttibile”.
Sammy Basso (1/12/95 - 5/10/24) |
“Tu lo sai
bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco e non ce la fai più. E d’un tratto
incontri nella folla lo sguardo di qualcuno – uno sguardo umano – ed è
come se ti fossi accostato a un divino nascosto. E tutto diventa
improvvisamente più semplice”.
Questo
pensiero (dal film Andrej Rublëv di Andrej Tarkovskij)
descrive l’impressione che hanno fatto a tantissimi le parole di commiato,
lasciateci da Sammy Basso, che sono rimbalzate sui social, sorprendendoci
e commuovendoci. La stessa impressione che Sammy faceva da vivo a chi lo
incontrava o lavorava con lui.
La sua
lettera-testamento giustamente è stata definita “bella, struggente e
spiritosa”, ma è anche del tutto controcorrente rispetto alla mentalità
oggi dominante. È dolcemente rivoluzionaria e non può
essere ridotta ai banali buoni sentimenti che attualmente si smerciano su tutte
le bancarelle mediatiche. Fa riflettere sul significato da attribuire
alla vita, alla morte, alla malattia e al dolore.
Sammy era un
giovane ricercatore, laureato in Scienze e in Biologia, che ha potuto studiare
la sua malattia rarissima, la progeria che provoca un
invecchiamento precoce. Era pieno di entusiasmo e creatività, irradiava
simpatia e umanità come testimoniano i suoi compagni di scuola, i suoi
amici e i compaesani. Sapeva che non avrebbe avuto molto tempo davanti a
sé. È morto infatti a 28 anni.
Questa sua
lettera – che lui scrisse il 22 settembre 2017 – è stata aperta dai
suoi genitori dopo la sua morte e venerdì è stata letta dal Vescovo di
Vicenza durante i funerali che – come lui voleva – sono stati pieni di luce e
di sorrisi.
Anche se “fin
da bambino la Progeria ha segnato profondamente la mia vita” scrive
Sammy “ho vissuto la mia vita felicemente, senza eccezioni, con i
momenti di gioia e i momenti difficili, con la voglia di fare bene, riuscendoci
a volte e a volte fallendo miseramente (…). Sicuramente” aggiunge “in molti
diranno che ho perso la mia battaglia contro la malattia”, ma “non c’è mai
stata nessuna battaglia da combattere, c’è solo stata una vita da
abbracciare per com’era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida, pur
sempre fantastica, né premio, né condanna, semplicemente un dono che mi è stato
dato da Dio”.
Sammy confida
un suo desiderio: “Sognavo di diventare una persona di cui si parlasse nei
libri di scuola. Mi rendo conto ora che è il più stupido desiderio che si possa
avere. La gloria personale, la grandezza, la fama, altro non sono che
una cosa passeggera. L’amore che si crea nella vita invece è eterno,
poiché Dio solo è eterno, e l’amore ci viene da Dio”.
Sui media si fanno solo vaghi cenni alla sua fede cristiana, preferendo
ricordare soprattutto le sue battute scherzose.
Ma nella sua
lettera-testamento, pubblicata dal Giornale di Vicenza, c’è molto
di più e meriterebbe davvero di restare nelle antologie
scolastiche. Quando si parla, con banale retorica giovanilistica, di Millennials e Generazione
Z bisognerebbe tener presente persone come Sammy.
Parlando
degli eventi negativi, com’è una malattia, scrive: “quello che
spetta a noi non è nel trovarci qualcosa di positivo, quanto piuttosto di agire
sulla retta via, sopportando, e, per amore degli altri, trasformare un
evento negativo in uno positivo”, questa è “la facoltà più importante che
ci è stata data da Dio”.
Ma come si
convive con il pensiero della morte? “La morte” scrive Sammy “è la cosa più
naturale della vita. Eppure ci fa paura! È la paura dell’ignoto… Per un
Cristiano però la morte è anche altro! Da quando Gesù è morto sulla croce, come
sacrificio per tutti i nostri peccati, la morte è l’unico modo per vivere
realmente, è l’unico modo per tornare finalmente alla casa del Padre, è l’unico
modo per vedere finalmente il Suo Volto. E da Cristiano
ho affrontato la morte. Non volevo morire, non ero pronto per morire, ma ero
preparato”.
Anche lui
guardava per questo all’esempio dei santi: “spero di essere stato in grado,
nell’ultimo mio momento, di veder la morte come la vedeva San
Francesco, le cui parole mi hanno accompagnato tutta la vita. Spero di
essere riuscito anch’io ad accogliere la morte come ‘Sorella Morte’”.
Molto
profondo è il suo bilancio, come il suo sguardo sull’esistenza: “Se in vita
sono stato degno, se avrò portato la mia croce così come mi era stato chiesto
di fare, ora sono dal Creatore. Ora sono dal Dio mio, dal Dio dei miei padri,
nella sua Casa indistruttibile. Lui, il nostro Dio, l’unico vero Dio, è la
causa prima e il fine di ogni cosa. Davanti alla morte nulla ha più senso se
non lui. Perciò, come ho ringraziato voi voglio ringraziare anche Lui. Devo
tutta la mia vita a Dio, ogni cosa bella. La Fede mi ha accompagnato e non
sarei quello che sono senza la mia Fede. Lui ha cambiato la mia vita, l’ha
raccolta, ne ha fatto qualcosa di straordinario, e lo ha fatto nella semplicità
della mia vita quotidiana. Non stancatevi mai, fratelli miei, di servire Dio e
di comportarvi secondo i suoi comandamenti, poiché nulla ha senso senza di Lui
e perché ogni nostra azione verrà giudicata”.
Torna ancora
ad esortare all’eroismo silenzioso: “Non stancatevi mai, fratelli miei, di
portare la croce che Dio ha assegnato ad ognuno, e non abbiate paura di farvi
aiutare nel portarla, come Gesù. E non rinunciate mai ad un
rapporto pieno e confidenziale con Dio, accettate di buon grado la
Sua Volontà, poiché è nostro dovere, ma non siate nemmeno passivi,
e fate sentire forte la vostra voce, fate conoscere a Dio la vostra volontà,
così come fece Giacobbe, che per il suo essersi dimostrato forte fu chiamato
Israele: Colui che lotta con Dio. Di sicuro, Dio, che è madre e
padre, che nella persona di Gesù ha provato ogni umana debolezza, e che nello
Spirito Santo vive sempre in noi, che siamo il suo Tempio, apprezzerà i
vostri sforzi e li terrà nel Suo Cuore”.
Una
testimonianza potente, delicata e piena di gratitudine che demolisce
montagne di chiacchiere ideologiche (sulla vita e sul cristianesimo).
Una
testimonianza lieta che già induce i cristiani – a cominciare
dalle migliaia di persone presenti ai funerali – a sentire che ora hanno un
nuovo amico in Cielo a cui chiedere aiuto, perché la santità è
proprio questa cosa semplice, luminosa e umana che traspare dalla vita
e dalle parole di Sammy. Davanti alle quali viene da dire “santo subito”.
Antonio Socci
Da “Libero”,
13 ottobre 2024
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